Mossa politica o smania di protagonismo, ora è ufficiale: è tornata l’Italietta

Sia come sia, qualunque sia il “movente” – raccattare qualche voto a urne aperte perché l’aria che tira è contro la guerra o dare l’ennesimo segnale politico di amicizia a Putin - vista con gli occhi di osservatori internazionali poco avvezzi alla psico-politica, le sue parole sono un macigno sulla credibilità del governo. Perché, proprio alla fine della settimana orribile della premier all’estero, manifestano in modo clamoroso una “doppia linea” (e le linee sono opposte): Meloni che si arrabbia con Macron perché non è nell’“Europa di serie A” e che incontra Zelensky a Parigi, lui che non lo incontrerebbe nemmeno se potesse. Molto peggio di Salvini che non voleva Zelensky a Sanremo (ed è stato accontentato), ma insieme all’affaire sanremese questa storia restituisce l’immagine di una incrinatura su un terreno dove Giorgia Meloni finora aveva tenuto una posizione granitica.
Sommando il Festival che ha nascosto Zelensky, Berlusconi che l’ha offeso e l’isolamento europeo di Meloni, è ufficiale: è tornata l’Italietta.
Scritto il 13 febbraio 2023 alle 12:33 nella Berlusconi, Guerra, Meloni, Politica, Tafanus | Permalink | Commenti (0)
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09 febbraio 2023
Chi è Nicola Rao, nuovo direttore del TgDUX (dalla padella nella brace?)
Dopo Sangiuliano, che si è distinto - come predecessore di Nicola Rao - nell'ammannirci ad ogni TG un predicozzo di Salvini (uno che dice il nulla, ma lo dice anche male), adesso ci tocca Nicola Rao, che nel TgDux di stamattina è riuscito a mostrarci la Meloni con quattro mises diverse (manco fosse ad una sfilata di moda).
Nicola Rao
Già vicedirettore del Tg1 dal 27 settembre 2021, sarà Nicola Rao a dirigere il Tg2. Succede a Gennaro Sangiuliano, nominato Ministro della Cultura nel governo Meloni. Il Cda Rai riunito oggi a Roma sotto la Presidenza di Marinella Soldi ha dato parere favorevole alla proposta dell’Amministratore Delegato Carlo Fuortes di nominare Nicola Rao alla Direzione del Tg2. [...] Credit: Il Riformista
Dire che Nicola Rao sia stato nominato con un voto plebiscitario del CDA Rai sarebbe esagerato... Ecco come riporta l'esito della votazione il già citato "Riformista":
[...] La votazione è finita con quattro voti favorevoli e tre contrari [...] Ad esprimersi a favore sono stati, oltre all’amministratore delegato Carlo Fuortes e alla presidente Marinella Soldi, i consiglieri indicati dall’attuale maggioranza Simona Agnes e Igor De Biasio. Contrari, invece, quelli espressi da Pd e M5s, Francesca Bria e Alessandro di Majo, oltre a Riccardo Laganà, eletto dai dipendenti. “Ci troviamo, a distanza di un anno dalle precedenti nomine dei direttori delle testate Rai, a constatare la poca trasparenza e oggettività nel metodo e nei criteri di nomina in relazione alla scelta della direzione di una importante testata come il Tg2, che certamente necessita al più presto di una guida autorevole. Ancora una volta il Cda della Rai si ritrova a ratificare una scelta presa altrove e che consiste nella proposta di un nome gradito al governo di turno”. Lo denunciano i consiglieri Rai Francesca Bria, Alessandro Di Majo e Riccardo Laganà, che hanno votato contro la nomina di Nicola Rao alla guida del Tg2 [...]
Ancora una volta, ci risiamo. Ad ogni cambio di governo, la RAI imbarca qualche altro charter di giornalisti di fiducia. E dato che in RAI non si licenzia nessuno, tutti gli "esodati" imbarcati dai governi precedenti finiscono nello sgabuzzino della fotocopiatrice, senza obbligo si presenza, ma con la conservazione delle prebende precedenti. Una sorta di pensionato di lusso per nullafacenti. In questo sport l'Italia eccelle, e la RAI non corre alcun rischio economico, visto che i crescenti deficit sono finanziati con l'addebito del canone nella bolletta dell'elettricità. Una roba da quarto mondo.
P.S.: Una chicca di ieri sera (questa volta tocca a RaiNews, che spesso si distingue nel volare basso, quasi come RaiDux). Dunque, mentre passavano immagini raccapriccianti dalla Turchia (palazzi che si sbriciolavano in diretta, gente che abbracciava sacchi con cadaveri dentro, interi quartieri annientati, numeri spaventosamente crescenti delle vittime), alla base dello schermo c'era, fisso, un banner che ci dava una informazione fondamentale, e in linea con la tragedia che era trasmessa: in testa a non so cosa di Sanremo c'era Mengoni! Siete contenti?
Tafanus
Scritto il 09 febbraio 2023 alle 11:54 nella Media , Meloni, Politica, Politica e Magliari, Tafanus | Permalink | Commenti (0)
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24 dicembre 2022
Crisi energetica - l'Italia sta schivando con molta diligenza le soluzioni strutturali al duplice problema: costi+ecosistema
Da quando è iniziata la guerra all'Ucraina, e i connessi problemi di impennata dei costi dei combustibili fossili per i paesi occidentali, predico una sola religione: smettiamola di farneticare su fonti che non esistono, o che richiedono anni (che non abbiamo) per diventare disponibili. Puntiamo su cose che possono partire in pochi mesi, a costi sostenibili.
Oggi in Italia un governo di ignoranti straparla compatto di tornare al nucleare. Vogliono il nucleare di quarta generazione. Quello sicuro. Nessuno di loro sembra aver letto un report di fisici e di ingegneri, che stanno tentando di spiegare (senza riuscirci, vista la qualità dell'uditorio), che le centrali nucleari di quarta generazione sono, per ora, un sogno legato alla possibilità (per ora solo teorica) di ricavare energia non dalla fissione nucleare, ma dalla fusione.
Gli scienziati più ottimisti prevedono 25 anni per uscire dalla fase di ricerca, ed altri quindici per la messa a punto di sistemi funzionanti. Poi ci sarebbe da costruirle, queste centrali. Mettiamo insieme il tutto, e forse intorno al 2072 avremo la prima lampadina accesa dalla fusione nucleare. Ma vaglielo a spiegare, a questi espertoni...
Sfugge ai nuclearisti 'de noantri un altro fattore: l'Italia non ha riserve economicamente utili di minerali uraniferi. Sapete chi ce le ha??? In primis l'Australia, con poco meno del 60% delle riserve accertate. Segue, al secondo posto, la Russia di Putin, con poco meno del 40%. Vero che sarebbe una gran furbata passare dalla dipendenza dal gas russo a quella dall'uranio russo??? Già, perchè trasportare questa roba (sia grezza che arricchita) dall'Australia al Mediterraneo sarebbe un attimo...
Che ideona sarebbe quella di smettere di dipendere dalla Russia per il gas, e passare alla dipendenza dalla Russia per i combustibili nucleari! Una figata pazzesca!
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Cambiamo pagina, solo per un attimo: in questi giorni il prezzo di mercato del gas è precipitato addirittura al disotto (seppur di poco) del prezzo che c'era prima dell'inizio della "Operazione Speciale" di Putin. La ragione? E' bastato un segnale come l'accordo sul price-cap a livello europeo per far invertire direzione di marcia alla speculazione. Prima si speculava al rialzo, ora al ribasso. E questo persino a fronte di un regolamento del price cap abbastanza debole, pasticciato e provvisorio, e a dispetto delle minacce russe di chiudere del tutto i rubinetti.
Perchè la speculazione non si è spaventata a fronte della nuova minaccia russa? Semplicemente perchè chi specula sa che la Russia è alla fame, ha bisogno di vendere il suo gas, e non potrebbe campare senza le risorse della vendita del gas. Ora i russi hanno minacciato di vendere il gas ai paesi orientali e asiatici... E come, no??? In India non vedono l'ora di poter comprare gas russo a 200 euro al kilowattora!
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I have a dream... L'Algarve portoghese
E allora??? Allora diamo uno sguardo a cosa sta accadendo a quei tre/quattro paesi europei che il problema lo hanno già risolto quasi totalmente. Parliamo del Portogallo, che non ha certamente l'immagine di paese tecnologicamente avanzato, ma che ci sta impartendo una grande lezione: il Portogallo ha puntato da alcuni anni alle energie gratuite, "piovute dal cielo": Sole e Vento. Con buona pace di chi pensa che queste fonti energetiche producano poco, comunichiamo che in meno di vent'anni il Portogallo - che ci ha creduto - è già ad una copertura del fabbisogno totale di energia elettrica del 50% del totale, e conta di arrivare al 100% nei prossimi vent'anni.
E noi??? Siamo fra i principali attori di questo successo tecnologico ed economico del Portogallo... Ma quello che fa incazzare è che in Portogallo la parte più importante e tecnologicamente avanzata del progetto è stata ed è portata avanti dall'italianissima Enel Energia!
[...] Oggi il Paese sta guardando avanti nel futuro. Anzi, si sta proponendo come uno dei più ambiziosi in termini di sviluppo delle fonti rinnovabili e di decarbonizzazione del mix di generazione elettrico. Un piccolo Paese dalle grandi risorse, molto promettente per le energie pulite, e in particolare per l'eolico e il fotovoltaico, senza trascurare una significativa produzione idroelettrica e un apporto geotermico: la bassa latitudine favorisce una forte insolazione e l’affaccio sull’Atlantico lo espone a un regime di venti favorevole. Inoltre, in prospettiva futura, si aprono scenari interessanti per l’energia marina – in particolare quella delle onde, per le quali le spiagge portoghesi sono famose nel mondo.
Passi da gigante ed obiettiivi ambiziosi - Fino a poco tempo fa, il sistema energetico del Portogallo era obsoleto, basato solo sui combustibili fossili che il Paese doveva procurarsi all’estero vista la scarsità di materie prime: ridurre la dipendenza dalle importazioni è stato uno stimolo in più ad abbracciare la transizione energetica e valorizzare le risorse naturali interne.
A fronte di questa situazione, il percorso intrapreso verso un sistema più pulito è stato avviato con decisione, e già si vedono i primi risultati: la percentuale delle fonti rinnovabili sul totale dei consumi finali di energia è salita dal 19,2% del 2004 al 28,1% del 2017. Nel 2018 poi il Paese ha fatto registrare un risultato eccezionale, con pochi uguali al mondo: l’elettricità prodotta dalle fonti rinnovabili nel mese di marzo è stata superiore a quella consumata dal Paese nello stesso periodo !
Oggi il Portogallo è il secondo Paese dopo la Danimarca per produzione di energia eolica fra quelli aderenti alla International Energy Agency IEA), ed è così diventato a sua volta un esportatore di energia [...]
Anche dal punto di vista tecnologico sta sviluppando eccellenze nazionali: è fra i leader mondiali per quanto riguarda l’integrazione tra impianti eolici e solari ed è all’avanguardia nei progetti sperimentali per ricavare energia dal moto ondoso dell’oceano.
E gli obiettivi per il futuro sono estremamente ambiziosi: arrivare a produrre l’80% dell’elettricità da fonti rinnovabili entro il 2030, e azzerare completamente le emissioni di gas serra dalla generazione elettrica entro il 2050.
Enel Green Power e una convergenza naturale - Sono obiettivi che sembrano quasi ricalcare quelli del nostro Gruppo: una sintonia che non poteva non portare a un incontro, tanto più che la confinante Spagna è uno dei Paesi più importanti per Enel ed Endesa fin dal 1993 è attiva in Portogallo, dove è il secondo più grande rivenditore nel mercato liberalizzato.
Una tappa fondamentale in questo percorso di avvicinamento è stata la seconda gara per le rinnovabili indetta dal governo portoghese nell’estate del 2020: il nostro Gruppo, tramite la controllata Endesa Generación Portugal, si è aggiudicato 99 MW di capacità di un impianto solare con accumulo di energia che sarà realizzato nell’Algarve, nell’estremo Sud del Paese.
Il parco solare, che sarà sviluppato, costruito e gestito da Enel Green Power, entrerà in funzione nel 2024 ed Enel avrà il diritto di collegarlo alla rete nazionale, sulla base di un contratto di 15 anni con il Sistema Elettrico Nazionale portoghese.
Ma, soprattutto, sarà il primo impianto rinnovabile integrato con un sistema di accumulo di energia del Gruppo Enel nella penisola iberica: un dato di grande rilievo, considerando il ruolo decisivo che lo storage sta sempre più assumendo per la flessibilità della rete elettrica e, in particolare, per consentire la piena integrazione delle fonti rinnovabili [...]
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E veniamo all'Italia, e al Nuovo Governo, così preparato e con lo sguardo rivolto al futuro... Questo ha stanziato ben due terzi della finanziaria (21 miliardi di euro) ad aiuti economici per il pagamento delle bollette alle famiglie meno abbienti, ed alle imprese (comprese quelle alle quali si è già regalata la flat tax, e si tenta di regalare sempre più strumenti facilitatori dell'impunità fiscale. Si potevano spendere per provvedimenti strutturali, questi 21 miliardi? (nella fotina a destra: il "Bignami" parlamentare di FDI)
Facciamo due conti. In Italia ci sono 25 milioni di nuclei familiari. Ventuno miliardi divisi per 25 milioni di famiglie, PER UN TRIMESTRE, SONO PARI A 280 EURO AL MESE, MA SOLO PER TRE MESI. O si pensa che dal 1° di aprile la faccenda potrà rinnovarsi? Se si dovesse estendere il beneficio su tutto un anno, servirebbero 84 miliardi, che lo Stato non avrebbe neanche se mandasse i Carabinieri a rapinare le banche.
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Vediamo quale sia stato il crollo del prezzo del gas, negli ultimi tempi, addirittura mal di sotto - sia pur di poco - di quello che veniva praticato prima della vergognosa "Operazione Speciale" di Putin. Attingiamo ad un articolo de lastampa.it di ieri:
[...] Il price-cap non è ancora scattato, ma gli effetti sul prezzo del gas sono già netti. Questa mattina il costo è tornato a quota 85 euro al Megawattora (MWh), sotto i livelli precedenti alla guerra in Ucraina: il 24 febbraio 2022, giorno dell'invasione della Russia, il prezzo era schizzato a 127 euro al MWh mentre tra il 22 e il 23 febbraio il prezzo si aggirava tra i 79 e gli 88 euro al MWh. Una situazione in cui non si sente l’effetto delle minacce russe. Il vice primo ministro Alexander Novak ha annunciato che Mosca è pronta a «una riduzione parziale della produzione» [...]
Dunque, dato che attualmente il prezzo del gas è meno della metà della soglia fissata dal price-cap, per ora sembra di capire che il prezzo sia scattato verso il basso per una inversione di marcia della speculazione. I mercati delle materie prime energetiche scontano il fatto che la Russia non potrà più dettare legge. Potrà abbaiare, ma dire che compenserà i mancati acquisti europei con quelli della Corea del Nord o della Thailandia fa ridere i polli. Anche i russi devono mangiare, e possono farlo solo esportando ciò che hanno: il gas.
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E veniamo alle conclusioni. Oggi in Italia un impiantino di pannelli solari costa in Italia, chiavi in mano, da 2.000 a a 3.000 € al kilowattora. Diciamo che per una famiglia sprecona di energia come la mia, basta e avanza il contratto da 4 kwh che ho in atto. Un sistema da 12.000 € coprirebbe le mie esigenze per tutto l'anno, anche se io non installassi un costoso sistema di conservazione dell'energia. Esiste il modo di recuperarne COMUNQUE il costo. Come?
In primavera/estate avrei un consumo basso e sole in abbondanza. Consumerei parte dell'energia prodotta, e il surplus lo venderei alla rete Enel (alla quale ovviamente resterei comunque collegato). In autunno/inverno la produzione di energia solare si dimezzerebbe, dovrei quasi certamente prendere dalla rete Enel quanto non prodotto dal solare, ma forse riuscirei a pagare il tutto con quanto risparmiato in primavera/estate.
Prima domanda imbarazzante - Ventuno miliardi in tre mesi di "ristori" per il caro-bollette, e poi ognuno si arrangi come può. Questo è il "soccorso nero" della Meloni. E poi?
Ora Ipotizziamo di dare i ristori solo ai davvero bisognosi. Diciamo la metà dei 21 miliardi stanziati? Ipotizziamo di spendere l'altra metà per pre-finanziare l'impianto a chi ci sta, a prescindere dal reddito. Con 10,5 miliardi di costruirebbero - al costo di 12.000 euro per impianto familiare, 875.000 impianti. Tenendo conto del fatto che in Italia ci sono 25 milioni di nuclei familiari (composti in media da 2,4 persone), una ideuzza del genere libererebbe, in un trimestre, il 3,5% dei nuclei familiari dal peso delle bollette. Lo Stato non dovrebbe essere un ente benefico DONATORE, ma un prestatore di prima istanza, che potrebbe riprendere i soldi spesi chiedendo ai beneficiari di restituire allo stato (o alla eventuale banca erogatrice) i 12.000 euro con rate mensili pari alla metà della media storica delle bollette pagate in era "Pre Operazione Speciale" di Putin.
Alcune domande per concludere
-a) Se lo Stato dovesse farvi una proposta del genere, in alternativa alla mancia di 200/300 euro al mese per soli tre mesi, e poi ranges, la accettereste, o preferireste la mancetta una tantum?
-b) Dato che l'operazione di liberarsi TOTALMENTE e PER SEMPRE dalla dipendenza energetica dai mal di pancia di Russia e di Paesi Arabi Democratici è riuscita fino a coperture attuali del 50/70% del fabbisogno energetico ad un paese come il Portogallo, certamente meno ricco e meno tecnologicamente avanzato dell'Italia, pensate che sia una chimera che possa farcela un'Italia eventualmente governata non da cialtroni intenti solo a favorire l'evasione fiscale futura, e a condonare quella passata?
-c) Pensate che ciò che ha fatto per il Portogallo un'azienda ITALIANA (Enel Green Power) per il Portogallo, avrebbe difficoltà a farlo in Italia?
-d) Come pensate che reagirebbe la speculazione se 27 paesi ricchi iniziassero ad adottare una politica che dovesse finanziare anche solo il passaggio di una famiglia su 10 e di una azienda su 10 all'anno alla quasi totale autosufficienza energetica?
La domanda la trovate nella reazione dei mercati del gas al solo annuncio di un price-cap per ora, di fatto, neanche entrato in funzione, e pieno di limiti e di scappatoie.
Tafanus
Scritto il 24 dicembre 2022 alle 12:37 nella Ambiente, Economia, Guerra, Nucleare, Politica, Scienza, Tafanus | Permalink | Commenti (1)
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06 ottobre 2022
Giuseppe Conte fa rima con "camaleonte"?
I frequentatori del Tafanus si saranno meravigliati del nostro lungo silenzio post-elettorale. Me ne scuso, ma anch'io ho avuto bisogno di metabolizzare le porcherie umane e politiche che ci ha regalato la così detta Classe Digerente, e che ci hanno ridotti a mandare in giro per il mondo, a far finta di essere diventati cittadini di un paese affidabile, la Giorgia Meloni da Roma-Testaccio, che pur di arrivare da qualche parte si è messa con la qualunque...
Insomma, una bella ammucchiata... Simmetricamente, anche la qualunque si è messa con la Meloni...
Acclamatissima dal popolo in formato eia eia alalà cerca disperatamente di darsi un volto nuovo, ma per far questo non basta un po' di cipria bianca per cancellare il colore nero. Ma la voglia di potere non conosce confini ideologici o cosmetici.
...Franza o Spagna, purchè se magna... (Copyright: Francesco Gucciardini da Firenze, XVI secolo). Che ci sia un patrimonio cromosomico in comune fra vecchi fiorentini e fiorentini d'oggi nati vecchi? Mi scuso per la frammentarietà di queste tardive considerazioni, ma non si può fare un'analisi sensata su avvenimenti insensati. Cercherò di mettere insieme i cocci, partendo da una analisi del camaleontismo di uno dei principali responsabili di questa crisi insanabile: quello sconosciuto avvocato dalla ridicola pochette in formato Resegone. e dall'insano curriculum di ben 80 pagine (persino il Padreterno si sarebbe accontentato di 8 pagine), nel quale era indicata anche una permanenza ad Harward, di cui nessun giornalista è riuscito a reperire riscontri.
Per iniziare, dobbiamo crocefiggere noi stessi - Dalla vigilia della Bolognina in poi, abbiamo cambiato marchio di fabbrica per ben quattro volte da PCI (che era quello di Berlinguer e non certo quello di Peppone) siamo passati al PDS, ai DS, e al PD. Una sorta di vergogna delle origini, forse inopportuno per un partito che con oltre il 30% dei voti (e non solo per merito di una marchetta 80 euro di renziana memoria, il cui effetto non è durato neanche un mese, ma per l'orgoglio di un popolo che aveva fatto i conti col suo passato).
La distruzione lenta ma implacabile di noi che ci chiamavamo comunisti senza vergognarcene, di noi che abbiamo pianto per la "morte sul lavoro" di Enrico Berlinguer, ed alla vista del suo funerale con centinaia di migliaia di militanti e di semplici elettori in lacrime, eravamo orgogliosi delle nostre origini e - specialmente dopo lo strappo coraggioso di Berlinguer dal partito comunista sovietico - non ci vergognavamo della nostra sigla.
C'erano una volta le sezioni di partito in ogni paesello. Luoghi di aggregazione dove non si giocava solo a scopone, ma si discuteva, sempre e di tutto, e nessuno si sentiva obbligato ad adottare le teorie di nessun altro senza discuterne. Ormai da anni la sezione del mio paesello è chiusa, sul lucchetto ci sono le ragnatele.
C'era una volta "l'Unità", che tirava oltre 100.000 copie, e la domenica mattina veniva "strillonata" anche fuori dalle chiese da volontari trinariciuti. Fra i direttori che ricordo a braccio, c'erano state persone come Gerardo Chiaromonte, Furio Colombo, Massimo D'Alema, Concita De Gregorio, Renzo Foa, Pietro Ingrao, Alfredo Reichlin..... Da giovanissmo, un anno PRIMA della costruzione del muro, durante una lunga permanenza a Berlino, prendevo ogni giorno il metrò da Kurfürstendamm a Friedrichstraße per andare a comprare l'Unità nell'unica edicola di tutta la "Gross Berlin" dove la vendevano.
C'era una volta. Poi è arrivato il renzismo, e il giornale è caduto in mano a gente come Renzi, e a gente come Rondolino, ex conduttore del Grande Fratello... Non ci siamo fatti mancare niente. Due anni di questa incommestibile poltiglia, e siamo arrivati alla prima messa in liquidazione del "Giornale dei Lavoratori", fondato nel 1924 da Antonio Gramsci. Aveva resistito a crisi economiche e politiche, alla seconda guerra mondiale, al boom degli anni sessanta, alle crisi e al terrorismo degli anni settanta. Aveva retto per oltre ottant'anni. Poi sono arrivati il renzismo, le Marie Etrurie Boschi, la Lady Like Moretti, la Debora Senzacca Serracchiani, Il Rondolino fù Grande Fratello, e il giornale è morto.
Resuscitato dopo un paio d'anni - ricordate con l'ausilio di chi? Ma si, proprio da loro! dai Fratelli Pessina, proprietari di una miriade di sorgenti d'acqua nelle Valli Bergamasche, e palazzinari a tempo pieno. Komunisti??? Niente di tutto questo. Avevano deciso di investire nel renzismo, probabilmente aspettandosi magnifiche sorti e progressive del renzismo, e magari riconoscenza traducibile in succulenti appalti di lavori pubblici.
Il governo Renzi, per nostra fortuna, dura meno di tre anni (dal febbraio 2014 al dicembre 2016). Un vero peccato la sua uscita prematura. Grazie alle sue immense qualità e competenze, ed essendosi circondato da un esercito di altri estremamente competenti, avrebbe potuto fare ancora ben altri danni...
Alcuni nomi che ricordo con rammarico? Of course Matteo Renzi, ma anche gli indimenticati Luca Lotti, Domenico Minniti, Graziano Delrio, Maria Elena Boschi, Ivan Scalfarotto, Maria Anna Madia, Mario Giro, Benedetto Della Vedova, Angelino Alfano, Filippo Bubbico, Gennaro Migliore, Roberta Pinotti, Gioacchino Alfano, Carlo Calenda (...toh... chi si pre-vede...), Federica Guidi, Teresa Bellanova, Maurizio, Maurizio Martina, Davide Faraone, Dorina Bianchi, Beatrice Lorenzin...
Dobbiamo alla rincorsa di alcuni pseudo-sinistri l'inizio della "normalizzazione e legittimazione" del lavoro precario, iniziata un quarto di secolo fa coi co.co.co. (ma non si poteva trovare una denominazione meno ridicola?), ad opera non già di qualche falco confindustriale, ma ad opera del "nostro" Tiziano Treu.
Dopo le forme di legalizzazione del precariato sono diventate una slavina. Dai co.co.co, ai co.co.pro. Ora attendiamo con impazienza i co.co.dé. La devastazione è stata completata da Renzi col ridicolo jobs-act. E chiamarla legge sul lavoro no??? Capisco. Renzi parla tanto bene l'englishish, che gli sarebbe sembrato provinciale dare un nome italiano. Gli inglesi non vedono l'ora di poter diventare anch'essi moderni, chiamando il loro banale jobs act con l'italianissimo Legge on the Lavoro.
Chiudo qui questa fin troppo lunga puntata introduttiva, e prometto (o minaccio?) le successive puntate a breve scadenza.
Auguro a voi tutti a good evening.
(1° puntata dell'auto-flagellazione - Continua)
Scritto il 06 ottobre 2022 alle 19:25 nella Criminalità dei politici, Lavoro, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (6)
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15 luglio 2022
La crisi di governo: l'analisi di Giannini (...e la nostra...)
In tutta questa storiaccia, il perdente N° UNO sarà il patetico Giuseppi Conte. L'ho sempre apprezzato pochissimo, da quando si è presentato al pubblico con un curriculum lungo quanto Anna Karerina (curriculum che parlava anche della sua frequenza ad Harward sconosciuta agli archivi di quella Università), a quando sfoggiava delle inguardabili pochettes che sembravano il profilo del Resegone; da quando ha iniziato a mostrarsi in quelle sfilate televisive nei corridoi di Palazzo Chigi, sempre uguali, con lui che camminava con passo deciso - alla John Wayne - a fatica seguito da giovani guardie del corpo e lecchini di diverse specie... Da quando è diventato campionissimo del "si ma anche", prima governando con l'elogiatissimo Salvini, poi governando contro lo spregevolissimo Salvini. Da quando ha iniziato a cambiare ogni due settimane le regole di lotta alla pandemia, finchè la gente si è stufata di capire/aggiornarsi a settimane alterne sui nuovi comportamenti da adottare, ed ha iniziato ad adottare il Piano B: quello di non leggere più neanche l'elenco delle regole sempre nuove, piene di incomprensibili distinguo. Quello dei provvedimentini-ini-ini, tutti piccolini, ma che sommati producevano un totale mica da ridere (dai monopattini, ai decoder da 30 euro, ai banchi a rotelle che marciscono in qualche deposito, al cash-back con lotteria).
Questa minchiata di crisi sarà l'arma del suicidio di ciò che resta dei 5 Stelle, ma anche da chi la sta sposando, come la Regina dei Borgatari, che non ha ancora capito che i voti di pietra non obbediscono ai sondaggi.
Last AND least, il Bischero di Frignano sull'Arno, che sta tentando disperatamente di riesumare il cadavere di Italia Viva Nata Morta. Da quando si è aperto il capitolo "Crisi di Governo", in media ogni due o tre ore si trova a passare per caso vicino ad una troupe televisiva. Dichiara. Non dice niente, ma lo fa molto bene. Sempre col carisma e l'empatia che possiamo apprezzare in un pugno di sabbia nelle mutande. Lo capisco. L'ex Signore del 40,8% (mai avuto; era figlio di una coalizione, alle elezioni europee che sono un'altra cosa, comprato coi dieci miliardi all'anno della marchetta 80 euro, e dall'effetto sparito entro due mesi), cerca di capire se per caso ci sia una fessura sicura, nella slavina che potrebbe precipitare, dove ficcarsi per cercare di rinascere.
Poche parole le merita anche l'ex Patania Libera Matteo Salvini. Per ora, in attesa degli sviluppi delle correnti d'aria, non chiarisce, e non promette miracoli (che sappia di non poterli eventualmente fare?). Si limita a criticare a destra e a manca chi non ha fatto - tutte insieme - le riduzioni del cuneo fiscale, l'abbassamento delle aliquote IRPEF, il raddoppio delle pensioni, la sanatoria delle grosse evasioni fiscali, la cacciata degli immigrati, l'omaggio a Putin - ma anche alla pace - il reddito alle casalinghe, ai boy-scouts, alle baby-sitter, agli idraulici in bianco e a quelli in nero, la cancellazione del canone RAI. Poi, ove mai dovesse entrare nel prossimo governo, just in case non riuscisse a fare tutto ciò, potrà sempre dire che lui non lo aveva promesso, ma si era limitato a sottolineare che i komunisti non lo avevano fatto.
Nel frattempo i primi effetti della trovata di Giuseppi si sono già avvertiti. Una per tutte: lo spread in due giorni è aumentato del 100%, a 240 punti-base. Una bazzecola. Il tutto costerà 17 miliardi di euro, pari a 34.000 miliardi di lirette. Una finanziaria d'antan.
Una piccola speranza? Si chiama "vitalizio". I peones senza mestiere dei 5 Stelle (ma anche di altri partitini e partitoni) sanno benissimo che servono ancora 9 mesi per il diritto alla pensione da parlamentari. Nel segreto dell'urna, Dio ti vede, ma Giuseppi no. Quanti senza-mestiere sapranno rinunciare alla pensioncina (ex "vitalizio") per andare incontro ad un nuovo futuro da supplenti di educazione fisica, o da bibitari?
Che dire? Che Dio ce la mandi buona.
Silvio, smetti di correre... non precipitarti! Ho detto "buona", non "bbona" !
Tafanus
Scritto il 15 luglio 2022 alle 22:50 nella Berlusconi, Criminalità dei politici, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (0)
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27 febbraio 2020
Napoletani "colerosi"? Nel Lombardo-Veneto, patria d'elezione del "corona-vairus", farebbero bene a riflettere sugli insulti del passato
Anno di dis-grazia 1973: a Napoli arriva il colera. In alcune città della civilissima Padania, spuntano cartelli e murales di tifo per "'O vibrione nnammurato", e di incoraggiamento al "Mitile ignoto". Il divertimento dura poco, perchè i napoletani sconfiggono l'epidemia in due settimane. Per confronto, la civilissima Barcellona ci impiegherà due anni.
Non sono napoletano. Lo dico per evitare che qualcuno pensi che questo post sia dettato da partigianeria campanilistica. Ma a Napoli ho trascorso alcuni degli anni più belli della mia vita, avendo studiato nella Università napoletana, con un corpo insegnante che non ha riscontri, ad oggi, in nessuna università italiana. Qualche esempio? A Chimica Generale c'era il Prof. Giordani, Presidente del CNR, affiancato durante gli esami dalla compagna 90enne di Bakunin; a Fisica c'era il Prof. Carelli, allora Presidente della RAI non per selezione politica, ma perchè la RAI stava iniziando a sviluppare la rete di comunicazioni (trasmettitori, antenne, ripetitori), ed aveva bisogno di qualcuno che se ne intendesse; Analisi Infinitesimale? Il prof. Renato Caccioppoli, alla cui "geniale follia" si è ispirato il film sul "Matematico Napoletano"; last but not least, il Prof. Scherillo (Mineralogia, e relatore della mia tesi su "Ricerca e prospezione dei minerali uraniferi"), diventato pochi anni dopo Presidente della Associazione Europea di Mineralogia.
Ma l'Università era solo una parte del tutto: il giorno. Poi, intorno alle dieci di sera, la "banda" di amici si ritrovava senza essersi data appuntamento, e si cominciava a discutere: "Cosa facciamo stasera?". Avete presente il film "Amici miei"? Bene, noi siamo stati precursori di quasi tutte le zingarate elencate in quel film. Ma di questo parleremo quando ci tornerà la voglia di scherzare.
Ora, motivato dalle uscite razziste dei Feltri e dei Salvini, voglio solo ricordare - a loro ed ai razzisti da stadio e da osteria, ma anche a quelli da "salotto tivvù", un FATTO: a Napoli, città brutta, sporca e cattiva, il colera del '73 è stato debellato in due settimane, e ha fatto 12 morti (meno di quelli già attribuiti in Padania al "corona-vairus"). Ovviamente non gioisco dei morti nel Lombardo-Veneto, ma sarei stato felice se non avessi mai letto osceni cartelli inneggianti al vibrione del colera ed al Vesuvio.
Non proverò io a descrivere l'evento, ma lo farò fare all' Archivio Storico di Repubblica
Quando a Napoli scoppiò 'o vibrione
NAPOLI - [...] Correva l'anno 1973 e nella Napoli attaccata dal colera 'o vibrione, il germe della malattia, divenne l'oscura metafora del Male. Quei giorni torridi di fine agosto sono impressi nella memoria della città: sedici vittime, in gran parte anziani, duecento persone colpite dall'infezione, oltre mille ricoverate negli ospedali, cinquecentomila vaccinate in un sol giorno nelle scuole, nelle piazze, nelle cliniche private, perfino nelle caserme dei vigili del fuoco e nei depositi dell' Atan, l'azienda di trasporti pubblici.
E poi l'allarme sanitario, la paura, una sorta di psicosi collettiva che materializzò l'avversario da distruggere soprattutto nelle cozze, di cui fu vietata la vendita nei ristoranti. 'O vibrione è nei mitili, si disse. E al posto dei proibitissimi frutti di mare qualche trattoria, chissà perché, servì ai clienti petali di garofano fritti. Forse l' effetto sorpresa impedì una diagnosi tempestiva del morbo: svanito il ricordo della tremenda epidemia del 1884, con migliaia di morti a Napoli, si stentò a credere che il colera fosse tornato quasi novant'anni dopo. Invece era di nuovo lì, nella metropoli definita dal Time "la più sporca d' Europa".
E con il morbo, inspiegabile paradosso, tornò pure l'ordine. I testimoni più lucidi di quei giorni descrivono una città compassata e responsabile, smarrita eppure presente a se stessa, in cui nessuno, dal netturbino all'impiegato all'autista, abbandonò il posto di lavoro. Se barricate vi furono, esse sorsero contro l'immondizia abbandonata in strada. Una celebre foto ritrae centinaia di napoletani disciplinatamente in fila davanti alla sede della Croce rossa in via San Tommaso d'Aquino, in attesa della vaccinazione, e poi ancora in fila appena svoltato l'angolo.
Maurizio Valenzi, che divenne sindaco delle giunte rosse due anni dopo, nel ' 75, ricorda una di queste ordinatissime code all' ingresso di Palazzo San Giacomo, il municipio. "Esiste nei napoletani - commenta Valenzi - una coscienza della vita civile insospettabile, viste le abitudini individualistiche di questo popolo". A Valenzi capitò qualcosa di simile qualche anno più tardi, la sera del terremoto dell'80: era al San Carlo, dopo la scossa gli spettatori uscirono in lenta fila dal teatro, silenziosi, senza ressa.
"E' colera", titolò a tutta pagina L' Unità il 29 agosto del ' 73, primo giornale a dare la notizia ufficiale. (ATTENZIONE! trattavasi dell'Unità - Giornale dei lavoratori - fondato da Antonio Gramsci, non dell'Unirenzità affondata da Matteo Renzi. NdR)
Quell'articolo era firmato da Eleonora Puntillo, che descrisse l' incertezza di quei giorni, quando sette morti improvvise a partire dal 23 agosto alimentarono l'atroce timore che si trattasse di colera. "Il primo caso sospetto si verificò a Torre del Greco, lo venimmo a sapere da un medico", racconta oggi la Puntillo. Poi seguirono altri decessi. Si parlò di gastroenteriti acute, alla fine una commissione del ministero della Sanità fugò ogni dubbio. Allo stupore collettivo seguì il terrore. Il clima politico mutò di pari passo all' Evento. A Napoli si fronteggiavano l' agguerrita Dc dei Gava e il Pci. "Le sezioni del partito si mobilitarono per le vaccinazioni", spiega Valenzi. "La gente apprezzò, fu questa la ragione del nostro successo alle comunali del ' 75". I democristiani persero la città ma risposero con uno slogan divenuto celebre: "Il colera passa, i Gava no...". Le scuole rinviarono l' apertura. Il Cotugno, l' ospedale delle malattie infettive, fu preso d' assalto. "Sembrava il lazzaretto, arrivava gente per una semplice diarrea", dice il primario Giulio Tarro. L'allora presidente della Repubblica Giovanni Leone, aggiunge il virologo, "visitò le corsie con la mascherina in volto, e quella foto un po' ridicola fece il giro del mondo, perché il colera non è mica la peste che si trasmette attraverso i polmoni". Alla fine l' infezione passò. Rimase il timore di un nemico insidioso e nascosto: ' o vibrione.
E oggi? A poche settimane dall'inizio della tragicommedia "coronavairus", i politici di adesso, con sprezzo del ridicolo, stanno gestendo un problema serio come strumento, non già di proposta firmata dalla propria parte politica, ma come strumento di disprezzo e derisione nei confronti nei confronti dell'avversario politico pro-tempore.
Brilla come una Supernova, in questo bailamme, il "governatore" Fontana, la cui performance, inclusiva di mascherina in favore di telecamera e di annuncio di "quarantena auto-imposta" (ed inutile, aggiungiamo noi), è diventata virale, e si è sparsa sulla rete con velocità 1000 volte superiore a quella del coronavirus:
Oggi la Storia in parte consegna ai napoletani la loro piccola rivincita: dei tre infettati a Napoli, uno era reduce da un soggiorno a Milano; un secondo era stato qualche giorno a Codogno, e infine... il caso più emblematico: una donna ukraina che si è beccata il regalino a Cremona. Questa donna sarà presto un'icona del salvinismo, perchè è la dimostrazione - speriamo vivente - che sono gli immigrati a diffondere il vairus: dopo esserselo beccato nella Padania
Gli aforismi celebri
METASTASIO - "Un bel tacer non fu mai scritto"
JOHN FITZGERALD KENNEDY - "Signore Iddio, tu che hai posto un limite all'intelligenza degli esseri umani, perchè non hai posto un limite anche alla loro stupidità?"
PROFESSOR CIPOLLA - I cretini sono più pericolosi dei delinquenti. I delinquenti ogni tanto si pentono e si redimono. Il cretino è cretino per sempre. Per redimersi, dovrebbe intanto capire che è cretino. Ma se lo capisse, che cretino sarebbe?
Tafanus
Scritto il 27 febbraio 2020 alle 16:34 nella Criminalità dei politici, l'unirenzità, Media , Politica, Razzismo, Renzi, Satira, Scuola, Tafanus | Permalink | Commenti (0)
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02 maggio 2014
No Euro: malafede e memoria corta (l'Espresso)
Oggi conviene criticare la moneta unica. Perché porta voti. Ma dalla Lega all'ex Cav tutti votarono i diktat della Ue (di Vittorio Malagutti - l'Espresso)
NON POSSIAMO NON DIRCI NO EURO . C' è da scommetterci: qualcuno, prima o poi, finirà per rispolverare perfino Benedetto Croce, riadattandolo al momento storico con la moneta unica al posto del cristianesimo. Il ritorno alla lira, descritta come la medicina magica per tutti i guai d'Italia, è uno zuccherino propagandistico che va per la maggiore in queste settimane di campagna elettorale.
Per alcuni leader a caccia di voti la battaglia contro il mostro dell'euro è una scorciatoia demagogica formidabile, un capro espiatorio pronto per l'uso a cui addossare tutta la colpa del grave impoverimento del Paese. Prendete per esempio Matteo Salvini, che l'anno scorso ha ereditato la guida di una Lega Nord ridotta ai minimi termini dopo gli scandali (diamanti, Trota, Belsito, Tanzania). Adesso il capo dei lumbard sta rimontando alla grande nei sondaggi sventolando la bandiera dei no-euro. Un discorso simile vale anche per Fratelli d'Italia. Basta aggiungere un po' di pepe antitedesco alla solita minestra della destra popolare. Ed ecco che il partito di Giorgia Meloni può perfino sperare di superare il quorum del 4 per cento necessario per essere rappresentati al parlamento Ue.
Questi sono i duri e puri, quelli senza se e senza ma a cui va riconosciuta una certa coerenza, quantomeno negli ultimi mesi. Se invece si va più indietro nel tempo si scopre che leghisti ed ex An, ora impegnati a sbraitare contro la schiavitù della moneta unica, negli anni dei governi berlusconiani approvarono senza fiatare tutti i provvedimenti europeisti che (dicono loro) ci hanno messo nei guai.
I voti no-euro, però, fanno gola anche ad altri partiti che ufficialmente dichiarano che sarebbe un disastro tornare alla lira. Quindi, appena possibile, conviene smarcarsi, fare dichiarazioni contraddittorie tra loro per far capire che - ma sì, dai - alla fine quando saremo a Bruxelles ci pensiamo noi a sabotare i perfidi piani dell'oligarchia bancaria. Questa, per dire, sembra la linea (una linea con molti avanti e indietro) scelta da Forza Italia, con Berlusconi che a giorni alterni recita la parte del valoroso combattente contro la dittatura dei burocrati Ue.
Anche Beppe Grillo, a proposito di moneta unica, ha fatto dichiarazioni poco coerenti tra loro. Si parte con «l'euro non è il problema» per poi lasciare aperta la porta a un eventuale referendum popolare sulla valuta europea. Per questo nella base Cinquestelle ha provocato un certo disorientamento l'intervento di Gianroberto Casaleggio che in una recente intervista ha tagliato corto: «Noi non diciamo: l'euro è sbagliato». Visti i precedenti, non è escluso che questa affermazione possa venire corretta o addolcita da qui al voto del 25 maggio.
In Italia e in altri Paesi Ue come Francia con il Front National, Olanda (Partito della libertà), Austria con l'Fpo, si sono molto rafforzati movimenti che offrono soluzioni facili a problemi complessi. Gridano «No Europa, No Euro» con una forza che azzera il dibattito perché riduce ogni argomentazione al grado zero del dualismo bianco/nero, amico/nemico. E a volte, in mancanza di argomenti, alcuni di questi capipopolo non si fanno problemi ad accompagnare gli slogan con una buona dose di violenza verbale. Sono palloni gonfiati a caccia di visibilità.
Intanto, milioni di persone che hanno visto crollare le certezze economiche del passato se la prendono, a ragione, con la gestione irresponsabile delle istituzioni finanziarie. Per loro è molto più semplice aggrapparsi a un'illusione piuttosto che provare a ragionare sui rischi colossali di un ipotetico ritorno al passato, alla lira. È una reazione giustificabile, certo. Ma non è detto che non ci porti al disastro. Anzi.
Vittorio Malagutti
Scritto il 02 maggio 2014 alle 12:57 nella Berlusconi, Economia, Politica, Tafanus | Permalink | Commenti (4)
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01 maggio 2014
Rivoluzioni finte e bischerate vere: "La Pubblica Amministrazione"? la riformeremo dopo le elezioni...
Decorative, devote, silenti: le Nuove "veline" del PD
Ieri, come strombazzato da giorni, Matteo Renzi da Frignano sull'Arno ha riformato, in mezza giornata, la Pubblica Amministrazione. Accompagnato dalla inutile ma decorativa ggiovane Marianna Madia, che per nostra fortuna non ha profferito motto.
Dunque, ci siamo. Matteo Renzi mantiene le promesse, e viaggia rapidissimo. Verso il vuoto spinto. Anche la Riforma della PA (così come il mitico "Jobs Act" - inglese da rivedere), è arrivato rapido come il fulmine. Anche la Riforma della PA, come il Jobs Act, è il NULLA impacchettato sotto vuoto spinto. Si apre il "Documento", e si sente il sibilo che si avverte quando si apre una busta di caffé Suerte. Un titolo, e quaranta sottotili.
Per il contenuto, bisognerà aspettare. Tutto rinviato al 13 Giugno. Secondo una sua avvocata d'ufficio, due settimane prima o dopo non cambiano il mondo. E' vero. Due settimane non cambiano il mondo, e quindi tanto varrebbe dare le date giuste. Ma dato che io sono pignolo, ho fatto i conticini: dal 30 Aprile al 13 Giugno intercorrono esattamente 44 giorni, che persino nei collegi dei preti fanno 6,29 settimane, e non due. Provare a dividere 44 per 7 per convincersene.
Con l'abituale modestia berlusconiana, Matteo ha creato un sobrio indirizzo di posta elettronica dove buttare, come in discarica, "eventuali suggerimenti non vincolanti":
In un primo momento ho pensato: scriviamo, scriviamo, scriviamo in massa alla email della "Rivoluzione". Poi mi sono messo alla tastiera, e non è venuto fuori niente. Perchè, esattamente come per il maccheronico "Jobs Act" ("Decreto Lavori", ma allora l'ortografia giusta sarebbe "Jobs' Act"), sotto la copertina in pelle, non c'è nulla. Quindi, prima di chiedere, insultare, suggerire, aspetterò il 13 Giugno, e commenterò i capitoli. Mi riesce difficilissimo commentare un indice.
E poi, come recitava il titolo di un provocatorio spettacolo teatrale che girava nei teatrini alternativi di Bologna negli anni '80, "...sta per scoppiare la rivoluzione e non so cosa mettermi..."
Tafanus
Scritto il 01 maggio 2014 alle 10:42 nella Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (7)
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29 aprile 2014
Se questo è uno statista (di Massimo Giannini)
Quello che segue è l'articolo di Massimo Giannini, vicedirettore di Repubblica, sui folli sproloqui dell'ormai irredimibile pregiudicato di Arcore, che si accinge a pagare il gravissimo reato di frode fiscale con una insopportabile pena di 7 lunghi giorni da trascorrere coi vecchietti. Non a cambiare il pannolone, ma a raccontare magari oscene barzellette su quelli che - poverini - hanno bisogno del pannolone e della ceratina...
Poi, però, dopo aver pubblicato integralmente l'articolo di Massimo Giannini (che ho sempre stimato, almeno fino a metà del 2013), avrei qualche domandina da fargli... Tafanus
Se questo è uno statista (di Massimo Giannini - Repubblica.it)
Se questo è un uomo di Stato. Ad ascoltare i deliri con i quali Silvio Berlusconi ha aperto la sua campagna elettorale, non si può trarre una conclusione diversa. Nessuno si faceva troppe illusioni: un Ventennio di autocrazia populista e di macelleria costituzionale parla per lui. Ma dopo l'assegnazione ai servizi sociali per la condanna al processo Mediaset ci si aspettava almeno una modica quantità di autocontrollo. Non un "ravvedimento", troppo generosamente auspicato dal tribunale di sorveglianza nelle motivazioni con le quali l'ex Cavaliere è stato "affidato" all'Istituto di Cesano Boscone. Ma almeno un po' di misura, nell'apprezzare l'insostenibile leggerezza della pena finale (7 giorni di "assistenza" spalmati sui prossimi 11 mesi), rispetto alla comprensibile pesantezza della pena iniziale (4 anni di carcere). Invece no. Il senso dello Stato, il rispetto delle istituzioni, il principio di legalità: nulla di tutto questo appartiene alla cultura politica di Berlusconi (...già... lo sospettiamo da circa 40 anni, caro Massimo... NdR)
L'accusa ai tedeschi, secondo i quali "i lager non sono mai esistiti", è un insulto alla Storia, prima ancora che alla Germania. La frase, falsa e sconclusionata, è molto più che l'ennesimo "infortunio" di un gaffeur planetario. È invece uno scandalo diplomatico, che fa un danno enorme all'immagine dell'Italia, e non solo al capo di Forza Italia. Le reazioni indignate, che uniscono la Merkel e i rappresentanti di Ppe e Pse, confermano la gravità dell'incidente. E solo la malafede manipolatoria può spingere Berlusconi a replicare che si tratta dell'ennesima "trappola" ordita delle sinistre, e a ribadire la sua "profonda amicizia con il popolo ebraico". Qui in gioco non c'è un presunto "antisemitismo" berlusconiano, che nessuno ha denunciato. C'è invece l'assoluto cinismo del leader di una destra irrecuperabile, che per lucrare una miserabile rendita elettorale in vista del voto del 25 maggio non esita a inventare il solito "nemico esterno", cioè la Germania. A evocare il "non evocabile", cioè i lager. Ad accostare l'inaccostabile, cioè il Fiscal Compact con la Shoah. C'è dunque lo stesso nichilismo morale dell'ex premier di un governo impresentabile, che per difendersi dalle critiche dei socialisti europei dà del "kapò" a Martin Schulz.
L'accusa al presidente della Repubblica e ai magistrati, colpevole il primo di avergli negato la grazia e i secondi di averlo infangato con una "sentenza mostruosa", è un'offesa alla legalità, prima ancora che alla verità. Sono tristemente note, le spallate continue che lo "statista" di Arcore ha tentato di assestare al sistema dal 1994 ad oggi, tra leggi ad personam e intimidazioni ai pm, alla Consulta, al Quirinale. Ma non erano altrettanto note le rivelazioni fatte dallo stesso ex Cavaliere, che a "Piazza pulita" afferma impunemente di aver detto al Capo dello Stato "tu hai il dovere morale di darmi la grazia motu proprio". In questo "atto sedizioso" si racchiude, tutto intero, il berlusconismo. L'idea malsana che l'unzione popolare purifica da tutti i reati e da tutti i peccati. Che le istituzioni ne debbano solo prendere atto, compiendo di propria iniziativa il passo che il pregiudicato non vuole richiedere, perché questo equivarrebbe a riconoscere la sua responsabilità penale. Che la Costituzione, formale e materiale, si debba snaturare per questo, introiettando l'anomalia cesarista di un cittadino che si pretende diverso da tutti gli altri, dentro e fuori dalle aule di giustizia, e che pertanto va considerato "legibus solutus" per il passato, il presente e il futuro. Se la rivelazione berlusconiana è vera (e non c'è ragione di credere che non lo sia) bisogna ringraziare una volta di più Giorgio Napolitano, per non aver ceduto di un millimetro e non essersi prestato a questo scempio etico, giuridico e politico.
Quanto alla "sentenza mostruosa", in un Paese che perde troppo facilmente la memoria non finiremo mai di ricordare che la condanna dell'ex Cavaliere nasce dalla gravità del reato commesso, accertato senza alcun ragionevole dubbio nei tre gradi di giudizio: una frode fiscale da 7 milioni di euro, parte di una provvista in nero da 370 milioni di dollari con i quali il condannato pagava mazzette a magistrati, funzionari pubblici e parlamentari. Cosa ci sia di "mostruoso", nell'espiare un delitto così grave assistendo gli anziani per un pomeriggio a settimana, lo vede chiunque. Berlusconi è l'opposto che un "perseguitato". Pur essendo riconosciuto come "persona ancora socialmente pericolosa", ha beneficiato di uno "statuto speciale" che non limita la sua "agibilità politica" né preclude la sua campagna elettorale (cominciata infatti proprio con le armi distruttive dell'anti-europeismo e dell'anti-Stato).
Resta da chiedersi perché Berlusconi continui imperterrito a sparare sul Colle e sulle toghe, dal momento che la Sorveglianza gli ha concesso i servizi sociali purché si attenga alle "regole della civile convivenza, del decoro e del rispetto delle istituzioni" ed eviti le frasi "offensive" e di "spregio nei confronti dell'ordine giudiziario". La risposta può essere una sola: l'ex Cavaliere provoca, e forse spera che la magistratura sia costretta suo malgrado a dovergli revocare l'affidamento alla Sacra Famiglia, e a disporre gli arresti domiciliari. Sarebbe il famoso "finale da Caimano". Il pretesto definitivo per lanciarsi da "martire della libertà" nel fuoco della battaglia elettorale. La scelta estrema per cercare di risalire l'abisso dei consensi in fuga, per sottrarsi all'"abbraccio mortale" con Renzi e per recuperare posizioni su Grillo che il 26 maggio rischia di diventare almeno il più grande partito italiano dopo il Pd, pronto per l'eventuale ballottaggio previsto dall'Italicum. È questo, dunque, il grumo di rabbia sociale e politica con il quale il governo e il Pd renziano devono fare i conti nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Un gioco al massacro tra il populismo berlusconiano e il populismo grillino. Il terreno peggiore, per costruire e tenere in piedi il cantiere delle riforme.
Massimo Giannini
bentornato fra di noi. Bentornato fra coloro che - forse - finalmente "si stanno accorgendo". Non che la cosa sia provata, ma... Ma andiamo con ordine.
Caro Giannini, io non ho niente contro di lei. Anzi. Ho sempre parlato bene di lei (almeno fino al 2013) e il numero di links ai suoi articoli che ho spesso postati, nonchè il numero di volte che ho ripreso parti di suoi articoli, sono li a testimoniare la mia (passata) stima nei suoi confronti. Ma c'è un ma.... Io appartengo a quella categoria di imbecilli che sono sempre pronti a cambiare idea, quando la forza dei fatti sovrasta l'eterea leggerezza delle pugnette.
E' esattamente quello che mi è successo con lei. Da quando ha preso vigore il fenomeno del renzismo, la corsa a salire sul carro del "vincitore del momento", Repubblica (che leggo dal primo numero, 14 gennaio 1976) sta diventando sempre meno il MIO giornale. Continuo a leggerlo, nonostante tutto, faute de mieux. Che non sarebbe, a ben guardare, una grande motivazione. Non è difficile fare meglio del Corrierone di Galli della Loggia e Panbianco, dell'Ambasciatore Romano e di Piero Ostellino; non è difficile far meglio del "Geniale" di rigor-mortis Sallusti" o di Libbbero di Littorio Feltri... Vogliamo dirla tutta? Continuo a leggere Repubblica grazie a pochi "superstiti" della quarantennale guerra di Repubblica: il "padre nobile" Eugenio Scalfari, Federico Fubini, Francesco Merlo, Sebastiano Messina, Federico Rampini, e pochi, pochissimi altri.
E, mi duole dirlo, da circa un anno fra "le residue ragioni" per leggere Repubblica non c'è lei. Niente di personale. Ma per lunghi mesi ho aspettato, ho sperato di leggere un suo scritto da "indignato speciale" sull'osceno patto fra Berlusconi (persino il suo articolo odierno dimostra come lei sia molto conscio di chi sia Berlusconi), e il Matteo Renzi da Frignano sull'Arno, questo ridicolo Mr. Bean che da mesi promette una grande riforma al mese ma, come sappiamo lei, io, il Sole24Ore, e chiunque legga qualcosa, fin qui ha solo parlato, parlato, parlato, e prodotto solo promesse, chiacchiere, tweet ed auto-incensazioni. Un redisuato da oratorio dell'Azione Cattolica, tutto "chiacchiere e distintivo".
Caro Giannini, la reputo troppo intelligente per non essersi accorto di chi sia Renzi. A me ricorda un perdibile film: "Sotto il vestito, niente". A lei cosa ricorda? Berlinguer? Moro? De Gasperi? Longo? A me ricorda il figlioccio di Forlani, l'esibizionista che da sindaco di Firenze passava più tempo in TV e ad inaugurare fontanelli, che non a Palazzo Vecchio. A me ricorda un sindaco che in un anno, secomdo l'annuale ricerca del Sole24Ore, è riuscito a passare da "Sindaco più amato dagli italiani" (fra i sindaci delle città-capoluogo, alla 57° posizione. IN UN ANNO.
A me sembra di non ricordare una sua sola articolessa che abbia condannato il ggiovane statista, per aver fortemente contribuito alla resurrezione politica del pregiudicato di Arcore. Dimenticanza? Oppure giudica normale che uno Statista della Statura di Renzi firmi patti di legislatura con un criminale? Oppure lo ha fatto, e a me è sfuggito? E in tal caso non mi manderebbe gentilmente un link, affinché io possa pubblicare la sua articolessa, e chiederle umilmente scusa? Mi farebbe un grande favore, perchè ad oggi non riesco a ricordare niente. Ogni volta che leggo un suo editoriale, spero di trovare finalmente un paio di righe che chiedano conto allo Statista di Frignano sull'Arno del fatto di essersi scelto un pregiudicato - uno che è esattamnente ciò che lei ha descritto nell'editoriale di oggi - come compagno in questa oscena avventura politica.
Niente da fare. Ogni volta che, da mesi, la leggo, sono assordato dal suo silenzio. Anche oggi, dopo aver descritto magnificamente chi sia Berlusconi, dimentica di fare il nome del suo compagno di strada e di inciuci.
Caro Giannini, mi creda: il suo silenzio continuo sui rapporti fra Renzi aspirante statista, e Berlusconi sedicente statista e pregiudicato certificato, è qualcosa di assordante. Rompa questo silenzio. Ci spieghi, una volta e per tutte, se non vede l'oscenità di questo rapporto preferenziale fra uno che si dichiara di sinistra, e questi imbarazzanti cascami dell'italo-forzutismo.
Tafanus
L'oscena accoppiata
Scritto il 29 aprile 2014 alle 17:33 nella Berlusconi, Criminalità dei politici, Media , Politica, Tafanus | Permalink | Commenti (4)
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25 aprile 2014
La lettera aperta di Eugenio Scalfari al Ministro Padoan sulla "marchetta" degli 80 euro
Non è strano? Mentre tutta o quasi la redazione di Repubblica è appiattita da mesi sugli ordini di scuderia (ELOGIARE RENZI), fanno rumore gli unici giornalisti che dovrebbero costituire la normalità, e quindi non far rumore: Eugenio Scalfari e Federico Fubini, che "non si adeguano". Il primo può farlo per i privilegi dell'età e del ruolo; il secondo per la consapevolezza delle proprie elevate competenze, che gli consentirebbero di essere cacciato da Repubblica, e di lavorare dal giorno dopo da qualche altra parte al doppio dello stipendio. Uomini liberi, che i venditori di pentole possono chiamarli venditori di pentole, a prescindere dagli interessi del momento dell'editore di Repubblica.
Stanno facendo qualcosa di eroico? No, stanno facendo semplicemente il loro lavoro di giornalisti. Osservando la marchetta degli 80 euro, così com'è capitato a noi modestissimi blogger, hanno visto a colpo d'occhio l'assenza di coperture strutturali della marchetta, le possibili violazioni costituzionali, le inguardabili ingiustizie etiche a svantaggio dei ceti più poveri dei "beneficiati" dalla ignobile marchetta elettorale. Stamattina il Prof. Pasquino - che non è certo uno con l'eschimo e il passamontagna, ha assimilato l'ignobile marchetta alla "scarpa destra e scarpa sinistra" che Achille Lauro, 'o Comandante, dava agli elettori napoletani. Una scarpa prima del voto, la seconda a vittoria ottenuta.
Guarda caso, la marchetta di Renzi passa come DL in tempo per poterla rivendicare prima delle europee, ma dev'essere convertita in legge subito DOPO. Se Renzi vede cammello, popolo becero vede 80 euro. Altrimenti, qualcuno provvederà a far decadere l'ignobile decreto-marchetta.
Scalfari nei giorni scorsi aveva scritto - in modo molto più autorevole, preciso e informato di noi - più o meno le stesse cose. Pier Carlo Padoan si era affrettato a replicare, chiarire, spiegare... Il fatto è che certe cose sono dure da chiarire. Quindi ieri, con mia grande sorpresa, fuori dall'abituale "posizionamento" domenicale dell'articolessa di Scalfari, abbiamo trovato questa sua risposta (educata nei toni, molto critica nel merito) al Ministro Padoan. Crediamo di far cosa gradita riproponendone i passi salienti ai nostri lettori. Ovviamente, dato che qui - come spero di aver chiarito una volta e per tutte - non c'è obbligo di "cantare in coro" col padrone di casa, chi vuole è autorizzato fin d'ora a postare in replica, nei commenti, anche interi articoli di Sergio Menichini Direttore di Europa, e persino i links ai video di intere trasmissioni di Myrta Merlino che elenca tutti i tweet mattutini di Matteo Renzi.
La lettera aperta di Eugenio Scalfari a Pier Carlo Padoan
Caro Padoan, facciamo gli scongiuri... Tutto riposa sulla presunzione che gli 80 euro in busta paga aumenteranno la domanda, cioè i consumi. Una presunzione non è però certezza (di Eugenio Scalfari)
Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, mi ringrazia per averlo esortato a chiarire più diffusamente la politica economica da lui adottata per ridare speranza agli italiani modificando positivamente le loro aspettative ad un futuro meno buio del loro disagiato presente e per recuperare un'equità fin qui decisamente trascurata. A mia volta lo ringrazio per averci esposto la sostanza, il metodo e gli obiettivi che egli si propone di realizzare e che daranno frutti tra due o tre anni sostituendosi allo "spot" degli 80 euro nelle buste paga dei lavoratori dipendenti con redditi superiori agli 8 mila euro annui, fino ad un tetto di 24-26 mila euro.
Ciò premesso c'è un paio di questioni che desidero qui richiamare e che il ministro ha accennato sorvolandole un po' alla lontana. Mi sembra invece che occorra tenerle ben presenti e sottolinearle.
La prima riguarda appunto l'equità. Lo spot degli 80 euro ha trascurato i non capienti sotto gli 8 mila euro di reddito, i pensionati con modestissime pensioni, le partite Iva dei cosiddetti autonomi. C'è un buco non colmato che forse lo sarà nel 2015 senza però che ve ne sia certezza, così come non v'è certezza d'una riforma degli ammortizzatori sociali, cioè del nuovo welfare he dovrà sostituire l'antico spandendosi su una platea molto più vasta dell'attuale Cig. Padoan ammette che l'attuale taglio del cuneo fiscale è stato realizzato con coperture in larga misura posticce, che saranno trasformate in un vero e proprio programma che lui ha già in mente ma sul quale è stato giustamente sobrio di notizie. Siamo tutti speranzosi e fiduciosi che sarà un buon programma. Perciò crepi il lupo e grideremo evviva a lui e al premier Matteo Renzi.
Quanto alla maggior flessibilità dell'Europa verso una politica di crescita, Padoan ne è certo. L'Italia lo chiede fin d'ora e il ministro ci informa che i presupposti ci sono già per quanto riguarda gli investimenti motivati dal lungo ciclo di depressione economica che non dipende da noi ma dall'intero mondo occidentale. L'Italia può sforare il bilancio perché quegli investimenti sono da tempo autorizzati dal trattato in vigore e non intaccano il paletto del 3 % rispetto al quale resteremo al di sotto.
Questa affermazione non è del tutto esatta e lo conferma il fatto che, con apposito voto del nostro Parlamento, il governo è stato autorizzato ad informare la Commissione europea degli investimenti che si accinge ad effettuare per rilanciare nei limiti del possibile la crescita e l'occupazione giovanile. Saremo senz'altro autorizzati sempre che la Commissione ne approvi la quantità e le modalità nonché le riforme che aumentino la competitività e semplifichino opportunamente le istituzioni. Qualora però l'esistenza di queste condizioni non fosse ravveduta dalla Commissione non credo che il governo possa prenderle senza subirne alcune sanzioni. Se così non fosse non si vede il perché dell'informazione che l'Italia ha trasmesso alla Ue. Perciò aspetteremo e anche qui crepi il lupo poiché se non crepa lui qualcun altro creperebbe in sua vece e non sarebbe un bel vedere.
La seconda questione riguarda invece il pagamento di 20 miliardi dei debiti dello Stato, dei quali 8 alle aziende e gli altri ai Comuni e Regioni debitrici. È un flusso di liquidità preziosa per l'economia italiana, cui si aggiunge l'impegno che d'ora in avanti Stato ed Enti locali dovranno saldare i nuovi debiti a 60 giorni dalle relative fatture, non ricadendo nell'accumulo di altri pregressi. Benissimo, ma dove prenderanno i soldi i debitori per rispettare quel limite di tempo? Questo Padoan non lo dice e resta un sospetto tutt'altro che marginale.
Ma c'è un altro punto sul quale il sorvolo non mi sembra giusto: le banche sconteranno i debiti certificati pagando le aziende in soldi contanti. Benissimo. Ma a loro volta le banche vanteranno un credito nei confronti del Tesoro. È un debito fuori bilancio e non intacca il paletto del 3 per cento, questo lo sappiamo, ma è pur sempre un debito dello Stato e nasconderlo sotto il tappeto non serve a nulla, il debito c'è e prima o poi dovrà essere onorato, non è vero?
Infine: tutto riposa sulla presunzione che gli 80 euro in busta paga aumenteranno la domanda, cioè i consumi. Una presunzione non è pero una certezza. Molti beneficiari potrebbero invece di spendere risparmiarli quei soldi investendoli in impieghi monetari o tenendoli in contanti sotto il materasso per spese straordinarie che si presentassero in futuro. E se fossero molti di quei 10 milioni di beneficiati? Se fossero la maggioranza? I consumi aumenterebbero molto poco. Qui non si tratta di far crepare il lupo, se a settembre i consumi non avranno registrato aumenti sensibili il governo dovrà andarsene a casa e sarebbe un vero guaio per tutti. Speriamo fortemente di no. I sondaggi dicono positivo, ma i sondaggi non sono un fatto, sono la scommessa che un fatto avverrà.
Caro Padoan, facciamo i debiti scongiuri e intanto diciamo insieme evviva la Roma, che però sarà seconda. Noi speravamo di più ma non è accaduto.
Eugenio Scalfari
Scritto il 25 aprile 2014 alle 22:03 nella Economia, Politica, Renzi, Satira, Tafanus | Permalink | Commenti (11)
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21 aprile 2014
Piano Renzi: i dubbi degli economisti e della UE, le certezze dei "filocazzari"
I dubbi di Bruxelles sul piano Renzi: "Debole su istituti bancari e debito" (Fonte: Federico Fubini - Repubblica)
I casi sono due, ci si è detti nei corridoi comunitari. O sarà impossibile attuare tutti quei propositi, anche con un mandato elettorale e una maggioranza in parlamento più chiari di quelli di Renzi. Oppure dietro al piano italiano non c'è convinzione, ma solo la fretta di sbrigare un'incombenza europea copiando e incollando vecchi testi.
Senza cambiare verso, senza dargliene uno. Senza riforme credibili, benché vengano accampate per rinviare la correzione dei conti pubblici. L'impressione a Bruxelles è stata spiazzante, e gli indizi del crescente sospetto con cui dal resto d'Europa si guarda all'Italia iniziano ad affiorare. Lo si è visto nei giorni scorsi, quando Pier Carlo Padoan ha scritto al vicepresidente della Commissione europea Siim Kallas. Quella del ministro dell'Economia era una lettera con una piccola dose di esplosivo, perché per la prima volta un Paese annuncia ufficialmente che non rispetterà i vincoli di bilancio del Fiscal Compact nuovi di zecca.
Il pareggio di bilancio "strutturale" (comunque un deficit reale) slitta già dal 2015 al 2016. Al ministro Padoan, rango politico nel governo, Kallas non ha neppure risposto da pari a pari: gli ha fatto scrivere da Marco Buti, funzionario a capo della direzione economico-finanziaria. E anche la lettera di Buti contiene un congegno detonatore, perché annuncia che la Commissione Ue risponderà alla richiesta dell'Italia "il due giugno". Subito dopo le elezioni europee, giusto per non turbare la campagna elettorale. Nel frattempo però la Commissione si è fatta dare i poteri di chiedere correzioni ai governi già in luglio, non appena sarà insediata la nuova squadra di Bruxelles.
Per il governo Renzi non sarà una passeggiata. Il premier si è convinto — lo dice in privato — che per l'Europa oggi "il problema è la Francia, non l'Italia". Eppure nel rapporto con Bruxelles e le capitali che contano qualcosa no funziona. È come se le comunicazioni fossero regredite a livello quasi solo formale. Il terreno per la lettera di Padoan, malgrado il suo forte impatto, è stata preparato solo da una chiaccherata dello stesso ministro a Washington durante gli incontri del Fondo Monetario. Non ci sono quasi altri canali di vero dialogo con l'Europa se non lui, che però è bloccato sui suoi compiti al Tesoro e comunque a Washington la scorsa settimana ha percepito il sospetto dei colleghi riguardo piani del governo. Né aiuta che Carlo Cottarelli, un'altra figura molto nota all'estero, abbia palesemente rapporti difficili con il premier.
In qualità di commissario alla spending review, Cottarelli avrebbe dovuto trasferirsi dal Tesoro a Palazzo Chigi già da settimane, a credere agli annunci. Poi però non l'ha mai fatto. Questi segnali in Europa non sfuggono. A Parigi, Berlino e Bruxelles è ormai unanime la convinzione che quella sul bonus da 80 euro sia poco più di uno zuccherino elettorale. Non parte di una strategia coerente per rimettere l'Italia in condizioni di crescere dopo un ventennio di stagnazione e crollo dell'economia.
Fra i funzionari della cancelleria tedesca il premier è stato soprannominato "Silvio Renzi", in Germania è una sorta di anatema. Ai vertici delle strutture francesi c'è chi si riferisce a lui come "un furbetto" e un "florentin", fiorentino, cioè un operatore machiavellico: così veniva definito anche il presidente François Mitterrand, ma senza il cliché di inaffidabilità italiana che Renzi chiaramente evoca.
Possibile che al premier non dispiaccia essere un po' in freddo con l'Europa: Mario Monti, François Hollande a Parigi o George Papandreou in Grecia hanno già dimostrato come buoni rapporti con Bruxelles possono costare voti a casa. Ma è una strategia con alcuni rischi concreti. Non c'è solo il calendario del Fiscal Compact, per quanto esso sia stringente: in estate l'Italia rischia una bocciatura sul piano di riforme e il rinvio del pareggio, che può obbligarla a rivedere la manovra; e in autunno rischia una procedura per debito o deficit eccessivo che, con il Fiscal Compact, diventa di fatto una messa sotto tutela.
Poi c'è una partita anche più seria. In settimana alla Banca centrale europea si sono definiti i criteri con cui le banche saranno sottoposte in estate agli stress test, le "prove di sforzo". Fra gli istituti 15 sono italiani. L'obiettivo di fondo è vedere quanto le banche possono resistere a un'altra crisi sui titoli di Stato, di cui le aziende di credito in Italia hanno pieni i bilanci. Se dopo gli "stress test" l'Europa chiederà di rafforzare il capitale delle banche oltre quanto può dare il mercato, il governo dovrà fornire le risorse. Chi ha tassato le banche per dare 80 euro ai cittadini, presto può dover tassare i cittadini per dare decine di miliardi alle banche. Non è un'ipotesi peregrina: più un Paese attrae sfiducia, più l'esame sulle sue banche sarà severo e il risultato negativo. Ascoltare un po' di più l'Europa può costerà anche dei voti, ma può anche far risparmiare parecchi soldi agli italiani.
Federico Fubini
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Le quattro domande degli economisti de lavoce.info sul DEF
Il Def ci fa fare piccoli passi in avanti nel capire quale sarà la politica economica del Governo Renzi. Per avere un’idea degli interventi immediati, c’è bisogno di chiarimenti. Poniamo alcune domande a crocette, che non dovrebbero portare via troppo tempo a un governo che va di corsa.
I titoli sono quelli giusti: detassare il lavoro e tagliare la spesa, partendo dal dare buone esempio con manager e dirigenti pubblici. Nulla da ridire anche sul fatto di tassare il regalo fatto sotto il governo Letta alle banche con l’operazione quote Banca d’Italia. Sotto, il dettaglio di quanto costerà alle singole banche.
Dietro a questi titoli ci sono molti dettagli importanti (spesso più dei titoli). Il tempo a disposizione per scrivere i provvedimenti, compresi i tagli di spesa che vanno sotto al nome di spending review si va esaurendo. Sugli sconti in busta paga non si può andare oltre il 18 aprile (ci siamo già andati. NdR)
Nel frattempo ci accontenteremmo dunque di guardare ai saldi contemplati dal Documento di Economia e Finanza. E’ un documento molto lungo, con molto testo, molti box con freccette stile articolo di giornale e pochi dati. Rassicurante notare che il lungo elenco di azioni del piano nazionale delle riforme è coerente con gli annunci fatti il 12 marzo. Solo le scadenze sono un po’ più generose e forse più realistiche (vedi sotto).
Data la vaghezza del Def avremmo tante domande da porre. Ci limiteremo a quattro quesiti. Nel porli spieghiamo anche perchè sono importanti e non pignolerie. E forniamo risposte a crocette così da portare via meno tempo possibile a chi vorrà gentilmente risponderci:
1. A quanto ammontano complessivamente i tagli di spesa contemplati nell’ambito della spending review per il 2014?
- 4,5 miliardi
- 6 miliardi
- 9 miliardi
Nel DEF si fa riferimento a 6 miliardi di tagli provenienti dalla spending review. Nella conferenza stampa di presentazione del DEF si è invece parlato di 4,5 miliardi che andrebbero a finanziare l’operazione sul cuneo. In attesa di sapere in che cosa consistano questi tagli, viene da chiedersi se questi 6 (o 4,5) miliardi comprendano i 3 miliardi già contemplati dal governo precedente, di cui all’audizione del Commissario Cottarelli alla Commissione Bilancio della Camera o siano aggiuntivi rispetto a questi. La domanda è importante per capirne la fattibilità dei tagli. Secondo il commissario negli otto (ormai 7) mesi residui, i tagli tecnicamente fattibili non supererebbero i 3 miliardi da aggiungersi ai 3 già preventivati, per un totale, dunque di 6 miliardi. E non ci risulta che i provvedimenti (i tagli si fanno per lo più per legge non per semplice atto amministrativo) siano stati scritti.
2. Quanto costa a regime il taglio del cuneo fiscale?
- 10 miliardi
- 14 miliardi
Il Presidente del Consiglio nella conferenza stampa si è impegnato ad assegnare gli 80 euro al mese in busta paga da maggio anche ai cosiddetti incapienti. Questo fa salire il costo dell’operazione di 4 miliardi (1000 euro per 4 milioni di incapienti) rispetto ai 10 preventivati. Eppure il Governo (e il DEF) continuano a fare riferimento a 6,6 miliardi da coprire nel 2014 (dovrebbero essere più di 9 applicando pro-quota agli ultimi 8 mesi il bonus di 80 euro per un costo annuale di 14 miliardi). O forse si pensa di dare agli incapienti meno di 80 euro a testa?
3. Quanto del taglio del cuneo fiscale verrà finanziato con misure strutturali nel 2014?
- al 100%
- per più del 75%
- per più del 50%
- per più del 25%
- per meno del 25%
Il governo si attende un forte stimolo alla crescita dal taglio del cuneo fiscale (più di mezzo di punto di pil a regime). Ma gli effetti espansivi di questa misura sono strettamente legati a come verrà attuata la riduzione del cuneo. In particolare conta se verrà percepita come permanente o temporanea (e il dubbio è legittimo dato che siamo in campagna elettorale) dalle famiglie. Il Governo si è a più riprese impegnato a trovare fin da subito coperture strutturali ma sin qui nelle conferenze stampa si è fatto riferimento soprattutto a provvedimenti che non sono strutturali, quali
- # la tassazione al 26% (anzichè al 12%) delle plusvalenze sull operazione quote bankitalia (un’operazione tra l’altro a rischio infrazione)
- # l’IVA sui pagamenti dei debiti della PA (che anticipa al 2014 entrate già previste nel 2015)
- # la regolarizzazione e rimpatrio dei capitali dall’estero.
4. È il decreto lavoro, che liberalizza i contratti a tempo determinato, la riforma strutturale del lavoro?
- SI
- NO
Le riforme strutturali sono fondamentali per rilanciare la crescita se non nell’immediato nel giro di qualche anno e per guadagnarsi margini di manovra a Bruxelles. Nella conferenza stampa di presentazione del DEF il Presidente del Consiglio ha sostenuto di aver rispettato l’impegno di riformare il mercato del lavoro a marzo e nel DEF in effetti si sostiene che la riforma volta a “rendere i contratti a termine più coerenti con le esigenze dell’attuale contesto occupazionale” è già stata fatta a marzo. Viene perciò da chiedersi se il jobs act consista unicamente nel decreto che liberalizza i contratti a tempo determinato. Un’altra possibilità è che lo scadenzario riguardi la data in cui i provvedimenti vengono approvati dal governo anzichè la data in cui entrano in vigore.
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Infine, una piccola parte delle considerazioni di Eugenio Scalfari di oggi:
[...] l'operazione di taglio del cuneo fiscale è preoccupante: appartiene a quel tipo d'intervento, specie per quanto riguarda le coperture, gran parte delle quali scricchiolano, cartoni appiccicati l'uno all'altro con le spille che spesso saltano via; sicché non è affatto sicuro che convinceranno le autorità europee a dare via libera e concedergli di rinviare a due anni il rientro nel limite del 3 per cento del rapporto tra il Pil e il deficit del debito pubblico.
E poi: la tassa sulle banche è retroattiva e comunque è una una tantum non ripetibile, i tagli della Difesa sono rinviati ma non aboliti; il maggior incasso dell'Iva è un anticipo d'un anno e ce lo troveremo sul gobbo nel 2015; il pagamento dei debiti alle aziende creditrici, che doveva essere almeno di 17 miliardi, è stato ridotto a 7. Infine gli incapienti con redditi inferiori agli 8 mila euro annui e quindi esentati dal pagamento dell'Irpef avrebbero dovuto precedere per evidenti ragioni di equità il bonus in busta paga che premia i redditi superiori. Senza dire dei contributi da parte dei Comuni il cui pagamento però può essere accompagnato dall'aumento delle imposte comunali che potrebbero vanificare o ridurre fortemente il bonus di 80 euro in chi in quei Comuni risiede [...]
Studiate, ragazzi, studiate... altrimenti correte il rischio di diventare, da grandi, come Silvio Renzi. O (Dio ci salvi!) come Beppe Grullo.
Tafanus
Scritto il 21 aprile 2014 alle 21:25 nella Economia, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (4)
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15 aprile 2014
Matteo Renzi, le nomine in stile Gattopardo, e la finta parità uomo/donna

Siamo donne o caporali? Il solito Renzi: sotto l'annuncio, niente. Parità uomo/donna sticazzi. Alle donne solo poltrone decorative da "Presidente". Potranno avere un bell'ufficio, la macchina blu, un lauto stipendio, e convocare le assemblee dei soci. Firmare i verbali delle decisioni prese da altri, ed avere un biglietto da visita molto affascinante per i gonzi.
Le poltrone da Amministratore Delegato, infatti, sono andate tutte ai maschietti. E fra questi, anche a quel Moretti che avrebbe dovuto - secondo l'opinione pubblica prevalente - essere cacciato a calci in culo dalla Direzione delle Ferrovie. Invece viene spostato dalle Ferrovie a Finmeccanica. Non prenderà, forse, i 2,2 milioni di euro all'anno del suo predecessore, ma certamente prenderà più degli 850.000 euro da AD delle Ferrovie, la cui riduzione, annunciata da Renzi, aveva fortemente contestato. Capovolgendo un vecchio adagio: Abmoveatur ut promoveatur. E tutti vissero felici e contenti. Ma tranquilli. Per incrementare il tasso di competenza tecnica nell'industria degli armamenti (esperienza di Moretti pari a ZERO), arriva Marta Dassù, un'altra donna per tutte le stagioni, con lo sterzo che tira a destra. Dopo una breve vicinanza a D'Alema, è stata con Monti, quindi con Letta, (viceministro agli Esteri). Editorialista di giornali progressisti come il Corsera (Rizzoli), La Stampa (Fiat), IlSole24Ore (Condindustria). Esperienza nell'undustria degli armamenti? ZERO. Ma Renzi non vuole scontentare nessuno, specie adesso che comincia a realizzare che a Palazzo Chigi non c'è il volante al quale aggrapparsi facendo brum brum con la bocca
Alla Presidenza dell'ENI va la Marcegaglia, ex falchetta di Condindustria e berlusconiana di ferro. Una scelta anche eticamente molto opportuna, visto che il fratello maggiore della Emma Minigonnata (Antonio) ha patteggiato una condanna evasione fiscale, riferita a quando dirigeva l'azienda di famiglia con Emma, che tuonava contro le mazzette e la corruzione. Un patteggiamento per 11 mesi di carcere, oltre alla restituzione allo Stato di sei milioni di euro. Una Marcegaglia la cui ultima prova di efficienza manageriale l'ha data rilevando praticamente a costo zero l'inutile (e mai utilizzata) mega-struttura turistica della Maddalena, costruita per ospitare un G8 mai fatto alla Maddalena. In quella fantastica struttura, abbandonata a se stessa, crescono le sterpaglie, e gli unici ospiti (non paganti) sono topi e gabbiani. Per rinfgrescarsi la memoria, rinvio ad un nostro post sull'argomento. Da un altro nostro post, pubblico le foto del "rendering" del MITA Resort della Maddalena che mostra come avrebbe dovuto essere, e la foto di come è ridotto:
LA MADDALENA - Esistono catastrofi che il silenzio in cui sono state sprofondate, se possibile, rende ancora più intollerabili. E il G8 sull'Isola della Maddalena è una di quelle. Quattrocento milioni di euro di denaro pubblico hanno consegnato 27mila metri quadrati di edifici, 90mila metri di aree a terra e 110mila di mare al nulla di un progetto privato di fatto mai partito (un polo di lusso per la vela gestito dalla Mita Resort dell'ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia). Ai veleni liberati dai fondali della darsena dell'ex Arsenale militare, mercurio e idrocarburi pesanti, la cui dispersione ha raggiunto, sedimentandosi in profondità, l'area limitrofa allo specchio di mare del Parco della Maddalena.
Chi volesse ricordare i particolari di quest'altro disastro ecologico, economico e industriale, può utilmente leggere un altro nostro post, scritto in tempi non sospetti.
Altra nomina "'de sinistra" è la Luisa Todini, creatura belloccia la cui "nascita mediatica" è dovuta al solito Floris, che è stato anche il "talent-scout" e queen-maker della Polverini. Italoforzuta fin dal '94, europarlamentare per conto "papi-Silvio", la Todini ha anche dimostrato le sue elevate qualità manageriali portando in prossimità del fallimento l'azienda avuta in regalo da papà (la Todini Costruzioni), salvata in extremis dal fallimento dal provvidenziale intervento della Impregilo (2009). La Todini è anche nel CdA della RAI, sempre in quota Forza Italia.
Amorosi sensi fra due 'de sinistra: Luisa Todini e Renata Polverini
Secondo Delrio (un uomo, un mito) fra la carica di consigliere RAI della Todini e quella di Presidente delle Poste non c'è alcuna incompatibilità. Già... se non fosse per quel piccolo particolare che spetta alle Poste lo spinoso problema dell'assegnazione delle frequente radiotelevisive... Esilarante, questo governo Renzi. Ma leggiamo sul "Fatto" altri particolari dimenticati sulla bella Todini in formato velina:
[...] per l’ex europarlamentare di Forza Italia la nomina pubblica è una piccola consolazione: l’imprenditrice è stata di recente è stata scaricata dall’amico Pietro Salini, che aveva salvato l’azienda della famiglia Todini nel 2009 inglobandola nel suo gruppo (oggi Salini-Impregilo) grazie al “grande supporto del sistema bancario, con particolare riferimento ai gruppi Intesa Sanpaolo e Bnl-Bnp Paribas, insieme a Unicredit e Mps”. Un anno dopo, nel 2010, l’allora premier Silvio Berlusconi l’avrebbe voluta per sostituire Claudio Scajola a capo del ministero dello Sviluppo economico oggi occupato da un’altra pupilla dell’ex Cavaliere, Federica Guidi. Per la Todini, poi, l’incarico ai vertici delle Poste è un impegno in più che si aggiunge al lavoro del Comitato Leonardo, associazione che si propone di promuovere l’immagine dell’Italia come sistema Paese. Una sorta di rete di imprenditori che evidentemente non dispiace al premier Renzi [...][...] l’elenco delle principali quote rosa si chiude poi con Maria Patrizia Grieco indicata dal governo per l’Enel. Di lei si può senz’altro dire che conosce bene i consigli di amministrazione. Anche quelli più insidiosi. Il suo nome figurava nella lista di Intesa San Paolo per il rinnovo del cda della Parmalat presentata a maggio 2011, poco prima del passaggio in mani francesi. Ed era due righe sotto a quello di Enrico Bondi [...]
P.S.: Il costo stimato per sole buonuscite, per la cacciata dei manager che dovranno far posto ai nuovi renzusconiani è di venti milioni di euro. TafanusScritto il 15 aprile 2014 alle 15:26 nella Berlusconi, Economia, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (5)
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30 marzo 2014
Matteo Renzi, tanto caro a conti, marchesi, stilisti, finanzieri "Cayman Style", doppi cognomi. Proletari: non pervenuti
Forse è utile, mentre oggi il Fatto cartaceo riporta una notizia di cui sul Fatto online c'è solo uno "strillo", ripercorrere le imbarazzanti amicizie del ggiovane Renzi - spesso legate, per puro caso, ad appalti di Comune e Provincia. E cominciamo dallo "strillo" del Fatto Quoridiano":
Già... di nuovo "affitti aggratis" o a prezzi introvabili per i comuni mortali, e di nuovo - e sempre per caso - coincidenze: sempre dello stesso tipo. Chi affitta al renzino aggratis o a prezzi stracciati, spesso, per combinazione, riceve appalti, finanziamenti, poltrone comunali o provinciali. (Vedi caso Carrai, di cui abbiamo parlato ampiamente). E noi tremiamo al pensiero di cosa potrà succedere adesso che "l'ambito" delle operazioni si è esteso dal livello locale a quello nazionale, con l'accessorio della segreteria del maggior partito italiano, una volta di sinistra.
Renzino non è nuovo alle maldicenze di noi komunistri trinariciuti. E non è nuovo agli "incidenti di percorso". A cominciare dalla condanna della Corte dei Conti, all'incidente dell'attico a due passi da Palazzo Vecchio, che Renzi abitava, al cui indirizzo Renzi aveva ufficialmente trasferito la residenza da quel di Pontassieve, ma che Renzi asserisce di aver usato saltuariamente come punto d'appoggio. Saltuariamente? E per qualche ospitata "saltuaria" non è alquanto demenziale trasferire la residenza?
Ma non tralasceremmo il fatto che da co.co.pro nell'azienda di famiglia, per caso, of course, due giorni dopo la vittoria delle primarie per la presidenza della provincia di Firenze, fu assunto come "dirigente", salvo essere "dirigente in aspettativa" per tutta la durata della presidenza della provincia, della sindacatura di Firenze, e - immaginiamo - della presidenza del Consiglio. Futura pensione da dirigente a beneficio di Renzi, oneri previdenziali a carico della collettività. Dicesi "il nuoco che avanza". O - a scelta - Il Rottamatore". Dei privilegi altrui.
Ma allora forse vale la pena di tornare indietro, e di dare uno sguardo retrospettivo alle fortunate amicizie di Renzi il Rottamatore. E chi se ne frega se le fonti sono di quelle che a noi normalmente non piacciono... Il problema non è "quale sia la fonte" delle notiziole, ma se le notiziole abbiano o meno riscontro nella realtà. E, ad oggi, non ci risulta che Fonzie abbia querelato "le fonti" per diffamazione.
...chi trova un amico, trova un tesoro. E più sono gli amici, più sono i tesori...
Un partito (i renziani) che si è sovrapposto al partito (il Pd), asfaltandolo. Un nuovo potere a Firenze, che in parte ha ereditato sponsor e appoggi dei salotti buoni (leggi: soldi) già contigui al Pd, ma in parte ha creato nuovi network di politica, affari, lobby.
Dietro Renzi e dietro le sue costose campagne di rottamazione ci sono - molti allo scoperto, molti nell'ombra - importanti imprenditori, famiglie storiche fiorentine, banchieri, finanzieri, mecenati democratici, simpatizzanti oltreoceano.
Stando alle cifre ufficiali, la kermesse alla Leopolda del 2011 è costata 110.000 €, le primarie del 2009 209.000 €, per «Adesso!», cioè la campagna per queste primarie, Renzi ha detto che spenderà non più di 250.000 €. Poi però ci sono anche le altre cifre: un milione e mezzo di euro per le primarie con cui divenne sindaco e oltre 2 milioni di euro per l'attuale corsa alle primarie, quella tra camper, palazzetti e, ogni tanto, un volo in jet privato, pagato dalla Fondazione Big Bang, guidata dall'avvocato di Renzi, Alberto Bianchi, altro buon raccoglitore di sponsor («È vero, come ci risulta, che Renzi ha comprato un pacchetto di dieci voli da 3mila euro l'uno, 30mila euro totali?», chiede il capogruppo Pdl in Comune, Marco Stella). La chiave di questa galassia renziana si chiama Marco Carrai, il motore del camper, il nodo della sua rete (e - aggiungiamo noi - recentemente scoperto come "affittacamere aggratis confesso" del ggiovane Renzi. NdR).
Coetaneo del sindaco, costruttore cattolico, ciellino (suo cugino Paolo è l'ex presidente della Compagnia delle opere in Toscana), Carrai è il trait d'union di Renzi col mondo degli affari, l'esperto di fund rasing, la raccolta fondi. La dote portata a Renzi da Carrai è notevole. L'arruolamento dell'economista bocconiano Zingales si deve a lui, ma anche il love affair del sindaco con certi ambienti Usa si deve (anche) a Carrai, ottimo amico di Micheal Ledeen, intellettuale conservatore membro della Foundation for Defense of Democracies di Washington.
Quando Renzi pranza con Tony Blair al luxury hotel St Regis di Londra, a tavola c'è anche «Marchino» Carrai, come sempre in questi casi. Il finanziere Davide Serra, il capo del fondo d'investimento Algebris, «l'italiano che dà del tu ai banchieri della City», è un link raggiunto all'inizio del 2012 con un cocktail di fund rasing a Milano, al Principe di Savoia, mille euro a ospite (70 commensali), idea sempre di Carrai.
Il prezioso aiuto è stato ben ricambiato da Renzi, che lo ha nominato presidente della municipalizzata Firenze Parcheggi (che poi sponsorizza il Maggio fiorentino e altre mille attività culturali care al sindaco), ma anche consigliere d'amministrazione del Gabinetto Vieusseux, ma anche consigliere della Cassa di Risparmio di Firenze, ente azionista di Banca Intesa San Paolo (l'estensore dell'articolo non poteva sapere - perchè ancora non avvenuta - della nomina di "Marchino" Carrai anche come amministratore della "Aeroporti di Firenze". NdR)
Sarà per questo che, si vocifera a Palazzo Vecchio, Renzi avrebbe ottenuto il sostegno dalla banca dell'allora ad, Corrado Passera? Possibile, anche se la stessa cosa si dice dell'Unicredit dell'amico Palenzona. Nel board della Cassa di Risparmio fiorentina ci sono altri due renziani docg: il presidente, marchese Jacopo Mazzei, di antica famiglia patrizia fiorentina, e Bruno Cavini, membro del comitato di indirizzo della fondazione.
Chi è Cavini? È il portavoce di Renzi, quello tirato in ballo dalle carte di Lusi, ex tesoriere della Margherita, come presunto riscossore di fondi per Renzi (ipotesi mai comprovata). Oltre ai Mazzei, altre casate fiorentine hanno ceduto al fascino del sindaco in maniche di camicia (sempre bianca, alla Obama) (...alla Omaba, o alla Bettino Craxi? NdR)
I Frescobaldi, i Fratini (immobiliaristi, centri commerciali), i Folonari (Giovanna Cordero Folonari fu chiamata a fare l'assessore dal precedente presidente della Provincia di Firenze, Matteo Renzi), i pratesi Pecci tramite il congiunto Niccolò Cangioli, manager della Elen spa, i Bini Smaghi, quelli del conte Lorenzo, ex consigliere della Bce nominato da Renzi presidente della Fondazione Strozzi. Bini Smaghi, tra l'altro, è figlio di una Mazzei e, dunque, cugino del Mazzei presidente della Cassa di Risparmio. Una rete di sostenitori influenti, il salotto buono fiorentino, più a loro agio con la sinistra all'americana del Renzi. Cui si sono aggiunti imprenditori e manager.
Come il gruppo Poli (imprenditori alberghieri e proprietari di tv locali), l'editore Mario Curia (Chiesa, Confindustria), Leonardo e Marco Bassilichi, della Bassilichi Spa, azienda che lavora per il Monte dei Paschi, il costruttore Andrea Bacci (già messo da Renzi a presiedere quella Florence Multimedia che gli ha procurato un'indagine della Corte dei Conti), Fabrizio Bartaloni, manager del Consorzio Etruria, una delle aziende impegnate nei grandi lavori fiorentini, Riccardo Maestrelli, imprenditore con l'azienda più importante di frutta e verdura alla Mercafir di Firenze, il mercato all'ingrosso (...conti, marchesi, banchieri, generone, doppi cognomi e tripli nomi... Insomma, tutta la paccottiglia che affascina i piccolo-borghesi parvenue della politica, senza grandi pedegrees, che non siano il papi sindachino di Frignano sull'Arno, coté Democrazia Cristiana. NdR)
Fuori da Firenze il sindaco gode delle simpatie di Oscar Farinetti patron di Eataly (che ha aperto uno store proprio a Firenze, negli spazi della libreria Martelli da poco chiusa), ovviamente Giorgio Gori fondatore dell'impero Magnolia, poi il presidente di De Agostini Pietro Boroli, il vicepresidente del gruppo Viacom International Media Network, Alessandro Campo Dall'Orto). O stilisti fiorentini come Ermanno Scervino, Ferruccio Ferragamo e Roberto Cavalli, amici di Renzi.
Qualcuno, come il tesoriere dei Ds Sposetti, uno che di soldi e partiti ne sa parecchio, ha evocato finanziatori americani e israeliani per Renzi. Dei rapporti di Carrai con l'intellighenzia politica a Washington si è detto. L'altro attivo, sulla sponda «dem», è Giuliano Da Empoli, già assessore di Renzi e inventore di parecchie idee renziane. Da Empoli ha rapporti con Matt Browne, già direttore del think tank politico di Tony Blair e oggi nel Center for American Progress del clintoniano John Podesta.
Giovanna Cordero Folonari, proletaria
Mentre per spiegare il favore della stampa Usa su Renzi (il Time lo dipinse addirittura come l'Obama italiano), si fa il nome, come tramite, della Baronessa Beatrice Monti della Corte Rezzori, presidente della Sant Maddalena Foundation di Firenze (finanziata prima dalla Provincia ora dal Comune, sempre con Renzi), che ogni anno organizza un premio letterario Von Retzori con giornalisti e scrittori americani. Sui finanziatori ebrei, siamo probabilmente nella fantascienza. Ma forse, al rottamatore più amato da nobili e finanzieri, non servono neppure.
...un giorno tutto questo sarà mio...
(Credits: abbiamo attinto a Bracalino, Dago, Archivi de l'Espresso, Repubblica, l'Unità, Corsera, Il Fatto, ANSA)
Scritto il 30 marzo 2014 alle 15:25 nella Economia, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (17)
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28 marzo 2014
Qualcosa di sinistra: Alexis Tsipras, il Papa Straniero. Perchè no?
Ha riunito le anime frammentate deluse dal Pd. Che sognano una Ue diversa. E possono togliere voti a Grillo e Renzi (di Marco Damilano - l'Espresso)
C'è un pezzo di Italia che non teme, anzi, vorrebbe fare la fine della Grecia, intesa come sinistra, qui rimasta irrilevante a rimpiangere Enrico Berlinguer, lì, verso l'oriente del Mediterraneo, quotata dai sondaggi in zona trenta per cento, il primo partito. Al punto di meditare la conclusione della campagna per le elezioni europee in piazza San Giovanni, trent'anni dopo i funerali del segretario del Pci. Una parte di Italia che sogna di ballare con il suo leader Alexis Tsipras, e non il sirtaki: appuntamento il 30 marzo all'ostello della Ghiara a Reggio Emilia, gli organizzatori promettono una serata di tango «per l'altra Europa» e forse anche una milonga, verde come quella di Paolo Conte, del colore dei miraggi.
Un miraggio appare vincere la prova delle elezioni europee, superare l'ostacolo della raccolta delle firme, la soglia di sbarramento del quattro per cento, la concorrenza del Movimento 5 Stelle sull'elettorato anti-Europa di Bruxelles, e sconfiggere il nemico storico della sinistra italiana: la discordia interna. Mica facile: nelle cronache delle ultime settimane rimbombano le separazioni clamorose, gli addii sdegnati come quello di Paolo Flores d'Arcais e del papà di Montalbano Andrea Camilleri, subito dimissionari dal comitato dei garanti: «Siamo stati tagliati fuori da ogni discussione e decisione. Compresa quella rilevante che alla conferenza stampa non partecipassero più, come stabilito, tutti i garanti ma esclusivamente Barbara Spinelli»
(...beh... non tutte le defezioni vengono per nuocere... Per esempio Flores d'Arcais... Una delle ragioni di perplessità verso la lista Tsipras era per me la presenza di Flores d'Arcais, che negli vent'anni ha sponsorizzato tutti i cazzarismi: da Di Pietro al Popppolo Viola, da Ingroia a Grillo. La sua uscita è per me un incentivo a pensare seriamente di orientare uk mio voto verso la Lista Tsipras, se nascerà. Farei qualsiasi cosa, pur di togliere voti all'alleato di Angelino Alfano e della Signora Nunzia Di Girolamo... NdR)
Rumori di porte sbattute che oscurano la novità di una lista che per la prima volta cancella dai simboli sulla scheda elettorale la parola sinistra, ma si propone di rivitalizzarla, che si batte contro i vincoli europei, il Fiscal Compact, l'imposizione del pareggio di bilancio alle economie nazionali, ma si candida sotto la bandiera di un leader che arriva da un altro Paese. «È una fortuna che Tsipras non sia italiano, decide senza farsi condizionare dalle nostre divisioni», spiega Massimo Torelli, l'uomo-macchina dell'organizzazione. Il leader straniero è un vincolo esterno che prova a rendere virtuosa e unita la più litigiosa e frammentata sinistra europea. Per trasformarla in un fronte unitario serviva un ordine arrivato da fuori. Uno Tsipras compact.
Tutto comincia quando, in autunno, i promotori di Alba (acronimo che sta per Alleanza lavoro benicomuni ambiente), il movimento nato all'indomani del vittorioso referendum contro la privatizzazione dell'acqua nel giugno 2011, incontrano una delegazione di Syriza, sigla che sta per coalizione della sinistra radicale, il partito di Tsipras, e apprendono che il leader greco intende candidarsi in vista delle elezioni per il Parlamento di Strasburgo alla presidenza della Commissione europea, alla testa di un insieme di liste nazionali. Dopo due settimane il progetto decolla, con il primo appoggio decisivo, il sì al progetto di Barbara Spinelli, editorialista di "Repubblica", figlia di Altiero Spinelli che negli anni Quaranta dal confino fascista nell'isola di Ventotene aveva sognato l'Europa unita:
«Guardavo sparire l'isola nella quale avevo raggiunto il fondo della solitudine, avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili… Con me non avevo per ora, oltre che me stesso, che un Manifesto, alcune tesi e tre o quattro amici…».
Spinelli è uno dei miti di Tsipras, si parla di un suo pellegrinaggio a Ventotene (l'altro, manco a farlo apposta, è Berlinguer, c'è un suo manifesto nell'ufficio del leader greco). E Barbara è la compagna ideale di questo viaggio che fino a una settimana fa è somigliato a un'odissea nelle faide di quella che fu la sinistra radicale italiana. Gli orfani di Fausto Bertinotti contro i nipotini di Armando Cossutta. I rifondaroli di Paolo Ferrero e i superstiti del disastro Rivoluzione Civile, la lista dell'ex pm Antonio Ingroia che aveva fatto flop alle elezioni del 2013, un misero 2,2 per cento alla Camera. Gli uomini di partito e i professori. Tra gli intellettuali, l'immancabile catalogo di rivalità e di vanità personali, stuzzicate e offese. E poi apparatini, reduci da mille sconfitte, imbalsamati nelle ideologie negli anni Settanta.
Il primo miracolo del leader greco è stato di non spaventarsi di fronte a quel che resta delle leadership della sinistra italiana. E di aver imposto una regola capestro: nessun leader di partito nazionale o locale, nessun euro-parlamentare uscente candidato nella lista. Con un comitato di garanti a scegliere i nomi dei settanta in corsa tra circa duecento proposte arrivate dalle associazioni o da una raccolta di firme on line (ne servivano cinquanta): oltre alla Spinelli, il politologo Marco Revelli, il sociologo del lavoro Luciano Gallino, l'economista Guido Viale, il direttore di "Micromega" Flores d'Arcais e lo scrittore Camilleri. Più Tsipras, o meglio il suo rappresentante in Italia, il giornalista Argiris Panagopoulos che gli fa da interprete nei comizi come quello affollato del teatro Valle di Roma.
Nel comitato si litiga, ci si divide sui nomi, la candidatura del no global del G8 di Genova 2001 Luca Casarini è osteggiata da Flores, l'europarlamentare uscente Sonia Alfano è bloccata dal resto del comitato, l'ambientalista Antonia Battaglia che si batte a Taranto contro i veleni dell'Ilva lascia perché tra i candidati ci sono gli esponenti di Sel del governatore pugliese Nichi Vendola (di cui è stato chiesto il rinvio a giudizio per disastro ambientale), si ritira anche un'altra candidata, l'imprenditrice siciliana Valeria Grasso, alla fine mollano anche Flores e Camilleri. Il Pdci, il partitino dei comunisti italiani, si era sdegnosamente allontanato da tempo. E dentro Sel sulla lista Tsipras all'ultimo congresso c'è stato uno scontro tra l'anima più vicina al Pd di Gennaro Migliore e quella movimentista di Nicola Fratoianni. Ha prevalso quest'ultima, con la rinuncia dolorosa di Vendola a candidarsi.
Cosa resta? Un mix originale di vecchio e nuovo. «Si è creata un'inversione di tendenza: in altri Paesi europei come la Spagna o la Germania i movimenti chiedono ospitalità ai partiti della sinistra tradizionale, Izquierda Unida o Linke, qui da noi i partiti hanno ceduto il posto alle associazioni e ai movimenti», spiega Torelli che guida il comitato organizzatore nella sede di via San Martino della Battaglia in cui convivono l'ex braccio destro di Bertinotti Alfonso Gianni, uomini della Cgil come Corrado Oddi e i giovani cresciuti negli anni Duemila nei movimenti no global e della pace e nei comitati sui beni comuni. Nelle liste ci sono i no Tav come Nicoletta Dosio e l'attore Moni Ovadia, gli scrittori Ermanno Rea, Franco Arminio, Loredana Lipperini, Valeria Parrella, il giornalista di "Repubblica" Curzio Maltese e l'ex direttore del "Manifesto" Sandro Medici, la regista Lorella Zanardo e il portavoce dei movimenti studenteschi Claudio Riccio. Protestatari, intellettuali ad alto tasso radical chic, ma anche operai, sindacalisti Fiom, vecchia sinistra e neo-azionisti. Vecchio e nuovo, la novità è soprattutto lui, il leader venuto dal Mediterraneo, «Tsipras è giovane, bello, epico come i trecento alle Termopili, non scappa di fronte all'Europa, vuole rivoluzionarla», si scaldano i suoi seguaci, emozionati come se fossero renziani alla stazione Leopolda per il loro leader.
Per ora è un entusiasmo che coinvolge platee di iniziati, i primi sondaggi danno la lista in difficoltà, sotto il quattro per cento necessario per far scattare il seggio. Con più ottimismo si può puntare al cinque per cento, la somma dei voti di Sel e di Rifondazione, la quota minima per non gridare al fallimento. Ma che ci siano potenzialità di crescita lo conferma la prudenza con cui l'arrivo sul mercato elettorale della lista Tsipras è stato accolto dai concorrenti. Nel Pd di Matteo Renzi la parola d'ordine della campagna elettorale, almeno in apparenza, sarà la stessa: un'altra Europa. Ma non basta evocarla, una parte di elettorato del Pd potrebbe essere tentato di guardare a sinistra. Il senatore del Pd Mario Tronti scrive sull'"Unità" di aver firmato per consentire la presentazione della lista Tsipras alle elezioni europee: «Non solo io, tutto il Pd dovrebbe mobilitarsi perché la lista possa raggiungere le 150mila firme necessarie. Il nemico è comune: i populismi, i nazionalismi, i localismi». E tra i sostenitori di Pippo Civati, l'ala sinistra del Pd, è forte la tentazione di dare un segnale di dissenso al giovane neo-premier che annuncia sfracelli ma intanto governa con Angelino Alfano.
Ma la vera battaglia elettorale si svolgerà su un altro fronte. «A me piace Tsipras, ma non capisco gli intellettuali italiani che hanno bisogno di votare per lui, qui ci siamo già noi», ha finto di meravigliarsi Beppe Grillo intervistato da Enrico Mentana a "Bersaglio Mobile". Segno che il leader del Movimento 5 Stelle individua nella lista un rivale da non ignorare. E si capisce il motivo scorrendo il programma della lista Tsipras, la lotta all'austerity modello tedesco, l'altra faccia dei populismi stile Marine Le Pen che spaventano le cancellerie europee, la sospensione del fiscal compact, la richiesta di una conferenza europea sul debito, su modello di quella che nel 1953 consentì alla Germania di risollevarsi dal disastro del conflitto mondiale.
L'idea piace anche all'ex comico che la propaganda, tra i due movimenti ci sono somiglianze ma anche una profonda diversità: Tsipras si candida a guidare l'Europa, Grillo ad abbatterla, nella sua forma attuale, almeno. A sinistra c'è grande dibattito su come posizionarsi rispetto al movimento grillino. «È sbagliato paragonare 5 Stelle al Fronte nazionale di Le Pen, in Italia Grillo intercetta la rabbia sociale ma evita che finisca in un voto di estrema destra», spiega la Spinelli, ma non tutti nella sua formazione la pensano così. E tra i candidati spunta l'economista Mauro Gallegati (1), feroce critico delle politiche di austerità di Bruxelles e della Banca centrale europea: fino a qualche mese fa era uno dei beniamini tra i frequentatori del blog di Grillo, oggi corre con Tsipras in aperta contrapposizione con M5S, «sono sicuro di raccogliere i voti di Grillo e di Roberto Casaleggio, non saranno decisivi, ma ci conto molto».
Questione di identità. Cos'è la lista Tsipras, un'operazione nostaglia con un leader greco ma al fondo molto italiana, come sembrerebbe far immaginare il progetto di un comizio finale del leader greco in piazza San Giovanni, dove la sinistra festeggiava i suoi trionfi e che un anno fa fu occupata dal popolo di Grillo? Oppure è una formazione nuova che vuole cambiare l'Europa e sfida l'establishment come a destra Le Pen in Francia e in Italia M5S, basso contro alto prima che destra contro sinistra? Tocca al papa straniero salvare le ragioni di un elettorato oggi stretto tra il ciclone Renzi e l'onda Grillo. Fare come in Grecia, per non finire come in Italia, che paradosso per la nostra sinistra disorientata.
Marco Damilano
(1) Già... Mauro Gallegati. Quello che la "Signora del Web" aveva arruolato "a sua insaputa" fra gli economisti di fede grillina, fautori dell'uscita dall'euro... Qualcuno ricorderà le polemiche con la Signora, delle quali credo comunque che non freghi niente a nessuno. Ma se qualcuno fosse invece interessato dall'arruolamento "a sua insaputa" di Mauro Gallegati fra i "No Euro", può rinfrescarsi la memoria rileggendo questo post
Scritto il 28 marzo 2014 alle 19:23 nella Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (12)
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21 marzo 2014
Signore, tu che tutto puoi, liberaci da tutti i mattei di questa terra!
Non si fa in tempo a metabolizzare il Vangelo secondo Matteo Renzi, che arriva un altro Matteo, se possibile ancor più "diversamente intelligente"... Ecco di cosa ci informa stamattina, per rovinarci la giornata, tale Matteo Ricci, Vicepresidente (nientemeno!) di ciò che resta del Partito Democratico:
Matteo Ricci: "Proporrò il nome del premier Matteo Renzi sul simbolo del Pd per le elezioni europee" (Fonte: Huffington Post)
Ma da dove salta fuori, costui? Abbiamo passato vent'anni a lottare contro i "partiti personalli", col santino del leader sul simbolo del partito, e adesso arriva questo Carneade, e vorrebbe ridurre il PD in queste condizioni... E senza capire che rischierebbe di perdere anche quelle frange di piddini non renziano, che a mettere una croce su "PD" ci riuscirebbero - forse - ancora. Turandosi il naso. Ma che a mettere una croce sulla faccetta da coniglietto dell'altro Matteo proprio non ce la farebbero, neanche sotto tortura...
Intanto consiglio ai renzini da riporto (quelli che "Renzi è l'unico capace di portare il PD alla vittoria") a dare uno sguardo all'ultimo sondaggio della iXé.
Sembrerebbe (dico senbrerebbe) che solo nell'ultima settimana il PD abbia perso 0,8 punti.
Sembrerebbe (dico sembrerebbe) che l'obiettivo "simbolico" che Renzi si poneva per le europee (30%) si allontani sempre più.
Sembrerebbe (dico sembrerebbe) che il PD di Renzi viaggi verso il 28,4%, dopo essere stato per mesi - prima dell'avvento dell'età dell'oro - oscillante fra il 30,5 e il 31,5%.
Sembrerebbe (dico sembrerebbe) che nel voto alle coalizioni il centro sinistra abbia ormai un vantaggio - inferiore al margine d'errore - di circa mezzo punto sul centrodestra, dopo aver fatto registrare per mesi un vantaggio di 4/5 punti.
PROVERBIO NON CINESE: "chi troppo in fretta sale, sovente cade, precipitevolissimevolmente". Specialmente quando trattasi di un ometto "tutto chiacchiere e distintivo"
Scritto il 21 marzo 2014 alle 12:30 nella Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (9)
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19 marzo 2014
L’imbroglio della spending review (Una cagata così potevo suggerirla anch'io, gratis. Ma forse mi avrebbe fermato la vergogna)

Cambiano i premier, dalla ben remunerata poltrona di tagliatore del walfare (altrui) scende Bondi e sale Cottarelli, ma la solfa non cambia. Se la politica si affida ai ragiunatt (sia pure di lusso, almeno quanto a retribuzione) non possono che venir fuori minchiate simili. No, non è colpa sua, Cottarelli. Non se la prenda. Quando in azienda affidavamo una ben remunerata consulenza ad un esterno, e la ciambella non riusciva "col buco", la colpa era del ragiunatt, esattamente nella stessa misura di era di chi "aveva fatto il briefing".
Io non so (non posso sapere) se Renzie le abbia dato un briefing, e quale. Se così non fosse, avreste sbagliato in due. Renzi a dare un incarico senza chiarire quale fosse l'obiettivo, e quali fossero i limiti entro i quali muoversi, e lei ad accettare un incarico indefinito in tutto (tranne, forse, che nella sua remunerazione).
Non penso che fra due c.d. "persone di vertice" possa essere accaduta una minchiata simile (altrimenti sareste da licenziare in tronco entrambi). Quindi restano in piedi due ipotesi:
-A) Renzi le ha dato l'incarico di tagliare, tagliare, tagliare, senza preoccuparsi di quali elementi avrebbe colpito. E così (se n'è accorta persino Repubblica!) ha trovato "facile e poco pericoloso colpire i soliti noti, già colpiti da anni. I pensionati (per i quali si vuole fermare quella farsa di "indicizzazione" che esisteva, e che Letta aveva deciso di ripristinare, seppur con mille limiti); poi una sforbiciata alle pensioni di quei crapuloni che prendono più di 2000 euri lordi al mese (più di 1400 netti!); e per i "super-crapuloni" come il sottoscritto blocco totale delle indicizzazioni (che peraltro è già in vigore da anni) e magari una "sforbiciatina" supplementare, chiamata "contributo di solidarietà" - che non si vede perchè dovrebbe essere pagato da una sola categoria di percettori di reddito. Poi un'altra bella sforbiciata a quelle riccastre di vedove (pensioni di reversibilità) che già adesso, alla morte del coniuge, si vedono decurtare la pensione del 40%.
Vede, ragiunatt, se lei avesse una minima idea di come siano ripartiti i costi fissi e quelli diretti in un ménage a due, capirebbe che la stragrande maggioranza delle spese sono fisse: affito o mutuo, spese condominiali, aiutini ai figli e ai nipoti... Insomma, quel viveur del defunto non consumava il 40% della pensioncina in pastine glutinate e cravette di Gucci... Ma tanto, cosa gliene frega, a lei a al Fonzie? I pensionati non possono scioperare, e non hanno la forza di sdraiarsi su un'autostrada o sui binari e inchiodare l'Italia. Sono un peso morto, e prima crepano, meglio è per i conti pubblici. Peggio per loro, e peggio per quel 44% di giovani disoccupati, che spesso sopravvivono solo grazie alle "frattaglie" delle pensioni dei genitori e dei nonni.
-B) Oppure Renzi le ha dato l'incarico di tagliare, tagliare, tagliare, ma a patto di non toccare i ceti di riferimento. Vogliamo dirla più chiaramente? Dove sono i limiti agli stipendi d'oro dei boiardi di stato? Per capirci: c'è qualche Rag. Cottarelli che ha proposto che i Ragionieri Cottarelli non possano guadagnare più di Barak Obama? No? Piccola dimenticanza???? E quella vergogna di qualche miliardata prevista per il "rientro dei capitali" cos'è, l'ennesima lurida marchetta agli evasori fiscali, agli esportatori di capitali, ai falsificatori di bilancio? Ci spiega di cosa si tratta? del solito "scudo fiscale" al quale lei e il renzino cambierete nome?
E veniamo al problema vero, e più vergognoso. Cani, porci, premier e ragiunatt sanno - o dovrebbero sapere - che il problema italiano è UNO SOLO: basso, reddito, e quindi bassi consumi, aziende in difficoltà, occupazione che cala da anni, nonostante tutti vedano le lucine.
E allora cosa immagina, il nostro ggeniale e ggiovane premier, supportato dal ggeniale ragiunatt? Ma certo! l'ennesimo mucchio di provvedimenti "ad cazzum", accomunati da due matrici comuni:
-a) La disumanità - Vietato toccare la casta. Al massimo, i ceti medi. Pensionati, vedove, via l'indennità di accompagnamento ai crapuloni da 25000 euro annuali all'anno con un malato non autofussiciente, 85.000 licenziamenti fra gli impiegati, i dirigenti non si toccano, i pletorici CdA neppure, e avanti tutta, verso il medioevo. Ma vi rendete conto delle cazzate che sparate? Ragioniere, le hanno spiegato cosa significhi 25.000 euro lordi all'anno? Gliedo dico io, ragioniere, perchè lei non l'ha detto: significa 1500 euro netti al mese per 12 mensilità. Insomma, un lauto introito che permette tranquillamente, ai disgraziati con un disabile in casa, di pagarsi una badante occupata h24, o una casa di degenza da 4000 euro al mese. E che ce vò???
-b) La scemenza - Perchè in un paese che ha bisogno di risollevare i consumi più di ogni altra cosa, si propone di tagliare, tagliare, tagliare, proprio in quei ceti medio-bassi che se hanno due lire in più non possono far altro che spenderle. E si propone - senza vergogna - di licenziare 85.000 persone.
Ragioniere, cosa pensate di farne, lei e Renzi, di questi nuovi 250.000 poveracci (i licenziati e i loro familiari)? di mandarli a vivere ai cartoni sotto un cavalcavia? Oppure di trovare il modo - a botte di eufemismi come pensionamenti anticipati, casse integrazioni, scivoli e quant'altro - di consentire loro di sopravvivere? E in tal caso, dove sarebbe il risparmio? Se 2000 euro si chiamano "stipendio sono un costo, e se si chiamano "scivolo" non lo sono? E per "eventuali 300/400 euro di differenza fra stipendio e pensione riununciamo alle prestazioni d'opera? Non sono utili nelle mansioni attuali? E spostarli a mansioni più utili, no? Sarebbe una cosa col peccato mortale dell'intelligenza? Ci faccia capire.
Infine: piantatela, per piacere, con scemenze demagogiche alla "venghino siori venghino" di renziana creazione (senza vergogna) per dare il grande annuncio della vendita all'asta di 100 (CENTO) auto blu usate, in un parco da oltre 60.000 auto. Queste cose hanno fatto ridere persino la mia colf albanese, che non ha completato le scuole dell'obbligo, ma che potrebbe dare lezioni di buonsenso sia ai premier che ai ragiunatt.
Caro ragiunatt, quando un giornale come l'Unità che è stato (non so se lo sia ancora) lo storico giornale della sinistra, arriva a mettere in pagina l'articolo che le posto in calce, credo che sia i ragiunatt che i "premier per caso", non eletti da nessuno, dovrebbero avere il buonsenso di fermarsi a riflettere. Trovo in questi proclami senza capo né copa tutta l'idiozia di twitter. Non si risolvono i problemi della gente con un tweet. E' ora che qualcuno ci dica dove prende i soli, a chi, per farne cosa. E non basta il rito del tweet delle 07:00 del mattino, che ha la stessa, identica valenza semantica della "luce accesa tutta la notte a Palazzo Venezia".
Siamo cresciuti, caro ragiunatt. Vediamo di crescere anche dalle parti di Palazzo Chigi. Tafanus
L'imbroglio della Spending review (Fomte: Claudio Visani - l'Unità)
La chiamano in inglese, spending review. In italiano, revisione della spesa, farebbe già un altro effetto, più preciso e vicino alla realtà. Gli ultimi governi – da Berlusconi a Monti, da Letta a Renzi – se ne riempiono la bocca. Il nuovo premier la chiama spending e basta. Forse perchè così dà l’idea della spesa e non della revisione.
Per i disastrati bilanci dello Stato e i disperati tentativi di acquisire risorse per tentare il rilancio della nostra asfittica economia, è diventata la panacea di tutti i mali, il jolly da giocarsi su tutti i tavoli della ripresa. Ma nella realtà è un grande inganno. Giacchè, in generale, non di sola razionalizzazione della spesa pubblica si tratta, che sarebbe cosa buona e giusta, bensì di tagli spesso selvaggi al welfare e di un ulteriore inaccettabile attacco ai redditi medio bassi, alle famiglie più disgraziate e alle pensioni. Perché i tagli dei costi della politica, la vendita delle auto blu, la lotta agli sprechi ministeriali sono sì sacrosanti e da perseguire, ma incidono pochissimo nel mare magnum del nostro deficit: sono “sbagiuzze”, come dicono a Bologna. Perché il gettito vero, la cassa, si fa pescando proprio lì, nei milioni di famiglie a medio e basso reddito, tra i pensionati, tra gli sfortunati che consumano più sanità e servizi sociali.
A leggere le anticipazioni e le proposte del piano Cottarelli che il governo Renzi si appresta a fare suo – e da quanto si può capire nella versione extra-large per trovare i soldi necessari a onorare la promessa dei mille euro l’anno in più in busta paga a chi ne guadagna meno di 25mila – c’è da trasecolare. Si va da un nuovo blocco del turn over e delle retribuzioni nel pubblico impiego (misure in vigore giá da 5 anni) con l’obiettivo di rottamare 85mila dipendenti, a un nuovo assalto alle pensioni (con il blocco delle indicizzazioni per quelle che superano i 1.400 euro al mese e un prelievo forzoso a quelle che superano i 2.000-2.500 euro al mese), fino ai vergognosi tentativi di colpire le reversibilità pensionistiche alle vedove e agli orfani e di togliere gli assegni di accompagnamento a chi ha la disgrazia di avere un disabile in famiglia.
Nel primo caso, si pensa, addirittura, di togliere la pensione alle vecchiette che hanno avuto un marito caduto o disperso nell’ultima guerra, oltre che di ridurre o annullare l’assegno che oggi spetta (dal 20 al 60% della pensione) a chi ha perso il coniuge, il padre o la madre, semmai morti dopo vite di lavoro e contributi versati senza potersi godere l’agognata pensione. Nel secondo si prospetta di cancellare l’indennità a chi deve assistere un genitore malato di alzheimer o un figlio in carrozzina ma ha un reddito personale superiore a 30mila euro o famigliare superiore a 45mila euro.
E questa sarebbe razionalizzazione della spesa? No. La chiamano spending rewiev, ma è l’ennesimo imbroglio ai danni dei poveretti. E sarebbe particolarmente odioso se a sostenere il piano, o a non correggerne almeno i tratti di palese ingiustizia sociale, fosse il governo presieduto dal segretario del Pd, ovvero di un partito che dovrebbe difendere in primis le categorie che la spending review vuole colpire, oltre che i valori della sinistra.
Data:2014-03-19
Tafanus
Scritto il 19 marzo 2014 alle 22:18 nella Economia, Lavoro, Leggi e diritto, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (32)
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13 marzo 2014
Marco Carrai: "pagavo io l'affitto a Matteo Renzi"
Il mistero della residenza fiorentina del premier Matteo Renzi, di cui Libero sta scrivendo da alcuni giorni, ha finalmente trovato risposta a un importante interrogativo: chi ha pagato l'affitto di casa Renzi. Si tratta del suo amico, consigliere e finanziatore Marco Carrai, trentanovenne di Greve in Chianti (Firenze), dove, secondo la Camera di commercio, risiede ufficialmente. Carrai in una lettera inviata al direttore Maurizio Belpietro scrive:
Agnese Renzi e Marco Carrai
«Quanto all'affitto di via Alfani, a me intestato e regolarmente registrato, l'ospitalità che ho dato a Matteo Renzi, amico da anni, gli ha consentito di mantenere appoggio e residenza a Firenze durante la sua funzione di Sindaco». Bisogna precisare che non esiste nessuna legge che costringa un primo cittadino a risiedere nella città che amministra. Soprattutto quando la villetta dove vivono moglie e figli dista da Palazzo Vecchio, sede del comune di Firenze, pochi chilometri.
Secondo un noto sito Internet per percorrere i 19 chilometri che separano piazza della Signoria 1 da via del Capitano a Pontassieve (attuale residenza di premier e famiglia) si impiegano 3,42 euro di carburante e 41 minuti di tempo. Uno sforzo sopportabile anche per un pendolare vip. Eppure Matteo Renzi, divenuto sindaco, l'1 ottobre 2009 trasloca, al prezzo di mille euro al mese, in una mansarda a 400 metri dal suo ufficio.
Una cifra che diventa presto insostenibile per il suo bilancio famigliare, visti i mutui da pagare, lo stipendio (di circa 4.900 euro netti al mese) e la condizione di lavoratrice precaria della moglie Agnese. Patemi che confida ai padroni di casa, prima di andarsene. Cosa fa allora Renzi? Ritorna nella sua villetta di Pontassieve? Assolutamente no.
Si trasferisce a un chilometro da piazza della Signoria in un attico di cinque vani in via degli Alfani 8, magione perfettamente ristrutturata con travi a vista, soppalco in legno e suggestiva vista su Firenze. Un appartamento dove l'attuale presidente del Consiglio resta ufficialmente per 34 mesi circa, dal 14 marzo 2011 al 22 gennaio 2014, giorno in cui escono su Internet le prime malevole indiscrezioni sulla sua residenza. Interpellati da Libero, per alcuni giorni, né il proprietario della casa, l'imprenditore Alessandro Dini, né Carrai, hanno voluto dire a chi fosse intestato il contratto di locazione, né chi pagasse la pigione.
Adesso Carrai ammette che Renzi era suo ospite, ma non dice se quella fosse la sua abitazione (ufficialmente risiede a Greve) o se sia stata appositamente affittata per dare un tetto al «povero» Matteo. Interrogativi che gli abbiamo posto via email e ai quali non ha voluto rispondere. Qualcuno obietterà che non c'è niente di male a dare ricovero a chi non se lo può permettere, ma è altrettanto vero che la questione diventa scivolosa se l'«affittacamere» prima e dopo ottiene incarichi pubblici o appalti dall'amministrazione guidata dall'ospite. Bisogna infatti ricordare la storia di Carrai. Oggi è universalmente riconosciuto come il principale procacciatore di finanziamenti di Renzi, ma i suoi esordi sono stati diversi.
MATTEO RENZI CON LA MOGLIE AGNESE
La Corte dei conti in una sentenza del 2011 contesta i profili professionali di alcuni collaboratori di Renzi, ai tempi in cui era presidente della provincia. Tra i quali quello di Carrai, chiamato nel 2004 a coordinare lo staff di Matteo. I giudici contabili mettono in evidenza che l'allora 29enne indica «la mera qualità di iscritto alla Facoltà di economia e commercio», mentre ai dirigenti è richiesta la laurea. Da lì in poi il cursus honorum di Carrai decolla. Dal 2005 al 2010 è l'amministratore delegato di Florence multimedia, task force comunicativa della Provincia voluta da Renzi e oggi sotto indagine presso la Corte dei conti. Dal 2009 all'8 ottobre 2013 è amministratore delegato di Firenze parcheggi, controllata al 49,47% dal Comune.
Nell'aprile 2013 diventa presidente dell'Aeroporto di Firenze, una nomina decisa, per un accordo tra soci, dal municipio. Carrai siede anche nel cda della fondazione dell'Ente cassa di risparmio che nel 2012, tra le polemiche, ha investito 10 milioni di euro nei fondi di Algebris, finanziaria gestita da Davide Serra, uno dei maggiori sponsor di Renzi. Carrai fa anche parte del consiglio direttivo della renziana Fondazione Open e socio fondatore dell'associazione Noi link, che ha gestito la raccolta fondi delle campagne elettorali del premier prima della nascita di Open. Non basta.
«Marchino» dal 2010 è anche presidente della D&C, di cui detiene il 50% delle quote. Nel dicembre 2011 il Comune di Firenze decide di realizzare un servizio «audio-video-guida multimediale su tablet» per il Museo di Palazzo Vecchio. I funzionari del Comune individuano due possibili strade per gestire la gara, la prima attraverso i propri uffici e la seconda, «che appare di più facile e veloce attuazione», attraverso l'associazione Museo dei ragazzi, presieduta dall'ex dipendente della Florence Multimedia Matteo Spanò. L'Associazione invece di indire una gara con bando, chiede un preventivo a cinque società, possibilità prevista dalla legge.
A inizio 2012 vince la C&T Crossmedia controllata al 51 per cento dalla D&C di Marco Carrai e Federico Dalgas. Carrai, dal 2013 presidente anche di C&T Crossmedia, sostiene che l'affidamento fu perfettamente regolare. È certamente vero. Va sottolineato, però, che recentemente il ministero dei Beni e delle attività culturali ha deciso di indicare come prassi per la concessione di servizi museali la gara con bando a discapito della procedura con richiesta di preventivi, considerandola poco rispettosa della concorrenza. A maggior ragione se a vincere è la società controllata dall'«amico da anni» e affittacamere del committente.
MATTEO RENZI NEL CANDIDATO SINDACO A FIRENZE
"SU DI ME FALSITÀ - L'HO OSPITATO PER AMICIZIA" (Lettera di Marco Carrai pubblicata da ‘Libero Quotidiano')
Egregio direttore, tra le numerose informazioni imprecise e inveritiere degli articoli di Giacomo Amadori di martedì e ieri, trovo scritto (martedì) che C&T Crossmedia avrebbe ottenuto nel 2013 una fornitura dai musei fiorentini «senza bando pubblico», cioè in sostanza senza passare da una gara. La notizia è stata ripetuta ieri, con un titolo che induce il lettore a credere che gli appalti li ottenesse addirittura direttamente Carrai (altra falsità), con l'aggiunta che la fornitura sarebbe stata aggiudicata «senza evidenza pubblica». Trattasi di informazione falsa.
L'associazione Museo dei Ragazzi, incaricata di seguire il servizio di audiovideoguida multimediale del museo di Palazzo Vecchio, ha ufficialmente eseguito un'indagine di mercato e individuato 5 aziende alle quali è stato richiesto di presentare un'offerta. Tra esse, Crossmedia (società nella quale non avevo alcuna carica e a cui non partecipavo neppure direttamente) è stata ritenuta, nel gennaio 2012 e non nel 2013, la migliore.
Sono state pertanto seguite le procedure del Codice dei Contratti Pubblici per l'affidamento di servizi di quel valore. Quanto all'affitto di Via Alfani, a me intestato e regolarmente registrato, l'ospitalità che ho dato a Matteo Renzi, amico da anni, gli ha consentito di mantenere appoggio e residenza a Firenze durante la sua funzione di Sindaco.
Sul contenuto e il modo in cui queste e altre informazioni (o piuttosto disinformazioni) sono state presentate negli articoli in questione, mi riservo di tutelarmi nei modi che riterrò opportuni.
Marco Carrai
LEI HA INCARICHI PUBBLICI - DEVE CHIARIRE (Maurizio Belpietro per ‘Libero Quotidiano')
Gentile Signor Carrai, la ringrazio per la sua cortese lettera. Da giorni il nostro Giacomo Amadori cercava di venire a capo della strana storia dell'appartamento in cui per qualche anno ha risieduto il presidente del Consiglio quando era sindaco di Firenze. Purtroppo senza successo, perché né lei né altri, nonostante le numerose telefonate, avevate trovato il tempo di rispondere alle sue domande. Adesso, grazie alla sua lettera, uno dei misteri che aleggiava intorno alla faccenda è chiarito: l'affitto dell'abitazione di via Alfani non era pagato da Matteo Renzi, che pure vi aveva trasferito la residenza, ma da lei.
Nella lettera lei scrive: gli ho dato ospitalità, essendo l'ex sindaco del capoluogo toscano un mio amico da anni. Tutto chiarito dunque? Sì e no. È chiaro che a pagare era lei, ma non è chiaro perché lei abbia voluto affittare un appartamento per poi darlo a titolo gratuito a un suo amico. Quella casa non era la sua residenza ufficiale, né i vicini l'hanno mai vista lì. Né vi ha risieduto quando Renzi ha deciso di lasciare l'alloggio (e di spostare la residenza solo dopo che qualcuno cominciò a far domande riguardo al fatto che aveva lasciato Pontassieve per Firenze). Dunque perché ha affittato l'appartamento? Un gesto di generosità nei confronti di un amico? Ma lei oltre ad essere un uomo molto vicino a Renzi è anche un uomo d'affari, un manager. O meglio: lo è da qualche anno, dopo aver lasciato la politica attiva.
Secondo quanto ha scritto mesi fa l'Espresso, «da quando nel 2009 l'amico Matteo è diventato sindaco non si è più fermato», divenendo amministratore delegato di Firenze Parcheggi, una partecipata del Comune guidato dallo stesso Renzi; membro dell'ente Cassa di Risparmio di Firenze; presidente dell'Aeroporto di Firenze e azionista di una società con Paolo Fresco che si occupa di un progetto immobiliare con appartamenti, resort e beauty farm a Greve in Chianti.
Perché un uomo d'affari, oltre che manager di una società partecipata dal comune di Firenze, pagava l'affitto di un appartamento dato in uso al sindaco di Firenze? A lei sembra una cosa ordinaria che un imprenditore, per quanto amico, si faccia carico del canone di locazione di una persona che ricopre incarichi pubblici? E per di più lo faccia mentre è presidente di una società partecipata dall'ente locale che è guidato dalla stessa persona che usufruisce dell'alloggio?
Non lo diciamo per malizia, ma ricordando che negli anni scorsi altri uomini con incarichi pubblici hanno passato dei guai per vicende legate ad affitti e appartamenti, ci farebbe piacere che lei fugasse ogni ombra, chiarendo che la storia della casa di via Alfani è limpida come l'acqua dell'Arno. Del resto anche ieri il presidente del Consiglio ha tenuto a rimarcare la necessità di essere trasparenti, annunciando che metterà on line ogni spesa della pubblica amministrazione. È chiedere troppo che analoga trasparenza venga adottata per una storia di case, affitti e amici molto stretti, rendendo pubblico il contratto di quell'alloggio e chiarendo i motivi di quella residenza? Attendiamo risposta.
Maurizio Belpietro
(Credits: riprendiamo l'articolo da Dagospia, che ha ripreso materiale dell'inchiesta di Giacomo Amadori per "Libero Quotidiano". Ringraziamo Maria per la segnalazione dell'articolo di Dagospia).
Caro Renzi, ci associamo, nel nostro piccolo, alle richieste di chiarimenti che le sono pervenute, anche se ci riteniamo lontani mille miglia sia da Dagospia che da Libero. Ma sa com'è... ricorda la storia della "moglie di Cesare", che non deve solo "essere", ma anche "sembrare" immacolata? La preghiamo, nom ci deluda. E non ci risponda con un tweet. Credo che la spiegazione dovrebbe essere alquanto più lunga delle 140 battute di rito. Grazie
Tafanus
Scritto il 13 marzo 2014 alle 23:26 nella Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (10)
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11 marzo 2014
La carica dei 101 bastardi - Attento, Fonzie... il destino delle volpi è quello di finire in pellicceria...
Chiunque legga il Tafanus sa che io non sbavo per le quote 50/50, ma preferisco una suddivisione delle candidature che faccia riferimento ad una qualche misurazione dell'impegno complessivo dei due sessi nella politica di base. Quella che spesso si fa non per tornaconto, ma per passione e per spirito di servizio. Penso ad esempio ai tanti consiglieri comunali che prendono 18 euro lordi a seduta, e che spesso rinunciano ache a quei quattro soldi. Ma non è questo il tema di questo post. Il tema è che i soliti bastardi (la banda dei 101 in maschera) ha colpito ancora.
Ma il tema, ancora più importante, è che dobbiamo discutere serenamente, seriamente, dell'inadeguatezza etica e tecnica di chi ci governa. Costui, avendo "odorato" che l'emendamento 50/50 (come pure quello 40/60) rischiava di passare, e avrebbe creato problemi all'ammmore fra Renzi, Berlusconi e Verdini, si è "chiamato fuori", e ha fatto arrivare in aula gli emendamenti pericolosi senza il parere del governo. Se gli emendamenti scomodi per la banda di Arcore passano, è colpa del Parlamento (e con la complicità del voto segreto, nessuno potrà imputare la cosa a nessun altro); se passano, perfetta simmetria: nessuno può accusare nessuno.
Legge elettorale più sballata del porcellum, col "rinforzo" del rinvio della sua entrata in vigore a babbo morto (cioè a Senato riformato o abolito). Perfetto SuperAttak per incollare il culo di Renzi alla poltrona di premier per l'eternità, e dei peones alla "festa" da 14.500 euro al mese: dovranno tornare a fare i professori precari di scuola media, o i ragionieri al CAF delle ACLI. Potremmo dire "amen", se non fosse che per fortuna esistono anche donne coi coglioni, come l'odiata (da Arcore a Frignano sull'Arno) Rosy Bindi. Altra cosa, caro Fonzie, rispetto alle adoranti Boschi e Madia.
Credo che la popolarità di Renzi sia a rischio (?) di crollo verticale. In poche settimane, è riuscito a sbattere la faccia - agitandosi troppo con eccesso di tatticismo - contro Camusso ma anche contro Landini, contro l'Europa, contro le donne del PD ma anche contro molte donne di FI e di altre formazioni; contro Quinzi, ma anche contro l'associazionismo. Attento, fonzie... rischi che alla fine del tourbillon ti restino attaccate solo le bosche tacco 12, i giachetti ex-tutto, le madie senza tom-tom, le serracchiane e le mirte merline. Credi davvero di poter durare con questi fantastici "followers"? Forse su twitter si, ma la vita non è un social, è più complicata delle tue battute cazzare da 140 lettere.
Tafanus
Liste bloccate e quote rosa - La guerra di Rosy Bindi contro Renzi (Fonte: Repubblica)
Che ci fosse in atto "una guerra personale" tra Rosy Bindi e Matteo Renzi si era già capito da tempo. Almeno dai tempi delle primarie tra Renzi e Bersani del 2012, quando tra i due si consumò un'accanita battaglia sulle regole che vide l'allora presidente del partito vincere sul "ragazzino" che aveva osato sfidare l'establishment del partito. Stamattina all'assemblea del Pd a largo Nazareno, la pasionaria del Pd ha affilato le unghie dopo la «profonda ferita» che si è consumata dentro al partito a seguiro dell'affossamento delle quote rosa ieri sera alla Camera.
Con Renzi «ci siamo detti le cose come stanno», ha detto la Bindi utilizzando una uscita laterale per lasciare il Nazareno al termine della riunione tra le deputate e i deputati del Pd con il segretario e presidente del consiglio.
Chi era presente, ha parlato di toni sopra le righe, addirittura incandescenti. Durante il suo intervento, Renzi ha fatto riferimento all'intervista rilasciata dalla presidente della commissione Antimafia a Repubblica, in cui Bindi affermava che il Pd ha sacrificato la lealtà ai valori della Costituzione all'accordo con Berlusconi. Renzi ha sottolineato che l'Italicum non viola la costituzione. Bindi ha ribattutto, dal posto che occupava in fondo alla sala, che lei non ha detto questo. «Il Pd è stato ferito dai 100 voti che sono mancati per far passare la norma antidiscriminatoria», ha detto Bindi al premier che si è lamentato per i distinguo sulla parità di genere. «Noi abbiamo un'idea diversa della democrazia di un uomo solo che fa le cose buone. E se oggi abbiamo un segretario e un premier che crede alla parità, domani potrebbe non essere così».
E' stato a quel punto che il segretario avrebbe chiesto di lasciarlo terminare il discorso, assicurando che poi avrebbe restituito la parola per eventuali repliche.
Già ieri, la Bindi aveva protestato dopo il voto sulla parità di genere. La presidente della Commissione Antimafia, visibilmente turbata, lasciando l'aula, aveva applaudito ironicamente alla volta del ministro Boschi, sbattendole le mani praticamente in faccia. Poi aveva puntato il dito contro i colleghi uomini, richiamando alla memoria un'esperienza non certo edificante per il Partito democratico: «Siamo ancora ai 101? Siamo ancora a quella storia lì?», aveva chiesto Bindi ai colleghi riuniti in un capannello, con esplicito riferimento ai franchi tiratori che affossarono la candidatura di Romano Prodi al Quirinale.
Oggi, un nuovo strappo dopo la bocciatura delle preferenze alla Camera, "figlia" anche questa dell'accordo tra Renzi e Berlusconi. «Credo che le liste bloccate siano inaccettabili. Nella percezione dei cittadini, corrispondono al Porcellum». Poi, lancia la stoccata: «Questa della parità di genere è forse uno dei punti fondamentali. E Renzi non ha dato rassicurazioni neanche per rimediare al senato. Non si è assunto la responsabilità. Questo, in buona sostanza, è uno spagnolo con il doppio turno. Quello che ha chiesto Verdini».
Rosy Bindi, insomma, è furibonda, e non lo nasconde conversando con i giornalisti a Montecitorio. «L'ideale sarebbero i collegi uninominali con primarie obbligatorie per legge. Ma se non c'è questa possibilità non capisco perché, soprattutto dopo la bocciatura di ieri della norma anti discriminatoria, non si possa prendere in considerazione la doppia preferenza», aggiunge la presidente della Commissione antimafia che poi ricorda: «Noi avevamo ritirato emendamenti», come quello sulla rappresentanza di genere e sulle preferenze, «che poi abbiamo ritirato perchè c'erano degli impegni che, poi, non sono stati rispettati».
Quindi, infilza ancora una volta il segretario: «Noi apprezziamo tanto la velocità ma ci hanno anche insegnato che se per fare le cose importanti si cerca di fare anche bene, e di solito il bene in democrazia coincide con il rispetto del pluralismo delle idee, forse si rende al Paese un servizio migliore».
Scritto il 11 marzo 2014 alle 17:25 nella Berlusconi, Leggi e diritto, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (3)
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03 marzo 2014
Il Cav. Cazzuola/2 - Renzi scrive a tutti i sindaci: «Diteci una scuola da riparare»
«Fin dalla prossima settimana arriveranno i primi provvedimenti economici del nuovo Governo». Lo annuncia Matteo Renzi, in una lettera in cui invita gli 8.000 sindaci, che definisce “colleghi”, a segnalare al governo un edificio scolastico da sistemare (Fonte: l'Unità)
Nella lettera il presidente del Consiglio osserva che «stiamo affrontando il momento più duro della crisi economica. Il più difficile dal punto di vista occupazionale». Ma dalla crisi «non usciremo semplicemente con una ricetta economica. No, dalla crisi si esce con una scommessa sul valore più grande che un Paese può incentivare: educazione, educazione, educazione».
Come annunciato nel discorso programmatico alle Camere, il premier muove il primo passo del piano per l'edilizia scolastica: nella lettera invita i primi cittadini a segnalare entro il 15 marzo un edificio scolastico del proprio Comune da ammodernare. Con l'impegno a snellire le procedure burocratiche e a intervenire sul patto di stabilità interno per sbloccare le risorse.
«Caro collega - è l'esordio della lettera - ora la vostra e nostra priorità è l'edilizia scolastica. Non vi propongo un patto istituzionale, ma più semplicemente un metodo di lavoro. Vogliamo che il 2014 segni l'investimento più significativo mai fatto da un Governo centrale sull'edilizia scolastica. Stiamo lavorando per affrontare le assurde ricadute del patto di stabilità interno. Vi chiedo di scegliere all'interno del vostro Comune un edificio scolastico. Di inviarci entro il 15 marzo una nota molto sintetica sullo stato dell'arte. Non vi chiediamo progetti esecutivi o dettagliati: ci occorre - per il momento - l'indicazione della scuola, il valore dell'intervento, le modalità di finanziamento che avete previsto, la tempistica di realizzazione. Semplice e operativo come sanno essere i Sindaci».
Per quanto riguarda il governo, «cercheremo nei successivi quindici giorni di individuare le strade per semplificare le procedure di gara, che come sapete sono spesso causa di lunghe attese burocratiche, e per liberare fondi dal computo del patto di stabilità interna. Ma è fondamentale che nel giro di poche ore arrivino da voi (all'email [email protected] che abbiamo appositamente aperto) una sintetica nota sull'individuazione di un edificio scolastico - uno - che riteniate la priorità del Vostro comune».
Modello di risposta standard, da suggerire al sindaco del vostro paesello: "Caro collega sticazzi, Renzino! Tu sei il primo ministro, nonchè segretario del partito più grande d'Italia. Io invece sono il sindaco di Nerbate sul Membro, e viaggio su una Duna Diesel di terza mano" (segue spazio libero per insulti, vaffanculi ed altre dotte considerazioni).
Una scuola una. Sia per i comuni da 800 abitanti, che per le città sopra il milione di abitanti. Ditemi voi se questo primo-sindaco-cazzuola non è un fenomeno... Ora proviamo ad ipotizzare che di tratti di interventi di media portata (diciamo 100.000 euro per edificio indicato). E "che ccè vo'"... Arriva il sindachino su una slitta di stato blu trainata da renne, direttamente dal suo domicilio di Rovaniemi (Finlandia) con un assegnino da 800.000.000 euro, e intonaca, intonaca, mette a norma, cura i giardini. In 8.000 scuole. Per le altre 80.000, attendere la prossima slitta, che sarà annunciata un mese prima delle prossime elezioni. Tafanus
Scritto il 03 marzo 2014 alle 23:50 nella Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (7)
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02 marzo 2014
Il "Nuovo che Avanza": Antonio Gentile, l'impresentabile imposto a Renzi (che ha calato le braghe) da Angelino Alfano
Voci critiche nel Pd contro la nomina di Antonio Gentile a sottosegretario alle infrastrutture. Due deputati, D'Attorre e Ginefra, e il senatore Mineo chiedono a Renzi di annullare la nomina e mandarlo via. E intanto dal web spunta un'iniziativa del neo sottosegretario: nel 2002, in veste di senatore di Forza Italia, propose che Berlusconi fosse candidato al premio Nobel per la pace (Fonte: l'Unità)
Il deputato del Pd, Alfredo D'Attorre, a margine del congresso Pse commenta: «La vicenda di Gentile non mi sembra edificante e mi sembra inopportuna la sua permanenza al governo. Il quadro di pressioni che emerge sull'editore dell'Ora della Calabria è inquietante» (secondo il quotidiano il politico ha fatto pressioni, risultate vane, affinché non uscisse un articolo su suo figlio, e pochi giorni dopo le rotative del giornale si sono misteriosamente rotte). «Sono indotto a pensare che nè il presidente del consiglio nè i vertici Ncd erano a conoscenza pienamente della vicenda – sostiene D'Attorre - altrimenti avrebbero dovuto soprassedere da questa scelta. A me sembra inopportuna la permanenza di Gentile al governo, mi auguro sia indotto, dal residente del consiglio e dal suo partito a rassegnare le dimissioni».
«Ncd e il suo segretario Angelino Alfano liberino il Governo Renzi dall'imbarazzo determinato dal 'caso Gentile' ieri nominato sottosegretario alle Infrastrutture», dichiara in una nota il deputato del Pd Dario Ginefra. «Questo Governo, per poter portare a termine il suo complesso mandato, non può permettersi alcuna crepa nella sua credibilità pubblica. Si eviti di riproporre le esitazioni talvolta manifestate dal precedente Governo Letta».
E in un editoriale sul sito www.articolo21.org il senatore del Pd Corradino Mineo rincara: «Badiamo al sodo, d'accordo. Il lavoro, innanzitutto, e la legge elettorale e la rivoluzione che rimetterà in moto la macchina burocratica. Condivido. Ma perché, fra i tanti in fila per una casacca da sotto segretario, Renzi doveva proprio caricarsi questo Antonio Gentile da Cosenza, già scelto da Berlusconi per sostituire Cosentino dopo i noti guai giudiziari?».
Il caso di Gentile, in pressing su "L'Ora" (Di Claudia Fusani)
Certo, si occuperà di Infrastrutture nella squadra con il suo, del suo stesso partito, ministro Maurizio Lupi. Non avrà a che fare con editoria o cultura. Ma non è il dove che pesa. È il chi. Se è vero, come è vero, che Antonio Gentile, senatore calabrese del Nuovo Centrodestra e nominato ieri sottosegretario alle Infrastrutture, è il signore che una decina di giorni fa è stato al centro, sfiorato ma senza alcuna responsabilità diretta, di un giallo giornalistico-editoriale.
Succedeva infatti, una decina di giorni fa, che il quotidiano L’Ora di Calabria stesse per pubblicare un articolo in cui si parlava del figlio del senatore Gentile coinvolto in un’indagine della procura di Cosenza per falso ideologico e associazione a delinquere. Il quotidiano veniva messo sotto pressione per non pubblicare la notizia (che ovviamente veniva pubblicata). Solo che qualche giorno dopo L’Ora di Calabria è stata colpita da una delle peggiori sciagure che possano capitare a un quotidiano: lo stop delle rotative per un improvviso quanto inspiegabile guasto alle macchine.
Una faccenda stranissima di cui infatti si sta occupando la procura di Cosenza. Le coincidenze possono essere maledette e i retroscena sono un genere giornalistico assai diffuso. Ma è chiaro che la nomina di Gentile costringerà il premier Renzi ad assumere qualche informazione in più. Visto che il nome di Gentile è da giorni blindato nel toto-sottosegretari, non ne è mai uscito e ieri mattina è stato confermato nella squadra di governo. Di fronte a tanti altri nomi, come abbiamo visto, che sono invece spariti. Appena uscito il suo nome, Articolo 21 e Iniziativa dei Cittadini Europei per il pluralismo dei media, hanno provveduto a ricordare a Renzi rischi ed ombre di Gentile.
«La sua nomina dopo il caso Ora di Calabria è inopportuna» ha twittato Giuseppe Giulietti. «Solo dieci giorni fa, a Cosenza - si legge nella nota di Media Initiative - accadeva un episodio inverosimile ai danni della libertà di stampa: l’Ora della Calabria veniva messo sotto pressione per non pubblicare la notizia dell’indagine giudiziaria (falso ideologico, associazione a delinquere) che riguarda il figlio di Antonio Gentile». Media Initiative ricorda che alla direzione del giornale erano arrivate «pressioni minacciose dai toni così allarmanti da aver spinto la Procura ad intervenire proprio in questi giorni, per capire come mai, dopo aver toccato gli interessi della famiglia Gentile, il quotidiano di Cosenza abbia subìto un improvviso e inspiegabile guasto meccanico alla tipografia che ne ha impedito stampa e distribuzione».
Non la vede così il governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti che tace i fatti de L’Ora di Calabria e guarda invece al nome di Gentile come «il giusto riconoscimento per tutti i calabresi che potranno avere un valido interlocutore in un ministero chiave come quello delle Infrastrutture». Sappiamo quanto i sei senatori calabresi siano stati decisivi per la nascita di Ncd. E come i 31 voti al Senato siano, almeno per ora e al netto di eventuali future maggioranze diverse, determinanti per il governo Renzi. La nomina di Gentile è solo un piccolo prezzo da pagare in nome della maggioranza.
...insomma, una "marchetta" di Renzi ad Alfano. Due politici senza pudore. Alfano che impone, Renzi che si cala le mutande e si lascia imporre questo impresentabile. Non perchè abbia un figlio inquisito per gravi reati, ma perchè - se ciò che emerso dalle pagine de "L'Ora" fosse vero - ci troveremmo di fronte ad un caso che non sarebbe improprio definire "di stampo mafioso": la politica (mi vergogno a definirla così) che cerca di imbavagliare la stampa, in un caso di presunta delinquenza in famiglia. Uno spirito libero, questo Gentile: è lui che nel 2002 aveva promosso la vergognosa candidatura di Silvio Berlusconi a Premio Nobel per la Pace (?).
Sfortunato, Gentile, perchè ha promosso - fra le risate generali - Silvio Berlusconi al Nobel, per trovarsi oggi di fronte alla triste realtà di aver candidato al Nobel colui che oggi, pregiudicato, non può candidarsi neanche a fare l'assessore al Comune di Roncofritto, insieme al Cangemi.
Nella criminalità politica che c'è in filo che tiene tutto insieme. Antonio Gentile è lo stesso che il pregiudicato Berlusconi aveva voluto al posto di Nicola Cosentino da Casal di Principe. Vergognosa la protervia di Angelino Alfano (quello del "Nuovo" Centro Destra) nel pretendere questa nomina, ma ancor più vergognosa la calata di braghe del bischero di frignano, cioè di colui che doveva "rottamare" la vecchia politica, e che invece sta rottamando se stesso, a velocità supersonica.
Aveva delle alternative, Alfano, di fronte al ricatto "o Gentile o crisi"? Si l'aveva. Dire ad Angeklino: "Gentile NO. C'è un limite a tutto. Vuoi fare la crisi, Falla pure, e poi vai davanti all'opinione pubblica a spiegare che il governo è caduto perchè non è stata accolta la vergognosa richiesta di portare al governo questo personaggio"
Tafanus
Scritto il 02 marzo 2014 alle 16:29 nella Berlusconi, Criminalità dei politici, Media , Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (5)
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27 febbraio 2014
Matteo Renzi? alle 07:00 sta già lavorando per noi. E Mirta Merlino è eccitatissima all'idea
Da due mattine, una "arrapatissima" Mirta Merlino, su "La7", ci somministra ogni cagata di "tweet" postato da Matteo Renzi. I tweet che più la affascinano e la esaltano sono quelli che Renzi (o chi per lui) posta da diverse mattine alle 07:00 in punto, attraverso i quali Renzi informa urbi et orbi che "si comincia", iniziata la giornata di lavoro". Immagino da casa, dal poco confortevole appartamentino di Palazzo Chigi, senza il fastidio di guidare la macchina nel traffico, o prendere il trenino dei pendolari. Uno sforzo sovrumano.
Cara Mirta, soffro di insonnia. Mi capita spesso, verso le 5/6 di mattina, di accendere la TV in camera da letto, per vedere la rassegna stampa, e a volte mi becco "Onda Verde". Ed ogni volta resto affascinato nel vedere che già a quell'ora le tangenziali sono intasate da gente in macchina che si è alzata chissà a che ora, per andare a lavorare da chissà dove a chissà dove... I mitici "Ford Taunus" carichi di muratori bergamaschi che vanno nei cantieri di Milano; addetti al metrò che alle 06:00 fanno partire i treni, supplenti che partono da Voghera per fare due ore di supplenza a Milano, addetti alla pulizia delle strade, baristi, edicolanti...
Cara Mirta, il mondo reale è PIENO di gente che alle 07:00 non è davanti all'iPod a scrivere la prima banalità del giorno, ma è in piedi da ore a fare lavori scomodi, senza scorta e auto di servizio, e non la lussuosi appartamenti di servizio, ma da furgoni, edicole, panetterie, tram, camion della spazzatura. I veri eroi del nostro tempo.
Cara Mirta, la storia di questo disgraziato paese è piena di gente che anzichè dormire di notte, veglia e lavora per noi. Mussolini lasciava accesa la luce a Piazza Venezia, per far vedere che anche di notte "lavorava per noi". La luce accesa aveva la funzione dei tweet, che allora non c'erano. Berlusconi non perdeva occasione di informarci che "ho scritto il discorso alle tre di notte, perchè a me bastano due/tre ore di sonno a notte. Lui alle 06:30 riceveva già la mazzetta dei quotiani. Non a letto, ma nel suo studio, già incipriato, incatramato, e ingessato nel suo Caraceni doppio-petto sempre uguale.
Cara Mirta, se questi personaggi avessero dormito un po' di più, ed operato qualche ora in meno, oggi forse vivremmo in un paese migliore, o meno disastrato. Lorsignori si riposino, di tanto in tanto. Purtroppo non lo fanno. Dopo i superattivi Benito & Silvio, oggi il destino ci infligge il superattivo Matteo. Ne sentivamo il bisogno.
Cara Mirta, non le sembra abbastanza cretino che per caso uno inizi a "lavorare per noi" sempre alle 07:00? Che non gli capiti mai di iniziare alle 06:56, o alle 07:04? Ha mai sentito parlare dei programmi che postano ciò che vogliamo noi, all'ora decisa da noi? E se anche fosse tutto vero, e non favolistico, chi se ne frega se Renzi inizia a "curare i nostri destini" alle 07:00?
Cara Mirta, dobbiamo commuoverci per un Renzino che conduce una vita così disperata per poter essere a Treviso in una scuola media a darsi il cinque con dei ragazzetti per finire in tutti i telegiornali? E magari per recitare Rio Bo come Silvio? Dopo aver mobilitato scorte, un aereo di stato, centinaia di poliziotti, piloti, e quant'altro? Quanto è costata questa "TV Opportunity"? Qual'è il vantaggio per noi di questa storica giornata veneta? Domani qualche insegnante e qualche alunno di Treviso avranno una scuola più sicura? Insegnati migliori, pagati più dignitosamente? Gente che alla vigilia della pensione abbandonerà finalmente la condizione di precariato?
Cara Mirta... stamattina lei era arrapata anche per la "prodigiosa memoria" di SuperMatteo... Se così fosse, perchè Super Matteo ci ha detto il 12 di gennaio che il Giobatta sarebbe apparso in tutto il suo splendore il 16 di Gennaio? Per poi dirci il 18 "vedrete, in un paio di settimane"... Per dirci ieri che sarà pronto - puntuale come la cometa - il 17 Marzo?
Cara Mirta, non è che magari Matteo è dotato di una "memoria prodigiosa" (anche se nessuno se n'è accorto?) Per esempio, quando Renzi è approdato senza la "legittimazione del passaggio alle urne" a Palazzo Chigi, non avrà mica dimenticato ciò che aveva affermato per mesi con la consueta prosopopea? e cioè che MAI E POI MAI lui avrebbe fatto come D'Alema, o come Monti, o come Letta?
Cara Mirta, non è che lei, come molti che hanno frequentato la sua scuola di giornalismo, sia per caso dotata di memoria non "prodigiosa", ma "selettiva"? Ci faccia capire...
Tafanus
Scritto il 27 febbraio 2014 alle 13:08 nella Berlusconi, Media , Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (8)
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Matteo Renzi, e i costi della politica (di Axel)
E’ singolare leggere i commenti dei tafani che discutono con frasi davvero scoraggianti tipo “da qualche parte bisogna ben prendere i soldi” sulla tassazione di rendite finanziarie e/o di utili derivanti da posizioni consolidate. Come se i 2000 e passa miliardi di passivo accumulati dai geniali politicanti italiani avessero origine dall’evasione fiscale oppure dalle famose “rendite di posizione” di cui si favoleggia da anni: ebbene, per chiarire una volta per tutte quali siano le vere origini della drammatica situazione italiana sarebbero da considerare pochi elementi finanziari, quelle nozioni che se la celeberrima casalinga di Voghera mette in pratica da anni pare che i geni provenienti dalla Bocconi non abbiano ancora capito.
Il concetto, agilmente sviluppato dal mio professore di analisi al Politecnico ormai 30 anni fa, era che se si vuole riempire una vasca da bagno la soluzione non è quella di triplicare i rubinetti, ma quella di tappare i buchi.
Un esempio: cosa costa la politica in Italia ? sappiamo che la camera ha un bilancio di circa 1 miliardo e 150 milioni di euro, mentre il senato (bontà loro…) spende poco di meno, circa 1 miliardo e 80 milioni di euro. Aggiungiamo il Quirinale, che spende da solo approssimativamente 450 milioni di euro (come, sinceramente, è difficile capire, atteso che i bilanci non sono disponibili se non per sommi capi) mentre i costi diretti ed indiretti delle provincie sono pari a circa 14 miliardi di euro, concentrati per il 78% in affitti, stipendi e buonuscite dei politici, nonché nei “rimborsi spese” dei gruppi consiliari.
La stima di risparmio in caso di abolizione è di circa 11 miliardi di euro, mentre per quanto concerne le regioni il costo per assicurare lo stipendio all’esercito di consiglieri, presidenti e assessori di Regioni e province autonome pesa ogni anno sulle casse pubbliche circa 800 milioni di euro e rappresenta una delle voci più onerose per i bilanci delle Autonomie, terza dopo il costo del personale (2,9 miliardi) e le generali «spese per servizi» (1,3 miliardi), ed esclusi i trasferimenti.
Sommando i consigli regionali, provinciali e comunali, poi, la politica costa 1,4 miliardi (quasi metà dei fondi necessari per togliere l'Imu sulla prima casa), ovvero 35 euro l'anno per ogni contribuente, di cui 19 solo per le Regioni. Per fare un paragone, per le opere di sistemazione del suolo si spendono solo 25 euro per ognuno dei 41,3 milioni di contribuenti.
I dati delle uscite 2012 ribadiscono il triste primato dei costi della politica, che almeno fino all'anno scorso, sopravviveva a qualsiasi spending review: un primato in cui le Regioni surclassano gli enti locali.
Prendiamo per esempio le Province, da anni nel mirino proprio perché ritenute inutili e costose: l'affermazione è solo parzialmente smentita dai dati (almeno per quel che riguarda il costo pro capite di consiglieri e assessori provinciali) il loro costo pro capite è «solo» di 2,5 euro contro i 19 dei politici regionali e i 13 di quelli comunali.
Ovviamente se si approfondisce l’analisi il discorso cambia: analizzando il rapporto percentuale tra la spesa corrente e quella per organi istituzionali si evince che il peso economico dei rappresentanti delle Province è pari a 1,32 euro rispetto al totale della spesa corrente dello stesso ente, contro lo 0,55 dei politici regionali e l'1,07 di quelli comunali, mentre rimangono fissi i costi legati ad affitti e gestione degli immobili.
Lo Stato Italiano (dati 2010) spende per l’Amministrazione Centrale 182 miliardi di euro, per la Previdenza 298, per gli Interessi sul debito 72, per le Regioni 170 (di cui 114 Sanità, ove ci sarebbero possibilità enormi di razionalizzazione della spesa…), per i Comuni 73 ed infine per le Province 12 miliardi di euro (lievitati a 14,5 nel 2013) che corrispondono all’1,5% della spesa pubblica del nostro Paese.
Prima degli interventi operati dalle diverse manovre economiche, il costo dei 1774 amministratori provinciali (costo della politica) era di 113 milioni di euro (Fonte, Siope 2010). Rispetto alla spesa complessiva delle Province (12 miliardi di euro) i costi della politica ammontavano allo 0,9%. Dopo la manovra 2011, a regime, sulla base di quanto previsto dal decreto 78 del 2010 in materia di riduzione delle indennità degli amministratori provinciali, il costo complessivo dei 1.774 amministratori provinciali si ridurrà a circa 35 milioni di euro (Stima Upi su Fonte Siope, 2010).
I 12 miliardi di euro erano così ripartiti: 8.562.810.574 € per le spese correnti, 2.936.728.318 per quelle in conto capitale, 659.245.656 € per rimborso dei prestiti.
Il dato macroscopicamente abnorme però è quello del rapporto tra la spesa corrente e quella produttiva di sviluppo e crescita, ovvero la spesa in conto capitale: nelle regioni i costi sono pari a 145 miliardi in un anno per funzionare la macchina, contro i 17 miliardi spesi per investimenti su strade, ospedali ed espropri: in pratica, soltanto un euro ogni dieci usciti dalle casse regionali l'anno scorso è servito a finanziare un'infrastruttura mentre nove sono serviti per far funzionare la macchina. In altri termini, è come se, per realizzare un intervento nel nostro condominio, pagassimo mille euro all’impresa e 9.000 all’amministratore che la gestisce: chi di voi sarebbe d’accordo se in assemblea condominiale arrivasse una proposta simile ? Eppure, incredibilmente, la politica continua ad infischiarsene di quello che chiedono i cittadini e concede “rimborsi” ipertrofici ai propri componenti ed ai gruppi consiliari.
Certo, in molti casi le spese correnti nascondono voci difficilmente comprimibili (pensioni, ma anche contributi previdenziali per il personale, spesso però non pagati ad INPS…) ed i finanziamenti alla sanità (sono andati alle Asl circa 87 miliardi, la metà di tutta la spesa complessiva regionale), ma anche 800 milioni per organi istituzionali, oltre a 117 milioni spesi dai governatori per «studi, consulenze, indagini e gettoni di presenza».
Meno sbilanciato il rapporto per Comuni e Province, che destinano alla spesa produttiva circa il 21% degli investimenti: va detto però che per le Province il dubbio è quello della loro stessa funzione: senza la gestione degli appalti stradali (affidati per il 78,5% ad ANAS…), che da sola assorbe il 52% degli investimenti provinciali (1.526.720.000 euro), effettivamente la ragion d'essere delle 110 Province verrebbe sostanzialmente svuotata. In altri termini, se la manutenzione stradale passasse in maniera esclusiva ad ANAS e la gestione fallimentare degli stabili scolastici venisse attribuita a comuni o regioni le provincie non avrebbero in realtà sostanzialmente nulla da fare, quindi il risparmio certificato si aggirerebbe attorno agli otto miliardi e mezzo di euro.
Fate due conti semplici semplici: 8 miliardi e mezzo l’anno per le provincie, diciamo facilmente un miliardo e 250 milioni per senato, parlamento e presidenza della repubblica, e diciamo facilmente 17 miliardi di minori spese per le regioni sui 58 legati ai costi di funzionamento dell’apparato: a questo aggiungiamo circa 400 milioni di euro ai partiti ed un miliardo 350 milioni dall’otto per mille alle chiese varie.
Totale: 28 miliardi 500 milioni di minori spese, strutturali e quindi di effettivo risparmio, che garantirebbero circa il 50% dei costi sugli interessi passivi e che permetterebbero di abbattere il rapporto deficit-PIL all’1,5% anziché al limite del 3.
A qualcuno risulta che il genio del Giobatta abbia valutato questi risparmi ?
Come sempre a pensar male si fa peccato, ma quasi sempre ci si indovina…
Axel
Spesso si fa peccato non già a "pensar male", ma a non farlo. Renzi ha bisogno urgente che qualcuno gli regali non già l'ultimo modello di ipod, ma una calcolatrice a pile da due euro. All'epoca della prima leopolda aveva messo su wikipedia un curriculum talmente folle e pieno di baggianate che glielo ho demolito con un post UN POST, a ruota del quale, in pochi giorni, il suo curriculum/due è cambiato drasticamente... Divertente, il renzino... Padoan ha dovuto spiegargli, con cautela, che non poteva parlare di taglio di 10 punti di IRAP, ma caso mai di 10 miliardi. Renzi "suona ad orecchio". Sul resto, che dire? Vorrei solo ricordare che oltre ai 130 miliardi di costo stimato per il libro dei sogni renziano, dall'anno prossimo dobbiamo aggiungere (ogni anno per vent'anni) 50 miliardi di euro all'anno per il fiscal compact.
Intanto il Giobatta, presentato subito dopo l'elezione a segretario (1,5 pagine word) e demolito da molti, ad iniziare da noi... Promesso il "parto cesareo" del contenuto (lui pensava di averlo dato, il contenuto, in una pagina e mezza senza una sola cifra...) per il 16 Gennaio. Alla data fatidica, con nonchalance ha detto: vedrete, in un paio di settimane. Oggi ha detto: Il Giobatta sarà presentato il 17 marzo. Segnatevi questa "fatal data", perchè il Giobatta cambierà la nostra vita.
Internatelo, prima che faccia troppi danni
Tafanus
Scritto il 27 febbraio 2014 alle 07:59 nella Axel, Economia, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (73)
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26 febbraio 2014
Primi successi di pubblico e di critica di Renzi, nel primo giorno di governo
...e mentre renzino - nel primo giorno di governo - è impegnato a cantare (e a recitare Rio Bo?) coi bambini di Treviso, succede che... anzichè il bagno di folla, trova il bagno di insulti, e il lancio di arance (spero marce... sprecare tanta buona frutta per uno così...)
...Già... cosa si aspettava, Presidente? di andare a Treviso e di trovare gli operai della Electrolux, che stanno per perdere il posto di lavoro, che "facevano ali e lanciavano baci", come narrava di se stesso il suo maestro, vent'anni fa? E come avrebbe mai potuto incontrare i vertici di Electrolux e chiedere di non "delocalizzare", lei che ha chiamato al governo la signora Guidi, figlia di Guidalberto, entrambi falchi di Confindustria, e maestri di delocalizzazioni?... Già, non si può. Perchè i vertici di Electrolux avrebbero anche potuto mandarla a cagare, le pare?
...il fiòrenzino accolto con grida di "massone", "vai a casa", e cori di "buffone, buffone!"
...e mentre il renzino è impegnato a dire sciocchezze ai bambini, in favore di telecamere, scopre già dal primo giorno che a Palazzo Chigi il premier non ha "il volante"...Mentre isso è impegnato nel "bagno di folla", a Sagunto Roma il suo governo branbd-new, tuttp ggiovani ed efficienza, è costretto a ritirare il "decreto Salvaroma"...
Scritto il 26 febbraio 2014 alle 16:12 nella Berlusconi, Economia, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (9)
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25 febbraio 2014
L'incommentabile televendita di Vanna Marchi al Senato
Venditori di pentole antiaderenti
Poche parole, perchè poi devo purtroppo occuparmi del PC, sullo spot dello sbracato Vanno Marchi al Senato. Non cerdo che meriti di più. Dello "stile" non parlerò più. Un carrettiere alfabetizzato avrebbe saputo far di meglio. Quindi parliamo del nulla, cioè del non-detto". O, se preferite, del non-programma del Nuovo Venditore di Pentole Antiaderenti:
-a) Pagamento immediato dei debiti della PA alle imprese: dai dati del bilancio dello Stato, questa voce vale 45 miliardi.
-b) Estensione del sussidio di disoccupazione da 8 mesi a 2 anni: da calcoli sindacali, costa 30 miliardi.
-c) Taglio di 10 punti del cuneo fiscale: costa 30 miliardi (lavoce.info, CGIA di Mestre e altre fonti).
-d) Riduzione dell'IRAP del 10% - Il gettito dell'IRAP è di circa 35 miliardi. Il 10% dell'IRAP vale quindi 3,5 miliardi.
-e) Cento euro in più ai redditi sotto 15.000 euro all'anno. Suona bene, 100 euro rispetto ai miserabili 14 di Letta. Sotto 15.000 euro di reddito troviamo una platea di circa 12 milioni di lavoratori. Facciamo i conticini? Stiamo parlando di 18 miliardi di euro all'anno.
-f) Non mi addentro nelle promesse di Vanna Marchi su un maggior sostegno alla scuola. Non ho i dati. Non li ha neanche Vanna Marchi. Mi limito ad osservare che solo se si volesse recedere dal progetto pazzesco del 2008 di togliere somme crescenti alla scuola, e non dare un euro in più, ma limitarsi NON TOGLIERE quanto programmato da Gelmini & C., staremmo parlando di 3,2 miliardi all'anno.
-g) Vanna Marchi non ha speso una sola battuta sulla messa in sicurezza del territorio (manutenzione di fiumi, rimboschimento, demolizioni di costruzioni abusive); né sulla messa a norme antisismiche almeno delle scuole, ed altre bazzecole del genere.
QUINDI? solo limitandoci alle pentole vendute, siamo ad un totale di circa 130 miliardi all'anno. Se preferite ragionare in termini di vecchio conio, siamo a 260.000 miliardi di vecchie lire. Per confronto, siamo a 4/5 "finanziarie monstre" in stile Amato/Ciampi, di cui si parla ancora adesso.
RISORSE? Vanna Marchi non dice. Il buon Delrio aveva avanzato una ipotesi cretina (aumento dal 20% al 23% della tassazione dei BOT), ma è subito stato sconfessato da Vanna Marchi, pur trattandosi di una entrata infima (circa un miliardo: avete capito bene UN miliardo, su 130 che servirebbero a Vanna Marchi). E non è un'entrata, ma una partita di giro, perchè i risparmiatori scelgono cosa comprare in base al rendimento netto, non lordo. Quindi se vuoi aumentare la tassazione sui bot, devi aumentare anche il rendimento lordo, affinchè il netto resti invariato. E' il gioco delle pentole in teflon. Ne aumenti il prezzo facciale da 20 euro a 40 euro, poi metti il cartellino "Sconto del 50%", e continui a venderle a 20 euro. Inoltre, l'aumento della tassazione riguarderebbe solo i privati risparmiatori, che hanno in pancia solo una minima parte di quanto hanno in pancia banche, fondi e società finanziarie e non, e che continuerebbero a pagare quanto prima. Magnifico, vero?
Poi c'è l'altra idea geniale: la rottamazione della burocrazia (che nessuno è riuscito mai a fare, e che men che meno sarà facile fare OGGI, creando nuova disoccupazione, e nuovo calo dei consumi).
E che dire delle "privatizzazioni"? Certo... abbiamo visto con Alitalia. Vedi, Vanna, nessuno compra merda. E se vendi roba buona (Enel, Eni), incassi una volta, e rinunci a vita ai dividenti che frutta ciò che vendi. Mi ricorda un'operazione da poveracci che facevano le aziende sull'orlo del fallimento. Si chiama "lease-back". Si vendeva la sede ai caimani dell'immobiliare (banche incluse), e si prendeva in affitto, contestualmente, la sede stessa, a canoni da strozzinaggio. Domo due/tre anni eri messo peggio di prima, e preda del primo sciacallo di passaggio. Magnifico. Sarà così anche con l'ENI, l'ENEL e Telecom: incassi una tantum, paghi canoni e/o fatture ad altri per l'eternità.
Regalate a Vanna Marchi un bignamino di Economia Domestica.
Tafanus
Scritto il 25 febbraio 2014 alle 13:00 nella Economia, Lavoro, Leggi e diritto, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (9)
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22 febbraio 2014
Nasce il Primo Governo Coccodé della Repubblica dei Fichidindia

Dal blog di Peter Gomez
Governo Renzi auto-rottamato, fatto fuori Gratteri restano solo lobby e gattopardi
È il segno più evidente di come il rottamatore Matteo Renzi prosegua imperterrito nella distruttiva opera di auto-rottamazione e di demolizione del sogno di cambiamento che aveva rappresentato per molti italiani. Una stolta manovra iniziata con il tradimento e il successivo brutale accoltellamento politico del mediocre Enrico Letta, a cui il nuovo premier aveva più volte pubblicamente e bugiardamente assicurato lealtà.
Certo, sull’esclusione all’ultimo minuto di Gratteri in molti vedono le impronte digitali di Napolitano. Il presidente del secondo paese più corrotto d’Europa, noto per aver lesinato solo i moniti in materia di legalità della politica, ovviamente esclude ogni responsabilità. Resta però da spiegare come mai, stando a quello che risulta per certo a Il Fatto Quotidiano, al magistrato fosse stato assicurato il dicastero solo pochi minuti prima della salita di Renzi al Colle. E perché Napolitano, pubblicamente, abbia poi tenuto a precisare – con una sorta di excusatio non petita – che tra lui e il neo-premier non era avvenuto nessun “braccio di ferro” sulla lista dei ministri.
Nelle prossime ore le notizie su quello che è esattamente accaduto durante il lunghissimo faccia a faccia tra il neopremier e l’ottuagenario capo dello Stato, non mancheranno. Non c’è invece bisogno di retroscena per capire tutto il resto. Bastano i curricula dei ministri più importanti.
Nella lista spiccano i nomi dell’esponente di Confindustria e della Commissione trilaterale, Federica Guidi (Sviluppo economico), quello del presidente della Lega Cooperative, Giuliano Poletti, dell’ex delfino di Berlusconi, Angelino Alfano (Interno), e del ciellino Maurizio Lupi (Infrastutture). Mentre all’Economia ci finisce Pier Carlo Padoan, capo economista dell’Ocse e ex presidente della Fondazione italiani europei di Massimo D’Alema, e alle Politiche Agricole, Maurizio Martina, già pupillo di Filippo Penati, l’ex presidente della provincia di Milano sotto processo per le tangenti di Sesto San Giovanni.
Il fatto che Renzi sia riuscito a mettere insieme una squadra formata al 50 per cento da donne, che l’età media dell’esecutivo sia piuttosto bassa, non servirà al premier per cancellare negli elettori la sensazione di trovarsi di fronte a un consiglio dei ministri espressione di quelle lobby da più parti ritenute responsabili del degrado del Paese. È infatti più che ragionevole dubitare che il suo obamiano programma di governo (“una riforma al mese”) possa essere messo in atto da una compagine del genere. Perché questo non è un dream team, ma solo una galleria di errori e orrori.
Così già oggi sappiamo che ha vinto il Gattopardo. #lavoltabuona può attendere.
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Alcune considerazioni a caldo: non basta né essere ggiovani, né essere donne, per garantire un governo non coccodé.
Marianna Madia è ggiovane. E' quella fedelissima di Renzi portata nella sua segreteria, e che il giorno dopo già si dava da fare, sbagliando ministero. Regaliamole un navigatore satellitare.
La Boschi è quella che ride sempre. Forse persino a lei, guardando le sue scarpe leopardate, scappa da ridere.
Agli Esteri, sicuro che sia stato un buon affare sostituire la Bonino con la Mogherini? Quali sono i suoi achievements, oltre quelli di far parte della segreteria di Renzi?
La verità è che Renzi si è abbassato le mutande su tutta la linea. Si è circondato da ggiovani bellocce, leopardate e con scarsa conoscenza dell'oggetto sociale di ciascun ministero. Ha accettato alla giustyizia di cacciare Gratteri, per mettere un innocuo Orlando (quello che voleva abolire l'azione penale obbligatoria). Berlusconi ringrazia. Sulla patrimoniale l'ometto di Frignano ha già detto no.
Ed ora analizziamo i risultati di "Renzi il Duro Negoziatore": questi sono i pesi specifici dei singoli partiti che lo appoggiano:
Volendo fare una bieca simulazione del "Manuale Cencelli", scopriamo che il PD, che rappresenta l'84% del corpo elettorale che fa riferimento a questa strana ammicchiata, prende il 50% dei ministeri con portafoglio; Angelino Alfano con un peso dell'11% prende il 19% dei ministeri; Scelta Civica e UDC (ognuno dei quali pesa lo 0,25% del corpo elettorale della coalizione) prendono il 6,25% ciascuno dei ministeri. ...disciamoscelo... una svendita così sarei stato capace di farla persino io. Con qualche errore da "Piccolo Maleducato" in meno: per esempio, mi sarei risparmiato la figura di merda di mandare un tweet dal Quirinale, anticipando l'annuncio ufficiale. Ma si sa... i cafoncelli spesso sono fottuti dalla loro fretta. Spintonano chi si trova sulla loro strada, e non chiedono neanche scusa. ...arrivo presto, vado via presto, e non pulisco il water...
Scritto il 22 febbraio 2014 alle 00:01 nella Politica, Renzi, Tafanus | Permalink
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16 febbraio 2014
Flop totale alle primarie regionali PD: "primo avviso", o "ultima chiamata"?
PD, arriva il "primo avvertimento" dalla "ggente": flop totale alle primarie per l'elezione dei segretari regionali.
Primo avvertimento, o ultima chiamata? Le primarie, di qualsiasi misura e su qualsiasi oggetto, sono state per anni il fiore all'occhiello del PD. Un forte segnale di recupero di potere da parte dei cittadini. Ora è giunto il momento di recitare un "requiescat" per le primarie, uccise (come i referenda pannelliani a colpi di 23 alla volta) dall'uso improprio di questo strumento. Da segnale positivo di restituzione di almeno una piccola parte di potere decisionale ai cittadini, la nuova "etica renziana" prima, e l'uso strumentale che ne è stato fatto poi (e che oggi ha toccato vertici di ridicolo impensabili in passato), hanno ridotto anche lk'istituto delle primarie in coma vegetativo.
Ma andiamo con ordine. Cosa c'entra Renzi con la morte delle primarie?
-1) In attesa delle primarie che lo hanno visto opposto (e perdente) a Bersani, prima ha fatto un bordello immane per cambiare la regola statutaria (statuto approvato anche da lui) che prevedeva che il che segretario pro-tempore del PD fosse il candidato unico del PD alla premiership, in caso di primarie di coalizione;
-2) Poi ha fatto un bordello immane per aprire le primarie a cani e porci, iscritti e simpatizzanti (anche di altri partiti), e aveva tentato di
cancellare persino l'impaccio della "registrazione";
-3) Alla vigilia delle primarie, quando tutti i sondaggisti davano Bersani stra-vincente, ha iniziato una feroce campagna spargi-merda contro le primarie, denunciando "brogli organizzati" di cui era a conoscenza solo lui;
-4) A spogli completati, ha alzato i toni sui brogli, senza peraltro riuscire a dimostrarne neanche uno.
-5) Quando ha afferrato che operazioni di stampo berlusconiano del tipo "ricontiamo.it" lo stavano gettando nel ridicolo, si è rassegnato a riconoscere la vittoria di Bersani.
-6) Quando si è iniziato a parlare di primarie per la Segreteria, ha ricominciato a fare il diavoletto a quattro (di nuovo!) per aprirle a cani e porci, e... UDITE, UDITE... per ri-modificare la regoletta che aveva cancellato alle precedenti primarie... Già... quella regoletta che cancellava - su sua richiesta urlata - il legame funzionale fra carica di segretario pro-tempore e candidato unico PD alle primarie di coalizione. Non è fantastico? Lottare ferocemente per cancellare una norma che era modificata su misura dei suoi "Desideri & Interessi", e che adesso, a fronte di sondaggi che buttavano bene per lui, voleva reintrodurre...
-7) In questi giorni cani e porci hanno finalmente capito che a Renzi della "democrazia dal basso" e della "legittimazione popolare" non fotte un cazzo. A lui interessano le poltrone a più piazze: quelle di sindaco-segretario-premier, e quelle altrui. Nei prossimi mesi scadrà il 70% delle alte cariche dei boiardi di stato. #enricostaisereno... pensavi davvero che Renzi lasciasse a te l'onore, l'ònere e la riconoscenza per la scelta dei nuovi boiardi?
-8) Last but not least: oggi si è toccato il fondo: candidati alla segreteria regionale del PD "scelti" atttaverso primarie di cui non era informato NESSUNO; in molte regioni, primarie su una candidatura UNICA. Avete capito bene. UNICA. E quasi sempre renziana, of course... Io avrei dovuto perdermi la lettura di un buon libro, l'ascolto di un buon CD, o la finale di Rio de Janeiro Fognini-Ferrer, per "recarmi" al seggio e votare per un Candidato Unico, mai sentito nominare, in primarie di cui NESSUNO fino a ieri mi aveva informato. In altri termini avrei dovuto andare a mettere una crocetta su UN nome (nessuna altra scelta possibile) non scelto da me, ma dal partito (Renzi, lei ne sa qualcosa, come Segretario?), e avrei dovuto legittimare col mio voto una non-scelta fatta nelle segrete stanze.
No grazie, caro Segretario. Avevo un'altra idea delle primarie. "...accà nisciuno è fesso...". Ed ecco come Repubblica narra del "Grande Flop":
Flop totale alle primarie per l'elezione dei segretari regionali - Fassina: "Colpa del pasticcio su Letta". Pochi in fila per votare i segretari del partito nelle varie regioni (Fonte: Repubblica)
In 14 regioni più la provincia di Bolzano oggi si è votato per i segretari regionali del Partito Democratico. In alcune regioni, come in Toscana, Puglia e Veneto, il Pd ha optato per una candidatura unitaria, in altre ancora - come nel Lazio con i renziani Bonaccorsi e Melilli a contendersi la segreteria - si sono sfidati solo i fedelissimi del sindaco fiorentino. Ma è il dato trasversale, quello della scarsa affluenza, a preoccupare maggiormente Largo del Nazareno. Nel Lazio, dove nel 2012 l'affluenza toccò quota 120.000, alle 13 solo in 18.000 avevano votato. Affluenza flop anche nelle Marche - peraltro teatro di liti interne per il caso Ceriscioli, dichiarato incandidabile - dove un'elettrice non ha esitato a sfogarsi: "Siamo fedeli ma disperati" [...]
In una nota Stefano Fassina dà la colpa del flop al pasticcio del Pd su Letta: "La drammatica caduta di partecipazione alle primarie per l'elezione dei segretari regionali è il riflesso della brutale scelta avvenuta giovedì scorso in direzione nazionale con la sfiducia votata a Letta. Larga parte del popolo democratico non ha capito quanto avvenuto e ha inviato un chiaro segnale. Inoltre, ieri in tante regioni ha pesato l'assenza del passaggio nei circoli cosicché il voto è apparso come uno stanco rituale plebiscitario per sancire accordi chiusi da un ceto politico autoreferenziale. Il Pd deve riflettere molto seriamente su quanto sta avvenendo e correggere la rotta prima di ricevere altre amare soprese" [...]
Intanto al di là della scarsa affluenza, emergono i primi neo-segretari regionali dem: il sindaco di Bari Michele Emiliano in Puglia, Dario Parrini in Toscana, Antonella Grim in Friuli-Venezia Giulia. Con molti renziani dati per favoriti, come Davide Gariglio in Piemonte, Alessandro Alfieri in Lombardia.
Scritto il 16 febbraio 2014 alle 22:50 nella Berlusconi, Bersani, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (50)
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14 febbraio 2014
#enricostaisereno - Iniziato il Terzo Rinascimento (in attesa del Quarto Reich)
San Valentino 2014
Chi l'ha detto?
Il mio obiettivo non è far cadere il governo, ma fare in modo che lavori (9 dicembre).
Letta mangerà tanti panettoni (18 dicembre).
Il Presidente del Consiglio per il 2014 di chiama e si chiamerà Letta (22 dicembre).
Mi dicono: fai finta di candidarti a sindaco di Firenze e invece vuoi fare le scarpe a Letta. Ma non è così (7 gennaio).
Sì, certo, il governo proseguirà per tutto il 2014 (12 gennaio).
Le critiche non sono per fare le scarpe ma per dare una mano (16 gennaio).
E’ ingeneroso sentirsi dire per mesi che l’obiettivo è fare le scarpe all’esecutivo (20 gennaio).
Chi non mi ha mai creduto oggi deve prendere atto della realtà: nessuno trama contro Enrico Letta (21 gennaio).
C’è Letta, rimanga Letta (21 gennaio).
Grazie, Enrico (Fonte: Alessandro Robecchi)
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Lo sgub del Tafanus: siamo entrati in possesso del testo definitivo del "Giobatta" (il dettagliato programma di Matteo Renzi per il "Nuovo Rinascimento")
Scritto il 14 febbraio 2014 alle 11:46 nella Politica, Renzi, Satira, Tafanus | Permalink | Commenti (29)
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13 febbraio 2014
Matteo Renzi: "Missione Compiuta" - Berlusconi ringrazia
...chi ha detto che Renzi non è capace??? Renzi è un buono a nulla, capace di tutto... Adesso, già da domani, l'economia rifiorirà...
La tendenza "smart" del sindaco pié veloce (Fonte: Filippo Ceccarelli)
È la seconda volta in tre giorni che Matteo Renzi si aggira per i palazzi del potere — Quirinale, Palazzo Chigi e Nazareno — a bordo di una Smart. Vecchio modello, di colore blu bordato di grigio, con qualche graffio sul fianco e piccole incrinature sul retro. Al volante c’è spesso, ma non sempre, l’impetuoso segretario del Pd.
Con una velocità non proprio abituale per la Città Proibita, di norma intasatissima, la vetturetta è ieri sbucata in curva dietro la sede del governo, a via dell’Impresa, cogliendo di sorpresa un posto di blocco di giornalisti, fotografi e cameramen. Nel breve video dell’arrivo si sente distintamente uno di loro che esclama, si direbbe con ammirata e quasi stupita rassegnazione: «‘Mmazza, a tremila è arivato!».
Com’è ovvio, ci sono notizie che assai più di questa attraversano i destini collettivi. Ciò nondimeno, oltre che di uomini e duelli e problemi da avviare possibilmente a soluzione, l’odierna politica vive anche di simboli, e al giorno d’oggi un tipo di automobile lo è a sufficienza. Non solo, ma se questa carica simbolica proviene dal mondo delle merci, la faccenda della Smart si carica di senso: è leggera, veloce e un po’ prepotente; è giovane, poi, costosa e non italiana.
Insomma, è molto Renzi. O almeno corrisponde perfettamente al suo guidatore, come dimostra l’home page del Financial Times che ha riproposto l’immagine di questa macchina che l’onorevole Carbone ha acquistato dall’onorevole, pure renziano, Recchia. Per certi versi, non tutti, la Smart è il contrario dell’auto blu, che peraltro nel corso degli anni si è mimetizzata virando sul grigio metallico.
Ma è comunque lontanissima dalla Fiat Ulysse con cui nell’aprile scorso Enrico Letta è arrivato al Quirinale per ricevere l’incarico — e ancor più lontana, se è per questo, dalla modesta Ford Focus dalla quale nel cortile d’onore è sceso Papa Francesco.
La Smart è «fichetta», ma l’espressione è povera, così come il personaggio Renzi è qualcosa di più, ma anche di meno di un semplice «fichetto». Infatti spesso va anche in bici, modello eco-solidale; lo si è poi visto in motorino — come Rutelli a suo tempo fu brevemente a Roma «il sindaco col motorino»; quindi sul camper turbo-connesso delle primarie; e quest’estate, con il caschetto giallo d’ordinanza e gli occhiali da sole, addirittura alla guida di una scavatrice, per certi lavori di demolizione di manufatti abusivi.
Detta altrimenti: è dal cocchio dorato di Agamennone in poi che il teatro mette in scena l’arte del cambiare luogo, ma da una ventina d’anni il potere scimmiotta tali traslochi utilizzando i relativi mezzi di trasporto come risorse spettacolari. I media, come pure qui pare chiaro, seguono con un certo gusto tali espedienti, ma ieri anche i social network si sono sbizzarriti [...]
La quale Smart, forse proprio perché «incarna» l’innovazione, un futuro no-curves e una vaga gioia di vivere, già da tempo gorgogliava nell’immaginario del potere, e se proprio si vuole anche di quello meno simpatico, dalle rischiose scorribande di Marrazzo ai regalini di Berlusconi alle sue amichette (cinque vetture del modello «for two»), fino all’arrapatissimo portavoce del superministro che in un’intercettazione, parlando di una ragazza, la definiva «compatta come la Smart».
E pazienza. Nonostante la recentissima scomunica di Guido Ceronetti, che accusa Renzi di non difendere la lingua italiana rimpinzandola di parole inglesi, il leader del Pd usa con una certa frequenza proprio l’aggettivo che ha dato il nome alla macchina.
Smart sta per «intelligente», con una sfumatura di brillantezza. E Matteo ci dà dentro. Per esempio: «Dimostriamoci leader e non followers, il punto è rendere più smart l’Italia», eccetera.
Vero è che il segretario, più di ogni altro immerso nella dimensione post-ideologica, è assai sensibile ai consumi e ai marchi, vedi le lodi agli spot della Nutella e al marketing della Coca cola, la sviolinata sui piumini Moncler in borsa, la difesa anti-tasse di Google, il plateale rifornimento della segreteria presso Eataly (...il cui proprietario è sponsor e finanziatore di Renzi. Si può parlare di "marchetta" all'amico generoso? NdR).
E tuttavia, per le particolari caratteristiche della Smart, si può azzardare che arrivando al potere guidando quel prezioso autoveicolo egli abbia in qualche misura sdoganato una sorta di tabù che fa della Smart, e non solo a sinistra, la più odiata, ma forse anche la più invidiata automobile. Almeno a Roma.
Di questo complicato e inconfessabile stato d’animo si trova vivida e sintomatica traccia in una canzone del 2007 che il Trio Medusa e poi la «Gnometto band» hanno creato sull’aria del «Vecchio frac» di Modugno. S’intitola «L’uomo in Smart»:
...c’ha gli occhiali de Versace, la pelliccia sul giubotto
c’ha le scarpe de Paciotti, e le tiene sul cruscotto,
guida scalzo a zig-zàg, in velocità:
chissà ‘ndo va, quell’uomo in Smart?
Guida come n’assassino, per le vie del Tiburtino,
pe’ raggiunge su’ cugino, pe pigliasse un cappuccino.
Non se sa dove vien, né dove va
cazzo sta a fa’, co quella Smart?
Scritto il 13 febbraio 2014 alle 21:35 nella Politica, Renzi, Satira, Tafanus | Permalink | Commenti (19)
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...Alain Friedman? Tanti anni fa era un giornalista economico...
Ci sono delle cose, in casa mia, che non si portano mai in discarica... I libri. In questi giorni, mentre esplode lo "sgub" sul "gombloddo" Napolitano/Monti, innescato da un libro di Alain Friedman (una volta giornalista economico), voglio ricordare alcune cose.
Intanto vorrei ricordare un articolo di Massimo Giannini di un paio di giorni fa, che documenta come le "grandi rivelazioni" di Friedman erano su tutti i giornali italiani già nell'estate 2011, mesi prima dell'affidamento dell'incarico a Mario Monti.
Vorrei anche ricordare che su questo "sgub" farlocco si sono fiondati, come un sol uomo, personaggi del calibro di Berlusconi, Grillo, Ingroia, ed altri statisti del genere, fiancheggiati dal Corrierone...
Ma non è ciò che pensa (o dice di pensare) oggi "Ollio" Friedman, che mi spinge a scrivere queste note. No. Un fatto istintivo. Appena nato il caso Friedman (di questo si tratta), mi è venuto in mente un altro Friedman, quello del libro in immagine, che è datato ben 1989. All'epoca - pur se con qualche omissione (che sottolineerò) - Friedman, pur avendo il cuore a destra, riusciva in qualche misura a fare il mestiere di giornalista. Lo dico perchè pur essendo a quell'epoca, il nostro, un grande estimatore del craxismo, riusciva a scrivere quanto ho "digitalizzato" dalla mia copia del libro del 1989, e cioè un elogio "senza se e senza ma" di quel Romano Prodi diventato negli anni un bersaglio fisso degli "intenditori".
Ma... (e qui emerge il Friedman "in divenire") l'oscena faccenda IRI/SME, diventata negli anni il cavallo di battaglia degli anti-prodiani di scarse letture, anche il Friedman di allora la liquida in mezza riga, tacendo l'essenziale... Tafanus
Maurizio Crozza featuring Alain Friedman
Alcune pagime del libro di Alain Friedman ("Ce la farà il capitalismo italiano?") del 1989 (Edizioni Longanesi)
[...] Ma esattamente che cosa ha fatto Prodi per cambiare il modo di procedere dell'industria statale? Sul fronte del bilancio ha compiuto un risanamento impressionante. Nel 1983, il primo anno della presidenza Prodi, le perdite industriali superavano i 3000 miliardi. A livello di gruppo, grazie alle banche (Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano e Banco di Roma), l'IRI era poi tornato in utile netto nel 1986, tre anni dopo la data prevista da De Michelis, ma con risultati qualitativi a fianco di quelli quantitativi. Nel 1988 l'IRI ha chiuso il bilancio con un utile di 1300 miliardi, incluso un profitto di 600 miliardi nel settore industriale. Era la prima volta in vent'anni. Quando Prodi è arrivato all'IRi nel 1983, il cash flow copriva il 3 per cento degli investimenti del gruppo. Oggi ne copre il 78 per cento. Ma non è solo una questione di cifre. Prodi è riuscito in sette anni all'IRi a compiere più passi di quanti i suoi predecessori ne abbiano compiuti negli ultimi venti. Non ha fatto miracoli, ma ha determinato una svolta importante [...] E come ha proceduto questo personaggio emiliano nella giungla di Roma? La risposta è che ha tentato (tentare non significa sempre riuscire) di gestire questa portaerei di guai come un'impresa privata.
Arrivando in un gruppo in perdita con una gamma di interessi che andava dagli autogrill all'Alitalia, dalle fabbriche di auto alle aziende per la coltivazione del pomodoro, dall'acciaio alle banche, chiunque si sarebbe chiesto: «Da dove comincio?» Prodi l'accademico ha deciso di prendersi qualche mese per «studiare la situazione prima di agire».
Poi ha agito. Eccome. Ha cominciato non dai singoli settori, ma a livello di gruppo, con una nuova politica per i manager e per la gestione del personale. «Quando sono arrivato in IRI, ho trovato una pesante situazione di demotivazione e di schizofrenia nella gestione delle risorse umane», ricorda oggi. I parametri cambiavano da finanziaria a finanziaria, da azienda ad azienda. Si doveva, insomma, fare la radiografia del management del gruppo. E sulla base di questi riscontri è stata imposta una nuova politica del personale che, partendo dai massimi livelli, scendesse fino alla base della piramide aziendale, una piramide che, all'epoca, contava 7000 dirigenti e 550.000 dipendenti. «Abbiamo dovuto oltretutto ricreare uno spirito di corpo, di attaccamento alla bandiera aziendale e al Gruppo IRI che praticamente era andato disperso negli anni. Sono state date regole uguali per tutti e stabiliti criteri per la selezione delle risorse a ogni livello», dice Prodi. È cominciata anche la caccia ai manager più bravi, portando via qualcuno anche al settore privato. Così sono arrivate al gruppo IRI, in momenti diversi, persone come Giuseppe Tramontana (ex Montefìbre) all'Alfa Romeo e Carlo Verri (ex Zanussi) all'Alitalia, a fianco di altri manager «privati» come Marisa Bellisario (ex Olivetti) alla Italtel e Pasquale Pistorio (ex Motorola) alla SGS.
Prodi si è mosso anche per licenziare tanti manager del gruppo che giudicava incompetenti, alti dirigenti e membri di consiglio del Banco di Roma e del Lloyd Triestino inclusi. Ha dovuto poi, inevitabilmente, resistere alle pressioni dei politici. Il rapporto col mondo politico, dice oggi, è rapporto «contrastato». Ma fin dall'inizio Prodi si è trovato davanti a problemi di ordine politico. Il comitato di presidenza, ci ricorda, è composto da persone che, secondo lo statuto dell'IRI, dovrebbero essere degli esperti in materie finanziarie ed economiche. E invece? «In effetti si tratta di rappresentanti di partito i quali portano, devo dire con molta determinazione e chiarezza, all'interno del comitato tematiche e visioni che poco hanno a che vedere con le esigenze di gestione del Gruppo». E questo fatto, dice Prodi «determina una situazione di conflitto continuo e di interferenza che si manifesta in misura più o meno accentua a seconda della disponibilità del Presidente pro tempore a farsi strumentalizzare dall'esterno».
Questa disponibilità, continua Prodi, «non l'ho mai dimostrata ed è per questo che le occasioni di contrasto sono state frequenti». Ma Prodi, che aveva da sempre l'appoggio di Ciriaco De Mita, non sarebbe stato in grado di resistere in eterno, specie negli ultimi tempi, mentre il potere di De Mita diminuiva notevolmente all'interno della DC. All'inizio, nel 1983, ha proibito ai suoi alti dirigenti di avere contatti con i politici: tutto sarebbe dovuto passare attraverso di lui. Ma questa proibizione era un po' naive, per non dire impossibile da attuare. E non sono stati soltanto alti dirigenti come Giuliano Graziosi e Fabiano Fabiani che nel corso della loro gestione della STET o della Finmeccanica hanno avuto a che fare con i politici (non per fare complotti ma perché così funziona il sistema in Italia). Prodi, in fin dei conti, è un primus inter pares e non è mai riuscito a sorvegliare tutto l'impero IRI. Un suo merito, però, è stato di respingere numerose richieste da parte dei politici di acquisire aziende fallite. Dopo ventisette mesi al vertice del gruppo di via Veneto, Prodi dichiarava a un giornalista straniero: «Io spiego ai politici che l'ora dei salvataggi è finita. Non abbiamo le risorse e neppure il desiderio di assumere nuovi impegni».
A parte la riorganizzazione a livello generale, Prodi sarà ricordato nella storia del capitalismo di Stato come il grande uomo delle privatizzazioni e dei tentativi di internazionalizzazione delle aziende IRI. Anche qui la strada non è mai stata in discesa per il paffuto professore di Bologna. Sempre vincoli. Sempre bombe a tempo. Spesso delle molotov politiche gettate verso di lui. La necessità di internazionalizzare è stata recepita da Prodi ben prima che diventasse di moda parlarne mel 1992. Ma quando è entrato all'IRI, l'immagine del gruppo statale all'estero risultava così povera che non era neppure facile combinare degli appuntamenti. «Ricordo con una sensazione di fastidio fisico che, se chiedevo di essere ricevuto da qualche responsabile di grandi aziende all'estero, spesso l'OK veniva dopo defatiganti tentativi e sollecitazioni, "IRI, what?" era un po' il nostro cruccio. Oggi abbiamo la soddisfazione di essere ricercati, corteggiati non solo come compratori ma anche come partner», dice Prodi
La mossa più importante circa l'internazionalizzazione è venuta verso la fine dell'epoca prodiana, nel 1989, con l'accordo-alleanza tra STET, Italtel e American Telephone & Telegraph (AT&T), il gigante delle telecomunicazioni. Prima di arrivare a questo ci sono stati però anni di trattative difficili, e poi fallite, per un accordo fra Italtel e Telettra del gruppo FIAT, la creazione della TELIT. Oggi Prodi ricorda che fra le cose che meno lo hanno soddisfatto in questi anni c'è il caso TELIT, caduto quando la FIAT obiettò sulla scelta di Marisa Bellisario come amministratore delegato e mosse accuse di ingerenza politica nell'intera vicenda. Prodi è oggi amareggiato dal fatto che, per usare le sue parole, «non siamo riusciti a fare capire che la scelta della dottoressa Bellisario era legata alle sue capacità professionali, documentate da anni di ottima gestione di aziende, e non da ragioni di personali simpatie politiche». E ancora: «Quella che è stata interpretata da alcuni giornalisti e osservatori come una mia presa di posizione preconcetta a difesa di una candidatura manageriale che in effetti aveva poche possibilità di successo, in realtà aveva per me un significato preciso: la difesa del ruolo e dell'immagine di settemila manager IRI che vogliono essere giudicati sulla base dei loro risultati e non per come votano alle elezioni».
Prendiamo qualche esempio di privatizzazione e vedremo subito quanto tortuosi possono essere i rapporti fra IRI e mondo politico e fra IRI e industria privata. Poco dopo il suo arrivo all'IRI, Prodi ha incontrato ostacoli politici e sindacali quando voleva vendere la tenuta di Maccarese vicino a Roma, molto inefficiente e in perdita. Quindi ha incontrato difficoltà politiche quando intendeva privatizzare un piccolo produttore di elettrodomestici, la San Giorgio, vendendola alla Ocean. Nella primavera del 1985, a Milano, davanti a una platea di industriali e banchieri importanti, Prodi con un discorso chiave lodò la privatizzazione della British Telecom in Inghilterra e fece appello per una politica di privatizzazione in Italia.
Il discorso cadeva nel bel mezzo di una delle maggiori polemiche degli anni di Prodi, quella riguardante la vendita della SME, gruppo alimentare dell'IRI, a Carlo De Benedetti. Tale vendita non piaceva a Bettino Craxi, allora presidente del consiglio, e diversi politici scesero in campo per rivendicare la strategicità del gruppo SME. Strategici i biscotti? Prodi era furioso. Diceva che, se la vendita della SME non fosse stata approvata, le conseguenze sarebbero state «profonde». Alla fine, e dopo lunghe azioni legali, la vendita non andò avanti. Fu bloccata.
(...Alain Friedman evita accuratamente di dire che la vendita fu bloccata da un consorzio a dir poco "atipico", il cui fulcro era costituito da Berlusconi - all'epoca legato mani e piedi a Bettino Craxi - e di cui facevano parte anche Barilla e Ferrero. La vendita fu bloccata non per ragioni economiche, ma politiche e "di pelle": sia Bettino che Silvio odiavano, per ragioni diverse, De Benedetti. La ridicola motivazione della guerra a De Benedetti era stata quella che cedere per 500 miliardi quell'azienda-colabrodo fosse una specie di regalo. Il consorzio mosso da Silvio e da Bettino quanto offriva, a fronte di questo "regalo"? Il doppio, il triplo, il quadruplo di 500 miliardi? Sbagliato. Offriva ben 525 miliardi. Dunque 500 miliardi erano un regalo criminoso, 525 miliardi erano un prezzo giusto e remunerativo. Inutile dire che una volta centrato l'obiettivo di impedire la vendita a De Benedetti, il consorzio Bettino-Silvio-Barilla-Ferrero svanì nel nulla. NdR)
E oggi? Oggi Prodi guarda indietro e dice di incontrare spesso persone che dicono che aveva ragione lui. "Magra consolazione", commenta il professore emiliano, notando che «sulla SME è stato pagato un prezzo di mancanza di esperienza, di mancanza di regole certe e forse di un anticipo rispetto ai tempi che non erano ancora maturi. Le regole ancora non ci sono, ma quel precedente ha, se non altro, costretto la classe politica ad assumere atteggiamenti meno ondulatori e più precisi sui casi che successivamente si sono presentati. Senza il caso SME non si sarebbero fatte le privatizzazioni successive ».
Negli anni di Prodi l'IRI ha poi privatizzato una trentina di aziende, tra le quali l'Alfa Romeo. Nonostante tutte le polemiche; nonostante tutti i dubbi che si possono avere sull'intensità della campagna di lobby contro la Ford o sul pagamento da parte della FIAT, che comincerà solo nel 1993, e in cinque tranches; nonostante l'ordine della CEE nei confronti di Finmeccanica, che deve restituire 615 miliardi di aiuti illeciti all'Alfa, non si può negare che la privatizzazione della gloriosa azienda automobilistica sia un'operazione storica per l'industria di Stato.
Oltre alle privatizzazioni l'epoca prodiana ha anche visto il collocamento in Borsa di titoli di minoranza di molte aziende, incluse l'Alitalia, la STET, la SIP, la SIRTI, e banche, per un totale di 6500 miliardi. Per Prodi la privatizzazione non era necessariamente un obiettivo in sé, bensì uno strumento di razionalizzazione e di risanamento finanziario.
Ma i fronti di battaglia erano per il professore di Bologna tali e tanti che non gli è stato possibile fare tutto. C'era, e c'è ancora, per esempio, il fronte della siderurgia che, dopo la liquidazione della Finsider, si sta finalmente e lentamente razionalizzando, non senza polemiche con i politici, i sindacati e la CEE, ma almeno secondo una logica che non esisteva al principio degli anni '80. Nel settembre 1987, in mezzo a una serie di conflitti sui fronti della siderurgia, della TELIT e di Mediobanca, Prodi salutava un gruppo di giornalisti stranieri con un sorriso stanco e li esortava: «Restate, restate! Ho bisogno di un po' di riposo nelle retrovie!» Col passare degli anni, nel palazzo di via Veneto il gioviale professore si trovava sempre più impegnato in una guerra continua e su più fronti, ma non ha mai perso il buon umore o una certa ironia. «Per me», spiegava nel 1987, «questa esperienza è come una battaglia temporanea che dura sette anni, dopo di che mi ritiro nella vita accademica». Ma la domanda chiave riguarda il futuro. È stato l'inizio di un'epoca nuova all'IRi, quella prodiana, o solo un periodo controcorrente per questo gigante del capitalismo di Stato, una parentesi? [...]
Credits: dal Libro "Ce la farà il capitalismo italiano?" - Di Alain Friedman - 1989 - Ed. Longanesi)
Scritto il 13 febbraio 2014 alle 00:03 nella Berlusconi, Criminalità dei politici, Economia, Politica, Tafanus | Permalink | Commenti (2)
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12 febbraio 2014
Accipicchia! Il grande stratega Berlusconi ha già vinto
...e noi ringraziamo, riconoscenti, Renzi, Franceschini, Alfano, Casini, Gentiloni e tutta la vecchia DC che ritorna. Ancora un attimo di pazienza, e potremo riavere indietro persino Rutelli, la Roccella e la Binetti... Tafanus

Si tratta, perciò, di deplorare, certo, più o meno fermamente, le pagliacciate anti-euro della Lega contro Napolitano a Strasburgo, ma badando bene a non annotare «e questi sarebbero quelli che, sommati a Casini, garantirebbero il trionfo elettorale di Berlusconi», giacché tale annotazione, con la prospettiva di Borghezio agli Esteri o di Buonanno alla Giustizia, attenuerebbe la Luce abbagliante dell’attuale vittoria sondaggistica a reti unificate.
Si tratta, pertanto, di non soffermarsi sul dettaglio che all’odierno trionfo virtuale al primo turno concorre la Destra di Storace, così da preparare il palato del teleutente distratto a future, decisive ma occultate intese elettorali con, chissà, Forza Nuova, Nazisti Padani e Neo-Borbonici delle Due Sicilie. (Fonte: Enzo Costa - l'Unità)

(Credits: segnalazione Nonna Mana)
Scritto il 12 febbraio 2014 alle 11:20 nella Berlusconi, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (12)
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10 febbraio 2014
Italicum: presentati 450 emendamenti. Gravi errori tecnici nel testo Renzi. Aggiunte 12 pagine per raddrizzare le gambe ai cani
La riforma del sistema di voto verrà discussa alla Camera martedì 11 febbraio. Alla seconda scadenza per la presentazione delle modifiche, sono comparse cinquanta nuove proposte. La Russa: "La legge torni in commissione. Non sta in piedi" (Fonte: Il Fatto Quotidiano)

Quattrocentocinquanta emendamenti e altrettante polemiche. La legge elettorale nata dall’accordo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi è pronta all’approdo in Aula per il voto e già si porta dietro dibattiti e problemi. Alle 13 è scaduto il secondo termine per la presentazione delle modifiche e all’appello ci sono 50 punti in più rispetto alla prima scadenza. Tra i nodi critici naturalmente il tema preferenze. Il Movimento 5 Stelle ha annunciato che chiederà l’abolizione delle liste bloccate: “Presenteremo emendamenti, ha affermato Luigi Di Maio a Radio 1, “di buonsenso per far tornare le preferenze, perché quella proposta è molto simile al Porcellum, con liste bloccate. E, soprattutto, cercheremo di portare costituzionalità in una legge fondamentalmente incostituzionale”.
Su tre emendamenti la minoranza Pd non demorde: il primo è che la riforma entra in vigore solo dopo il superamento del Senato (emendamento Lauricella), il secondo chiede primarie obbligatorie pur prevedendo deroghe, il terzo vuole la parità di genere. E’ questo l’esito della riunione dell’area Cuperlo. A quanto si apprende, gli emendamenti Pd presentati in Aula sono gli stessi depositati prima in commissione Affari costituzionali e poi in Aula durante il primo termine. Durante la seconda scadenza – riferisce una fonte democratica – “il gruppo ha presentato solo alcune correzioni e l’emendamento a firma Cuperlo sulle primarie”. Altro punto è quello della soglia di sbarramento per le coalizioni che si abbassa dal 12 al 10%. La norma, a prima firma Marilena Fabbri, se approvata dall’assemblea cambierebbe l’articolato in questo modo: le coalizioni di liste la cui cifra elettorale nazionale sia pari ad almeno il 10 per cento (non più il 12, ndr) dei voti validi espressi”. Un emendamento identico è stato depositato anche da Popolari per l’Italia, a prima firma Gregorio Gitti.
Proseguono invece le iniziative e il”pressing” della Conferenza che riunisce gli organismi di Pari Opportunità delle Regioni italiane, al fine di ottenere misure di riequilibrio di genere. La delegazione guidata dalla presidente della Commissione Parità dell’Emilia-Romagna nonché coordinatrice nazionale Roberta Mori, insieme alla presidente della Consulta femminile della Regione Lazio Donatina Persichetti e a Teresa Petrangolini in rappresentanza della Conferenza assemblee regionali, è stata ricevuta dal presidente del Gruppo Pd Roberto Speranza. “Speranza ha dichiarato il convinto impegno dei Deputati Pd a modificare il testo base in senso paritario – ha riferito dopo l’incontro Mori – dal momento che il tema della rappresentanza femminile nelle istituzioni sta molto a cuore al Partito Democratico. “L’obiettivo che abbiamo condiviso è di ottenere l’approvazione degli emendamenti che inseriscono l’alternanza di genere “uno a uno” e il 50% di capilista donne”. La Conferenza delle Presidenti, “pur nella consapevolezza che la riforma debba essere approvata, ritiene indispensabile che il tema della parità di accesso alle cariche elettive costituisca un punto fermo di una reale democrazia paritaria. Su questo auspica la convergenza di tutte le donne presenti in Parlamento e di tutte le forze Politiche”.
Ma la battaglia è appena cominciata.
Ignazio La Russa, presidente di Fratelli d’Italia chiede il ritorno in commissione del testo: “Ora i nodi vengono al pettine. Avevamo insistentemente chiesto che la legge elettorale tornasse in commissione dove mai è stata esaminata ma la nostra richiesta è stata respinta. Ora a sostenere che la proposta di legge non stia in piedi neanche tecnicamente è un gruppo di maggioranza che inoltre sottolinea l’esistenza di problemi politici irrisolti. Il ritorno in commissione è oggi ancora più necessario.
...insomma, tanto per dirla con Fantozzi, questa legge è una cagata pazzesca, che non affronta né di dritto né di rovescio il problema Senato (non sapendo come risolverlo?), e che - oltre ai dissensi politici e/o di bottega illustrati nell'articolo - presenta dei "bugs" tecnici notevoli che hanno costretto gli estensori ad aggiungere all'articolato, alla chetichella, altre dodici pagine, che sono un maldestro tentativo di raddrizzare le gambe ai cani, prima ancora che sui cani ci sia una seria diagnosi. Ad maiora, Renzie. Il tuo padrone di Arcore te ne sarà grato in eterno... Tafanus
Scritto il 10 febbraio 2014 alle 19:40 nella Berlusconi, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (1)
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08 febbraio 2014
Renzi al Governo al posto di Letta? L'idea fa schifo persino ai lettori di Repubblica
Persino ai lettori di Repubblica, quelli da lungo tempo "discretamente guidati" verso Renzi, l'idea di una staffetta Letta-Renzi fa più che leggermente schifo. La stragrande maggioranza dei rispondenti al sondaggio di Repubblica spiega che sarebbe una replica del Governo D'Alema, portato a Palazzo Chigi per "passaggio di testimone".
Solo un misero elettore su 9 vorrebbe subito renzino al timone. Cos'è, paura che nel passaggio dalla Direzione PR alla Sala Macchine, il renzino possa sporcarsi la camicia candida, Craxi-style? Parafrasando Gianni Clerici: "chiamato a passare dalle pugnette ai fatti, mostrerebbe chiaramente le sue umili origini"...
Il sondaggio online di Repubblica
P.S.: Qualcuno sa dirmi se - a mia insaputa - è uscito il "ripieno" del mitico "Giobatta"? e, just in case, dove posso trovarlo? Grazie
Tafanus
Scritto il 08 febbraio 2014 alle 18:06 nella Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (16)
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06 febbraio 2014
Matteo Renzi, Professione "Trascinatore delle Folle" (e dei folli)
Per mesi (e ancora oggi) mi sono sentito sfrantumare gli zebedei con la storia che si, forse le idee di Renzi non sono di sinistra, forse è un berluschino in sedicesimo, certamente è un democristo da riporto, figlioccio di De Mita e del Cardinal Betori. Ma, perdio, "con Renzi si vince".
Si vince adottando regole, programmi, etica, stilemi berlusconiani. Si vince COSA? Si vince PERCHE'? Si vince per portara a casa quali progetti di rinnovamento sociale del Paese? Non è dato sapere. Si vince, e tanto basta.
Con Renzi, il PD verso "magnifiche sorti e progressive". Quelle dettate da Berlusconi, Verdini, Gasparri e Casini. Ma non ha importanza. Pur di "vincere", milioni di perdenti nati sarebbero disposti a "vincere" indossando idee ed interessi altrui. Ma tant'è... La storia è piena di aspiranti-Pirro.
Ma DAVVERO "Il Trascinatore" porterà il PD verso trionfi che mai mente umana avrebbe potuto neanche lontanamente sognare? Oggi Repubblica mette in pagina il primo sondaggio sulle europee che si terranno fra tre mesi. Si, lo sappiamo. Il sistema elettorale per le europee è diverso dal Maialinum di Berlusconi e Renzi (il quale, per ora, è solo un foglietto d'appunti, visto che Renzi inizia a capire che il Parlamento, sulla faccenda, vorrà "parlamentare"; e che il penultimatum "o così o Pomì" si è già disintegrato contro il muro della real-politik. Il ragazzo è lento di comprendonio, ma alla lunga si riesce a fargli capire che non è stato nominato Imperatore d'Italia, ma solo segretario del PD. Quindi l'ampio campione intervistato da IPR Marketing (2200 rispondenti), credetemi sulla parola, non ha dato una risposta correlata al sistema elettorale, e quindi non valida per eventuali elezioni politiche dal sistema ignoto (e col futuro del Senato che per ora è una nebulosa lontana come Andromeda), ma - faute de mieux - da una risposta tutta ideologica, che non si discosta di molto da quella che avrebbe dato sulle intenzioni di voto alla Camera. Gli scettici, interroghino se stessi, la moglie, il fratello, i figli maggiorenni, sul grado di conoscenza dei sistemi elettorali, poi ci facciano sapere.
Ma torniamo alla "magnifiche sorti e progressive", alla ricerca delle quali tanti aspiranti cazzari, e cazzari im SPE, si sono fiondati sul carro del renzino, senza neanche chiedersi dove sia diretto, e se ha i freni a posto. In calce, le intenzioni di voto ai partiti. Con un paio di annotazioni metodologiche:
-1) Le intenzioni di voto sono per i partiti. Non esistono le coalizioni, quindi dovremo cercare di costruircele, se vogliamo traslare il voto ai partiti per le Europee, in eventuali strategie di coalizione - e relative conseguenze - in caso di politiche.
-2) Abbiamo riportato solo i partiti che superano, nelle intenzioni di voto a livello nazionale, almeno l'1% (...a proposito... i cazzari "maitres-à-penser" che ci criticavano quando attaccavamo il populista Di Pietro, sanno che "noi-dell'italia-dei-valori" è ormai finita sotto lo 0,5%, in concorrenza con la SVP?).
Ma iniziamo col mostrare i dati del sondaggio IPR per le europee di maggio:
Per confronto, riportiamo anche i dati finali delle europee del 2009:
Ad occhio, sembra che né il PD di Bersani, mé tantomeno il PD renzino, siano stati capaci di intercettare il disfacimento dei partiti cazzari (dal PdL, all'IdV, alla Lega). Sembra che questi partiti "disfatti" abbiano semplicemente rappresentato il terreno di coltura per l'ennesimo partito-cazzaro, il grillismo. Evviva. Ma adesso arriva Renzino che "ci fa vincere". Con la legge Berlusconi. Facciamo un piccolo esperimento (si può, data l'incultura media delle casalinghe di Voghera e degli idraulici della Brianza): mettiamo ogni partitone e partitino nella presumibile coalizione di "naturale destinazione", visti gli attuali sondaggi politici: M5S da solo, nel centro-sinistra PD, SEL e PSI, e nel centro-destra Forza Italia, NCD, Lega, UDC, Fratelli d'Italia, La Destra, e vediamo cosa accade:
Ma poichè, come si evince dai numeri, NON CI SAREBBE BALLOTTAGGIO, Berlusconi & Eredi beccjherebbero anche il premio dei maggioranza. Ed ecco il quadro realistico:
A questo punto, grazie alla grande intelligenza strategica del Bischero di Frignano, questa sarebbe la distribuzione dei seggo alla Camera (come è noto, tutto è ignoto per quanto concerne il Senato):
-1) Il Centro-Destra supererebbe abbondantemente la soglia del 37%, NON ci sarebbe ballottaggio, e il Berluska incasserebbe anche il premio di maggioranza:
-2) Il Centro-Sinistra delle "magnifiche sorti e progressive" si fermerebbe ad un abbisso del centro-destra (9 punti), ad un passo dai cazzari di Grillo;
-3) il Centro-Sinistra formato "Con-Renzi-Si-Vince", grazie alla legge fortemente voluta da Berlusconi, e fortemente accettata da Renzi e dai coglioni suoi seguaci, porterebbe a casa 163 deputati (meno della metà dei berlusclones), e sarebbe finalmente condannato alla perenne irrilevanza.
Perchè, cari renzini da riporto? Perchè il giorno in cui si verificasse un quadro di questo tipo, con Berlusconi & Eredi inchiavardati alle poltrone di comando coi tasselli Fisher, una nuova legge elettorale meno cretina ed oscena della Berlusconi-Renzi, ve la potreste scordare per due generazioni.
Complimenti per la perspicacia
Tafanus
Scritto il 06 febbraio 2014 alle 15:41 nella Berlusconi, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (9)
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04 febbraio 2014
Rigore, corruzione, Alitalia: la politica sporca dei Signori Mueller
Provaci ancora, Angela. Potrebbe essere il titolo nel nuovo "reality" tedesco. Ieri abbiamo pubblicato la notizia di Frau Angela Merkel, che di mattina chiede di affamare, a botte di rigore, i paesi del Club-Med, e di pomeriggio provvede a regalare a tutti gli Herr Mueller di Krande Ghermania uno sconticino di quattro anni sull'età pensionabile, portandola da 67 a 63 anni. Un regalino da 160 miliardi di € da qui al 2030.
Ma ieri si sono verificati altri due fatterelli, in arrivo dai correttissimi paesi mitteleuropei, che fanno riflettere... Diceva Agatha Christie che una coincidenza è una coincidenza, due coincidenze sono un indizio, tre coincidenze sono una prova...
Della prima "coincidenza" (quella pensionistica) abbiano detto.
La seconda: la simpatica commissaria Cecilia Malmström, svedese, commissario europeo per gli affari interni, eletta con la destra liberale, non ama il Club-Med, e si venderebbe l'anima per far felice Angela. Dunque ieri questa simpaticona ha scoperto ciò che noi sappiamo e scriviamo da alcuni anni; che il costo stimato della corruzione in Italia è di circa 60 miliardi di euro all'anno. Lo sapevamo anche senza la scienza della Sciura Cecilia, laureata in materie letterarie, nessuna esperienza in economia. Lo sapevamo dalle autorevoli valutazioni della nostra Corte dei Conti (costituita da esperti in economia, con scarsi apporti di esperti in letteratura).
Ma la Sciura Cecilia ha aggiunto il carico da novanta. Ha stabilito (come, non dice... de minimis non curat praetor) che il costo della corruzione in Italia è esattamente la metà del costo della corruzione in TUTTA l'UE. Dunque (considerazione tafanesca), dato che l'Italia rappresenta circa un quarto del PIL della UE, ma la metà della corruzione, il conticino (alla portata di qualsiasi letterata) è presto fatto: l'Italia ha una propensione a praticare l'arte della corruzione di ben quattro volte superiore alla media europea. Una media europea alla quale partecipano paesi come la Grecia, il Portogallo, la Spagna, la Bulgaria, la Croazia, la Romania... Paesi risaputamente esenti da fenomeni corruttivi. Interessante, vero? Le fonti dell’Ue s’affrettano a precisare che i dati non sono esattamente comparabili. Ma Cecilia Malmström, commissaria europea agli Affari Interni, è abituata a bacchettare l’Italia, e quindi non va tanto per il sottile. A un certo punto si arrampica su uno specchio inclinato e insaponato, e "esprime preoccupazione per il grado di corruzione degli appalti pubblici, denunciato dal 92% delle imprese, contro una media Ue del 73%". Non è magnifico??? Ma se l'Italia, come dice la professoressa di latino, ha il quadruplo di propensione alla corruzione, come mai un quarto di 92% fa 73%? Basterebbe la famosa "macchinetta del cinese" da un euro per capire che un quarto di 92 dovrebbe fare 23, non 73... Misteri dei fustigatori di conti pubblici (altrui)... Ma è misteriosa anche l'incompetenza dei giornali(sti) italiani, da NESSUNO dei quali abbiamo sentito sottolineare i fantastici conti della Sciura Cecilia...
Ma cosa volete che importi di questo ad una svedese dalla faccia alquanto equina, abituale fustigatrice del Club-Med, ed altrettanto abituale adoratrice di Frau Angela Merkel? Viene il sospetto che sia il momento migliore per divulgare questo - chiamiamolo così - "rapporto", nel momento in cui Enrico Letta sta facendo un tour negli Emirati Arabi, per promuovere l'immagine dell'Italia in genere, e per trattare l'affaire Alitalia-Etihad in particolare. Etihad: National Airline of United Arab Airlines.
Già: i paesi del Golfo, l'Alitalia, Etihad. E qui arriviamo alla terza, più maialesca coincidenza.
Come il Manzoni faceva dire ai bravi di Don Rodrigo... "Or bene, gli disse il bravo all'orecchio, ma in tono solenne di comando, questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai"
Non è stupendo? Qui abbiamo Alitalia nella parte di Lucia, Etihad nella parte di Renzo, Angela nella parte di Don Rodrigo, e la Sciura Cecilia nella parte dei "bravi". Ma cosa gliene viene, a questa "serva sciocca" di Don Rodrigo Merkel?
La cosa assume toni da svacco totale: Lufthansa (che avrebbe voluto comprare l'Alitalia "aggratis", buttar via tutto il personale, ed impadronirsi degli appetibili "slot" Alitalia, immaginiamo col beneplacito della Sciura Merkel), apre una polemica a livello Commissione Europea sull'eventuale accordo Alitalia-Etihad, senza conoscere i termini di un accordo che è tutto da fare. Insomma, si porta avanti col lavoro. E si porta avanti con la figura di merda. E per descrivere la figura di merda, leggiamo Repubblica/Economia di oggi
"...La Commissione europea non reagisce ancora ufficialmente alla polemica sollevata da Lufthansa sulla possibile alleanza tra Alitalia e Etihad, ma in modo ufficioso lascia trapelare che la richiesta della compagnia tedesca di bloccare l'operazione per presunti aiuti di stato illegali non rientra nelle competenze dell'Antitrust Ue [...] Commentando le richieste di Lufthansa, infatti, un funzionario della Commissione, ha precisato che "la base legale per il controllo della validità degli aiuti di stato esercitato dalla Commissione si riferisce esclusivamente agli aiuti dati da uno stato membro Ue".
In sostanza, l'antitrust europeo non ha poteri per bloccare eventuali sussidi illegali garantiti da paesi extra Ue, come chiede Lufthansa, che accusa la compagnia di Abu Dhabi di godere di aiuti anticoncorrenziali, e per esteso teme che Alitalia possa fruire di un simile supporto in caso di alleanza con Etihad..."
"...Una presa di posizione che fa tirare un sospiro di sollievo al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, secondo cui - dice in un'intervista alla Stampa - i tedeschi "speravano nel fallimento di Alitalia, di dividersi le spoglie del nostro mercato, trasformando i nostri aeroporti in piccoli scali per alimentare il traffico su Francoforte e Monaco..."
Ora, decenza avrebbe voluto che la brava Frau Merkel e la sua ammiratrice svedese avessero lasciato scorrere le lancette dell'orologio almeno per qualche ora, prima di far uscire in piena stretta finale della trattativa Alitalia-Etihad questo "rapporto sul nulla", redatto non si sa da chi, né con quale metodologia. E con divisioni e moltiplicazioni che non dovrebbero quadrare neanche nella Facoltà di Lettere. E i bravi managers di Lufthansa bene avrebbero fatto ad aspettare di conoscere i termini dell'eventuale accordo, prima di stabilire che viola questo e quello.
Pensando a tutto questo, sempre meno soppporto l'idea di essere governato da chi, appena incassata la fiducia del Parlamento, si era precipitato a Berlino per il "bacio della pantofola" alla Sciura Merkel. E se Letta ogni tanto si ricordasse che un paese che - per l'appunto - vale un quarto dell'economia della UE, e che paga all'Unione più di quanto non riceva in cambio, dovrebbe qualche volta pretendere che fossero gli altri a baciare la sua pantofola?
Tafanus
Scritto il 04 febbraio 2014 alle 21:17 nella Criminalità dei politici, Economia, Politica, Tafanus | Permalink | Commenti (13)
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03 febbraio 2014
Claudio Messora, il megafono di Grillo con la fissa di sesso e sogni erotici (...ognuno ha il "portavoce" che si merita...)

Claudio Messora è il perfetto testimonial dello stile grillino. Prima getta il sasso, poi ritira la mano. Prima insulta, poi si scusa. Prima scrive, poi ritratta. Prima offende, poi ci scherza: «Era una battuta». E' la strategia di Grillo e dei grillini. Superare tutti i limiti, e poi fingere di tornare sui propri passi. Il grillino che brucia i libri? «Non ci rappresenta». I commenti contro la presidente della Camera? Spariti. Il tweet di Boldrini? Cancellato. Che ci vuole, basta un hacker. Ma intanto ogni giorno un nuovo muro è infranto, con buona pace del rispetto delle persone, delle donne, delle istituzioni.
Messora, però, i muri li aveva infranti già anni fa, quando scrisse, e mai cancellò, un post sessista su tre ministri del governo Berlusconi. «Ho fatto una cosetta a tre con la Carfagna, la Gelmini e la Prestigiacomo», s'intitolava il testo scritto l'11 luglio del 2010 e mai cancellato. E' ancora lì, sul blog del responsabile comunicazione M5S al Senato, un signore pagato circa 6mila euro al mese grazie ai soldi dei contribuenti.
Messora parla delle tre ministre berlusconiane. Poi spiega: «...L’inconscio freudiano, con la sua imponderabile associazione di simboli, mi ha proiettato in un universo parallelo che lo stato cosciente non mi avrebbe mai consentito di immaginare», scrive.
«Mi trovavo sempre disteso sul letto ma ecco che insieme a me, in completo deshabillé, c’erano proprio loro: Mara, Stefania e Mariastella...
L’associazione immaginifica di Mara alla fellatio è stata automatica... Per Mariastella, invece, l’inconscio ha suggerito una elaborata legge del contrappasso. Si dice così tanto in giro che abbia sodomizzato la scuola che… Stefania invece era un problema. La sua natura imprenditoriale le conferiva una qualità di penetrazione attiva, tipica dello stupro – lo stupro del territorio, lo stupro dell’ambiente -, che francamente anche un super-io dormiente come il mio si rifiutava in qualunque modo di subire...».
Ognuno, come scrivevo all'inizio, ha i "portavoce" che si merita. Grillo non meritava più di Messora, e Messora forse non avrebbe potuto aspirare a fare il "portavoce" (in senso dantesco) di qualcosa in più di Grillo. Simul stabunt, simul caghent. In napoletano: "...'o Pateterno 'è fà, e 'a Maronna l'accocchia..."
In questo post di Messora non è offensiva la volgarità (ormai, nel mondo fallocratico del grillismo, il pompino e la sodomizzazione sono diventati l'alfa e l'omega della Nuova Politica. Offende il fatto che un quarto dell'elettorato italiano abbia portato alle poltrone (non al potere, che non sanno né conquistare, né usare), questi che ormai sanno solo contare le carte delle caramelle, e parlare di pompini.
E sarei - senza offesa - molto curioso di sapere quali sarebbero i sentimenti del "portavoce" se qualcuno, su un altro medium, raccontasse di sogni erotici (...si sa.... ai sogni non si comanda...) a base di pompini e sodomizzazioni , riferiti (può succedere, nei sogni) alle donne di casa del "porta-flatulenze" del MòViMento a 5 Stelle.
Messora, e chiederle di scusarsi, sarebbe troppo, vero?
Tafanus
P.S.: Questo post, per il quale non riesco a trovare una definizione adeguata, fa ancora oggi bella mostra di se sul blog di Claudio Messora (cliccare sulla foto):
Troppo tardi, caro Messora. Perchè lei può anche averlo fatto sparire dal suo sito, ma non può farlo sparire dalla rete. E quindi posto in calce la copia cache di ciò che lei ha fatto maldestramente sparire fuori tempo massimo, perchè rimanga agli atti:
La Carfagna, la Gelmini e la Prestigiacomo

Ieri, a Siracusa, Stefania Prestigiacomo, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna hanno presenziato al secondo incontro della Fondazione Liberamente, cui hanno dato i natali insieme a Sandro Bondi, Raffaele Fitto e Franco Frattini.
Tre ministri donna, tutte e tre in conflitto di interessi. La Prestigiacomo è Ministro dell’Ambiente. Potrà mai una ex rappresentante del mondo dell’imprenditoria, con tutti i legami che nel tempo ha creato con gli industriali, tutelare efficacemente l’ambiente? No. E infatti tutela gli industriali, avendo sempre seccamente rifiutato, in nome e per conto degli italiani, tutti gli obiettivi di abbattimento delle emissioni di anidride carbonica proposti dall’Unione Europea.
La Gelmini è Ministro dell’Istruzione. Da studente, per conseguire la sua iscrizione all’albo degli avvocati, non riuscendo a passare l’esame a Brescia è andata a sostenerlo a Reggio Calabria, dove il numero degli ammessi è il triplo rispetto a quelli di Brescia, denunciando innanzitutto scarsa brillantezza e poi un’indole insofferente al rigore formale che esige una preparazione impeccabile, preferendo le scorciatoie alle sfide intellettuali. Potrà mai, una che cerca sotterfugi per dimostrare la sua competenza professionale allo Stato, occuparsi per conto dello Stato stesso di migliorare l’istruzione e sostenere le ragioni di una efficiente verifica della preparazione, principio base della meritocrazia? No. E infatti la sua riforma sta uccidendo maestre, professori, docenti, il mondo della ricerca e, ovviamente, gli studenti.
La Carfagna è Ministro per le Pari Opportunità. Si occupa cioè di assicurarsi che tutti abbiano le stesse chances di conseguire un determinato risultato. Potrà mai, una che si è fatta strada esibendo le innegabili doti esteriori del suo corpo, facendosi conoscere e apprezzare come modella, valletta, soggetto conturbante di calendari provocanti, una che è stata notata da Silvio Berlusconi proprio in virtù della sua bellezza (“se non fossi già sposato, la sposerei immediatamente“), una cioè che deve alla generosità di madre natura gran parte del merito e delle opportunità che la vita le ha riservato, farsi garante del fatto che una brillante carriera possa essere alla portata di chiunque, ovvero rinnegare se stessa ed i vantaggi che la sua esteriorità ha saputo conferirle? Se una simile contraddizione fosse possibile, il primo doveroso passo sarebbero le sue stesse dimissioni, per ristabilire le pari opportunità, appunto, tra gli aspiranti alla posizione di Ministro per le Pari Opportunità.
Scritto il 03 febbraio 2014 alle 23:08 nella Politica, Tafanus | Permalink | Commenti (14)
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01 febbraio 2014
Off Topics del 1° Febbraio
...qualcuno si ricorda ancora di questo cazzaro che faceva l'elogio del nucleare, anche dopo che la crisi di Fukushima si era palesata in (quasi) tutta la sua gravità??? Bene, il suo sito esiste ancora, solo che finalmente tace. E' in coma farmacologico. Sono ben 14 mesi che non spara più una sola idiozia. L'ultimo post (vedi foto in calce) risale esattamente a 14 mesi fa...
Forse il cazzaro che cantava delle "magnifiche sorti e progressive" del nucleare è a corto di idee... Allora gli forniamo noi un altro spunto: la crisi (è di ieri) della più grande centrale nucleare dei paesi UE... (cliccare sulò cupolone per accedere all'articolo)
Scritto il 01 febbraio 2014 alle 01:00 nella Nucleare, Tafanus | Permalink | Commenti (8)
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30 gennaio 2014
Berlusconi "incassa" la legge Renzi . Il "Geniale" ringrazia
Renzi cala le braghe su tutta la linea: Alza la soglia per il premio di maggioranza, ma poco poco... Vara la legge salva-lega, che così potrà entrare in coalizione con Forza Italia; alza la soglia di sbarramento per i partiti non coalizzati, a limiti irraggiungibili per Alfano, Monti, Casini, così dovranno scegliere se sparire o allearsi a Berlusconi, permettendogli di raggiungere il 37% e il premio di maggioranza; sparisce il divieto, per i caporioni, di candidarsi in più collegi; restano le liste bloccate dei nominati; sparisce qualsiasi accenno alle "quote rosa"; sparisce qualsiasi accenno alle primarie di collegio, persino a quelle "facoltative", ma regolate per legge.
Berlusconi è servito. Il Geniale ringrazia il Servo Sciocco. Dove lo trovano più, uno come Renzi???
Scritto il 30 gennaio 2014 alle 11:48 nella Berlusconi, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (11)
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29 gennaio 2014
L’autolesionismo di Matteo Renzi (di Leonardo Tondelli)
Ci voleva forse Matteo Renzi per farci capire che un accordo con Berlusconi sul sistema elettorale non è affatto difficile: basta dargli tutto quello che vuole.
Quando presentò il suo accordo “prendere-o-lasciare” alla direzione del PD, chi si ostinava a vedere il bicchiere mezzo pieno notò che almeno non erano previste le candidature multiple – almeno quelle. Almeno non avremmo rivisto i notabili dei partiti in cima ai listini di tutti i collegi, pronti a lasciare il posto ai perfetti sconosciuti in coda. Ognuno può avere un’idea diversa su dove passi il confine tra decenza e indecenza, ma almeno c’è consenso sul fatto che le candidature multiple stiano al di sotto della linea. Meno male.
Un paio di giorni dopo il NCD – la filiale di Berlusconi presso il governo – ha presentato un emendamento che reinseriva le candidature multiple. Quando Alessandro Gilioli, giornalista dell’Espresso, ha provato a chiederne conto a Renzi su twitter, ne ha ricevuto una risposta davvero interessante. La domanda era: ti impegni a evitare le candidature multiple? La risposta eccola qui.
"Per adesso non ci sono. Non mi ci immolo (come ballottaggio, premio, sbarramenti). PD, cmq, non farà MAI candidature multiple
— Matteo Renzi (@matteorenzi) January 25, 2014
Insomma, sì, può darsi che lo stiano fregando: è una possibilità, lui non ci si immola; quello che può fare è garantire che lui, cmq, non li fregherà MAI. Se la coalizione di centrodestra riuscirà in questo modo a produrre liste più appetibili agli elettori, pazienza: Matteo Renzi non potrebbe mai abbassarsi a un trucchetto simile.
Questa forma malintesa di fair play, per cui lasci che il tuo interlocutore ti boicotti la legge elettorale e non approfitti nemmeno dei trucchi che lui si sta permettendo, è una delle cose meno nuove di Matteo Renzi: un atteggiamento che prima di lui fu di Veltroni e persino di D’Alema. L’antiberlusconismo “agonistico” di chi ritiene che per quanto disonesto, per quanto infido, per quanto pregiudicato, Silvio Berlusconi vada battuto sul campo: non importa se il campo è in discesa per lui e in salita per noi. È un atteggiamento che fin qui non ha pagato, ma Renzi ritiene di avere delle cartucce che i suoi predecessori non avevano, e magari le ha davvero. Io spero che le abbia.
Cito un mio vecchio pezzo: Esiste un antiberlusconismo agonistico, non mi viene in mente un altro aggettivo con cui definirlo: è l’antiberlusconismo di quelli che B. lo vogliono “battere alle elezioni”: sottointeso, ad armi pari. In realtà si sottointende un’enormità, perché B. non usa armi legali: ha a disposizione un patrimonio immenso, accumulato con metodi discutibili, come per esempio la corruzione (possiamo dirlo ormai, ci sono le sentenze). Dispone di una corazzata mediatica un po’ ammaccata ma ancora senza rivali per potenza di fuoco in Italia, e lo si è visto in campagna elettorale: B. non è riuscito a vincere, ma riesce ancora ad evitare che vinca qualcun altro.
Cosa significa “batterlo alle elezioni”? Con che risorse, visto che lui ne ha di enormi? Con che televisioni? Non si sa, non si è mai capito. Gli antiberlusconiani agonistici sono di solito tipi sportivi, pronti a gettare il cuore oltre all’ostacolo: prima o poi, lasciano intendere, gli italiani tiferanno per loro, ammireranno la loro sportività, il fair play del galletto che sfida la faina al giro dell’aia. Finora son tutti finiti male (Occhetto, Rutelli, Veltroni), però magari questa volta chissà.
In questi giorni Renzi ci ha spiegato che questo sistema non lo vogliono soltanto lui e Berlusconi, ma anche i due milioni di elettori delle primarie: in realtà erano un po’ meno di due milioni, e c’è anche quel milione scarso che non votò per lui, ma questi son dettagli. È difficile immaginare che gli elettori di Renzi in dicembre avessero in mente una situazione del genere, con Berlusconi in grado di tagliarsi il sistema elettorale a seconda delle sue esigenze (norme salva-Lega incluse). Molti, senz’altro, votarono Renzi perché si fidavano di lui. Molti probabilmente si fidano ancora. Tanti altri speravano in un uomo nuovo, lontano dagli atteggiamenti autolesionistici che avevano fin qui danneggiato il PD. Ecco, sull’autolesionismo la sensazione è che ci sia ancora molto da lavorare. http://leonardo.blogspot.com
(Credits: grazie a NonnaMana per la segnalazione)
Gli "Uomini Nuovi" dello statista di Frignano sull'Arno
Per giorni e giorni, all'inizio dell'era del renzismo, i renzini da riporto ci hanno sfrantumato le palle cogli "uomini nuovi" di cui si era circondato Matteo. Così nuovi, che nessuno sapeva chi fossero. Dal mitico "consulente economico" Yoram Gutgeld (quello che "viene dalla McKinsey, Antonio... non so se tu sai cosa sia la McKinsey..."), a Giorgio Gori del Grande Bordello, a Michele Serra, misterioso finanziatore del renzismo con fondi alle Isole Cayman (noto paradiso della trasparenza)... Da Davide Faraone (un "nuovo che avanza ex Lombardo della MPA) a Marianna Madia (quella che sbaglia ministero).
Oggi MICHELE Serra (non DAVIDE il Finanziere), torna sul minchionismo di Twitter, e lo fa a modo suo, facendo a pezzettini le "brillanti idee in 140 battute" di DAVIDE Serra (Il Finanziere). Peccato che Il Finanziere, per esprimere le sue idee in termini di "Capitale & Lavoro", si sia rifugiato nel "cici - ciuciù" di Twitter... Ci piacerebbe leggere le idee di Davide Serra (che poi sono quelle di Renzi) sul rapporto fra capitale e lavoro in 140 pagine, anzhichè in 140 battute. Giusto per togliere alla pochezza del pensiero l'alibi del "vincolo dimensionale":
Se Davide Serra vuole spiegarsi meglio, sappia che gli mettiamo a disposizione anche 14.000 battute, contro le 140 nelle quali, poverino, è costretto a NON spiegarsi su Twitter. Stessa offerta per lo Statista di Frignano sull'Arno. Ma poichè sappiamo per "quasi-certissimo" che né Davide Serra, né Lo Statista, ci degneranno di una risposta, mettiamo a disposizione lo spazio per una difesa d'ufficio anche da parte dei renzini da riporto che frequentano questo blog: da quello che voleva spiegarmi cosa fosse la McKinsey, a quello che mi rimproverava per la frequenza settimanale (troppo alta) della rubrica sul monitoraggio dei "fatti vs pugnette" di Matteo Lo Statista (che poi sarebbe lo stesso che ni aveva rimproverato di aver dedicato ben 11 puntate alla demolizione del mitico "Big Bang" di Matteo Renzi (sempre modesto, il renzino... Non finirà col perdere consensi, con tutta questa modestia? NdR)
Già... quello da cui attendiamo ancora (sono trascorsi 13 giorni dalla data-pugnetta) il "contenuto" dell'indice del Giobatta; quello che "prendere-o-lasciare", ormai precipitato nel suk arabo 35% - 37% - 4% - 5% - preferenze si-no-nonso; primarie si-no-facoltative; candidature multiple giammai-si-no-vediamo; da quello del "salvalega" da regalare a Berlusconi.
Già... parliamo troppo spesso dello Statista. Ma siamo disposti a fare un patto: Renzi non ci offra ogni 5 minuti occasioni per parlare di lui, e noi non parleremo di lui ogni 5 minuti. Tafanus
Scritto il 29 gennaio 2014 alle 14:46 nella Berlusconi, Economia, Media , Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (25)
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28 gennaio 2014
E se Matteo Renzi portasse sfiga???? "Italicum ultimo treno"!... Ci voleva il genio di Renzi per chiamare la sua legge come il treno della morte...
...Geniale Renzi! Leggo questo suo penultimatum": "Italicum ultimo treno", e la mia mente non può che correre alla strage del treno Italicus di San Benedetto Val di Sambro del 4 Agosto 1974... D'accordo, d'accordo... Renzie è nato 5 mesi dopo, quini la sua dabbenaggine "c'ha l'alibbbi"... Ma esistono anche cosette come i libri, la memoria sorica tramandata da altri, internet, il buon gusto... Possibile che Renzie sia riuscito a sotterrare TUTTI questi strumenti in una sola botta di dabbenaggine???
Lo confesso... Non sono superstizioso, però... Quando Fonzie ha scelto questo nome da porta-sfiga per il suo Maialinum, e per peggiorare le cose ha anche parlato di "ultimo treno", la mia manina è corsa verso il "basso ventre"... Va bbè... la superstizione è da ignoranti, ma in fondo una toccatina alle palle cosa costa?
Per colmo di sfiga, mentre Renzie è rimasto al suo ritornello "o così o Pomì", sembra che il suo Maialinum incontri contrapposte resistenze (come avrebbe potuto immaginare quialsiasi persona dotata di Q.I superiori a 60, piccoli e grandi partiti hanno "interessi divergenti", esattamente come divergono gli interessi dei due partiti che si credono "maggiori -e quindi papabili per un eventuale ballottaggio - da quelli che non sono papabili). E da quelli che potrebbero soffiare il secondo posto a Forza Italia (leggi M5S). Renzie pensava che la la riforma della legge elettorale si potesse fare comprando il "Kit del Piccolo Riformatore", ma così non è... Le cose appaiono più complesse di quanto non le abbia immagibate il nostro "portatore sano di sfiga e di dabbenaggine".
Persino Renzi inizia a temere di essersi spinto un poò troppo in la con la sua presunzione, e dagli ultimatum è già arrivato ai penultimatum. Dal "Così o Pomì" era prima passato al "si può cambiare qualche punto se c'è l'unanimità". Ora si accorge che l'unanimità con c'è e non può esserci su un bel niente, e allora siamo già al "qualcosa si può cambiare se è ragionevole". Ora si tratta solo di stabiloire CHI deciderà circa la ragiobevolezza, e poi ci siamo. Deciderà Renzie, O Marianna Madia? Intanto godiamoci il suk arabo della "trattativa" dell'Uomo del Fare..
Tafanus
Renzi: "Italicum ultimo treno, se non passa legislatura finita" (Fonte: tmnews)
Roma, 24 gen. (TMNews) - "Se qualcuno pensa di fare lo sgambetto all'accordo col voto segreto, la legislatura fallisce. Questa è l'ultima chance anche per i parlamentari. Io più che fare l'accordo non posso. Se qualcuno pensa con il voto segreto di sgambettarlo non è che fanno un danno a me, fanno un danno a loro, perché la legislatura sostanzialmente vede il proprio fallimento. Poi che vada avanti o no dipende dal presidente della Repubblica, ma certo che perdono la faccia". Lo ha affermato sulla legge elettorale "Italicum", il leader del Pd Matteo Renzi.
"Se c'è l'accordo di tutti - ha sottolineato in una intervista a "Virus" su Raidue- le soluzioni si trovano" e "ho l'impressione che non si possa in nome di un punto mandare a monte un accordo complessivo, altrimenti poi che succede? Chi perde la faccia? Dopo anni in cui hanno fatto i tavoli di lavoro, le commissioni, i gruppi di studio e i comitati dei saggi, oggi in un mese abbiamo stretto su tre punti fondamentali: Senato gratis e via i senatori, lotta al potere gestito dai consiglieri regionali e legge elettorale in cui si sa chi vince, non come l'ultima volta. Su questi tre punti che comportano un miliardo di euro di rimborso ai cittadini, di risparmio, con Berlusconi e anche con Alfano c'è un accordo vero. O si chiude o si perde l'ultimo treno".
E ancora. "Cos'è che ha fregato l'Italia in questi anni tra tanti problemi? Il fatto - ha denunciato ancora uan volta Renzi- che ci siano dei piccoli partiti che prendono una piccola percentuale di voti e che poi in Parlamento stanno lì e dicono: o facciamo come diciamo noi oppure le cose non passano. Un meccanismo di veto, un potere di blocco che forse poteva andare bene in un sistema di pesi e contrappesi come nella Prima Repubblica. Ma ora che senso ha, ora che devo fare una riforma epocale e devo stare tutte le volte a trattare con il singolo partitino?".
P.S.: Intanto sullo Huffington Post leggiamo queste brevi righe:
"...Il politologo Roberto D'Alimonte, padre dell'Italicum ovvero il nuovo sistema di voto presto in discussione alla Camera, risponde sul Sole 24 Ore al suo collega Giovanni Sartori che aveva criticato la riforma, ribattezzandolo "Bastardellum". Uno dei punti più invisi all'editorialista del Corriere della sera è il premio di maggioranza previsto dalla riforma..."
Oddio... Sono confuso... Ma è lo stesso D'Alimonte che qualche commentatore, sul Tafanus, aveva linkato come padre di una "ricerca scientifica ed oggettiva" del CESI di D'Alimonte della Luiss? E che noi, stupidi, avevamo classificato come "king-maker" di Renzie? E ora scopriamo da altre fonti che sarebbe addirittura l'autore della porcata che Renzi ha fatto orgogliosamente sua? Solo per sdapere...
Tafanus
Scritto il 28 gennaio 2014 alle 14:02 nella Berlusconi, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (5)
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25 gennaio 2014
Matteo Renzi, dalla "Ruota della Fortuna" al "Rischiatutto"
Nella sua sfrenata ambizione, tutta giocata su metodi macchiavellici (...il fine giustifica SEMPRE i mezzi?...) Renzi ha messo in atto un modo di far politica in stile "assalto alla dirigenza".
Un modo spaccone e violento, fatto di occupazione a tappeto di tutte le poltrone, poltroncine e strapuntini (vedi segreteria occupata militarmente in 18 ore); di insulti agli avversari (vedi Fassina, vedi Cuperlo); di berlusconiana intolleranza verso i metodi democratici (la "legge elettorale è o così o Pomì: si fa quello che dice lui, altrimenti si va al voto); di continui insulti e provocazioni a Letta; di ambiguo zig-zagare fra Berlusconi e Alfano; di esplicita volontà di liquidare una volta e per tutte i piccoli partiti; di menefreghismo nei confronti della sentenza della Corte Costituzionale (con la riproposizione di ciò che la corte ha esplicitamente bocciato); di occupazione militare dei media (credo che gli manchino ancora e solo le partecipazioni al "Grande Fratello", a "Ballando con le stelle" e a "Forum", ma è sempre in tempo a rimediare). Ai proclami della serie "Dio, perchè mi hai fatto così bravo" (...ho fatto più io in sette giorni che gli altri in tre anni; la legge elettorale si può fare in sette giorni; ho fatto più io in un mese che gli altri in otto anni; il "Jobs Act" sarà riempito di contenuti in 4 giorni; in quattro mesi di può fare la legge elettorale (...ma non era "in sette giorni"?), e cambiare la Costituzione. Per non parlare della violenza fatta per volontà di autoaffermazione, o peggio per ignoranza, portando un pregiudicato a discutere nei luoghi sacri alla memoria dei tanti che hanno ancora idealmente tatuata la faccia seria e triste di Berlinguer sul braccio sinistro...
Ora anche per Renzi è giunto il momento di dimostrare che non è il solito fuoco fatuo "tutto chiacchiere e distintivo", ma il compito è reso difficile dal livello esagerato di aspettative che è riuscito a creare negli adoratores, e dal livello elevato di inimicizie che si è creato nella "vecchia politica", che è seduta sulla sponda del fiume, in attesa...
Nell'articolo che segue, Marco Damilano analizza il percorso ad ostacoli di Fonzie nei prossimi 4/5 mesi. Un periodo breve in cui, avendo già raschiato il barile delle chiacchiere, dovrà passare agli "achievements", pena una caduta proporzionale solo alla velocità della salita sul suo carro di chi ha puntato sul ggiovane statista tutte le fiches. Significativo il fatto che negli ultimi giorni i toni si stanno "attenuando". Ultimo esempio? La legge elettorale nono è più "o così o Pomì", ma "se ce l'unanimità, si può modificare".
E se non c'è l'unanimità, ma una determinante maggioranza contraria alle liste bloccate, o alle soglie di sbarramento concordate con Arcore, cosa fa? Spara ai dissidenti, che peraltro è difficile individuare da un voto segreto? Li polverizza con una battutaccia alla "Bischero di Frignano"? li soffoca sotto una coltre di tweet? Si dimette? E, just in case, questa sarebbe una minaccia o una promessa? Wait and see... Tafanus
Da oggi a maggio Matteo si gioca tutto. Tra Letta bis e riforme, il partito diviso e l'incognita voto segreto (di Marco Damilano - l'Espresso del 26/01/2014)
Ma come avete fatto a trovare l'erede di Berlusconi? Noi non ci siamo riusciti in venti anni», ha chiesto Mariastella Gelmini a Rosy Bindi dopo le prime uscite del neo-segretario del Pd Matteo Renzi. «C'è una differenza, dopo quello che è capitato a Gianni Cuperlo ho capito che in confronto a Renzi Berlusconi è buono». L'entusiasmo della parte avversaria, quella di Forza Italia «in profonda sintonia con noi», come ha detto il sindaco di Firenze dopo aver incontrato l'ex premier interdetto e decaduto nella sede di largo del Nazareno, è seconda solo allo sconcerto che il ciclone Matteo sta provocando tra gli alleati di governo, a Palazzo Chigi e nel suo partito.
Il sindaco-segretario prova a entrare nella storia: il ragazzo di Firenze che a meno di quarant'anni fonda la Terza Repubblica. Con la proposta di legge elettorale ribattezzata Italicum, proporzionale con un premio di maggioranza che scatta per chi conquista il 35 per cento dei voti, eventuale doppio turno tra i due schieramenti più votati nel caso che nessuno riesca nell'impresa, soglie di sbarramento e liste bloccate, e con un pacchetto di riforme costituzionali che va dall'abolizione del Senato elettivo alla revisione del titolo V sul federalismo. Un obiettivo da raggiungere senza badare ai mezzi: la spregiudicatezza, incontrare il Giaguaro di Arcore per mettere con le spalle al muro i partiti minori, a partire dall'Ncd di Angelino Alfano, la brutalità, la ferocia, nei confronti dei nemici ma anche dei critici interni al partito, da Cuperlo a Stefano Fassina, altro che lo stil novo lezioso e effimero cui sembrava ispirarsi il giovane sindaco negli anni dell'esordio politico, la rapidità di esecuzione che fa sembrare gli altri protagonisti inquilini del museo delle cere.
Sui tempi, sulla velocità delle riforme Renzi punta gran parte della sua credibilità e del suo futuro. Ha già convocato a raffica due direzioni del Pd, una sul lavoro e una sull'Europa, «tra quindici giorni, c'è già troppa carne al fuoco». E lo chef rischia di scottarsi. «Nei prossimi quattro mesi mi gioco tutto», ammette il leader. L'ingresso nella storia, la faccia, il consenso. Vediamo perché.
Prima casella: legge elettorale subito, il 29 gennaio in aula alla Camera. L'Italicum è nella commissione Affari costituzionali della Camera, l'esordio non è stato rassicurante, con le bordate arrivate dal ministro Gaetano Quagliariello (Ncd) e dal montiano Renato Balduzzi. E i numeri ballano anche nel Pd: su ventuno deputati in commissione, dodici sono su posizioni opposte a quelle di Renzi, tra loro Gianni Cuperlo, presidente dimissionario del Pd dopo il violento scontro con il segretario, la combattiva Rosy Bindi, il pasdaran dei bersaniani Alfredo D'Attorre, lo stesso ex segretario ora convalescente dopo il ricovero in ospedale. Un anticipo di quello che potrebbe accadere quando la legge arriverà la settimana prossima nell'aula di Montecitorio. La rivolta dei piccoli partiti, da Scelta civica a Sel alla Lega ai Fratelli d'Italia, contro la soglia di sbarramento del 5 per cento per accedere ai seggi, considerata troppo alta (secondo i sondaggi attuali entrerebbero in Parlamento solo Pd, Forza Italia e Movimento 5 Stelle), e contro le liste bloccate in nome del ritorno alle preferenze (le vogliono in pochi, in realtà, ma è un utile argomento per modificare la legge), la pioggia di emendamenti dei deputati grillini. E soprattutto l'incubo del voto segreto, previsto dal regolamento della Camera. In questa legislatura, e con i deputati del Pd tra cui ancora si annidano impuniti i 101 che eliminarono Romano Prodi dalla corsa per il Quirinale, sarebbe gioco facile per un altro partito (Forza Italia?) affossare la legge e poi dare la colpa ai democratici, sfregiando Renzi con l'accusa di non controllare le sue truppe. Tra gli anti-renziani non vedono l'ora.
Seconda casella: approvazione legge elettorale alla Camera e presentazione pacchetto riforme costituzionali. Nell'agenda Renzi la data cerchiata è il 15 febbraio, entro quel giorno il segretario vorrebbe cominciare a discutere nelle commissioni parlamentari dell'abolizione del Senato elettivo e la riforma del titolo V. Intanto c'è da riscrivere il patto di governo, il contratto di un anno di legislatura che il premier Enrico Letta vorrebbe sottoporre agli alleati entro il 29 gennaio. Alfano chiede un Letta-bis, un rimpasto o una nuova squadra con il coinvolgimento di ministri renziani, il leader del Pd rifiuta di farsi incastrare e continua a sparare alzo zero sulle «figure barbine» del governo.
Stop e rischio elezioni. Se la Camera dovesse far saltare il patto sulla legge elettorale a voto segreto il segretario ha già anticipato quale sarebbe la sua reazione: «Se qualcuno del Pd si presterà ai giochi a voto segreto, sappia che si aprirà una discussione non nel partito ma nel Paese, con conseguenze che lascio immaginare». La richiesta di un voto anticipato in primavera, di fronte a un Parlamento delegittimato dalla sentenza della Corte costituzionale e incapace di auto-riformarsi. Si andrebbe a votare con la legge riscritta dalla Consulta, proporzionale con voto di preferenza che piace tantissimo agli inquilini del Palazzo. Meno al Quirinale, che però potrebbe essere costretto a prendere atto del suicidio della classe politica.
Terza casella: elezioni in Sardegna. Il 16 febbraio si vota nell'isola, con il Pd in difficoltà dopo il ritiro di Francesca Barracciu e la candidatura di Francesco Pigliaru. Finora Renzi non ha mai messo piede in Sardegna, ma per il suo Pd è il primo test elettorale. Lo stesso giorno tornano i gazebo, per votare con le primarie i segretari regionali del Pd. Un'altra occasione di conta interna.
Quarta casella: approvazione definitiva legge elettorale. Prevista per metà marzo nell'aula del Senato. Qui i numeri sono più risicati, aumenta il potere di contrattazione dei piccoli partiti, ma in compenso il voto è palese ed è difficile rimettere in discussione una legge già votata dalla Camera. Se però l'accordo dovesse saltare sarebbe impossibile andare alle urne il 25 maggio con un voto anticipato: tempo scaduto, finestra elettorale chiusa.
Quinta casella: approvazione in prima lettura del pacchetto riforme. «Non possiamo andare alle elezioni europee senza risultati, resteremmo incastrati da Grillo sul fallimento delle riforme». La grande paura del giovane Renzi, una campagna elettorale in cui lui, «uomo di frontiera», come si auto-definisce, resta intrappolato nella palude, una posizione che mette a rischio la possibilità di fare un buon risultato alle europee del 25 maggio. In caso di approvazione delle riforme, il segretario andrebbe a una campagna elettorale tutta giocata all'attacco dell'elettorato grillino. Con un solo refrain: ho riformato io la politica, altro che Grillo.
Sesta casella: elezioni europee e amministrative. Coinvolgono il leader del Pd in una doppia sfida personale. Renzi è ricandidato a Firenze per un secondo mandato da sindaco, che vorrebbe conquistare al primo turno. E affronterà la prima campagna elettorale nazionale per il rinnovo del Parlamento europeo, un appuntamento tradizionalmente a rischio per il Pd: nel 2009 guidato da Dario Franceschini si fermò al 26 per cento, quasi lo stesso risultato delle elezioni politiche raccolto dal Pd di Bersani nel 2013. Difficile fare peggio, ma l'obiettivo del Pd di Renzi è avvicinarsi il più possibile a quota 35 per cento, quella che nella nuova legge elettorale Italicum garantisce un premio di maggioranza del 18 per cento.
Settima casella: seconda lettura delle riforme. Il passaggio finale, previsto per ottobre, l'happy end della legislatura che permetterebbe a Renzi di candidarsi a Palazzo Chigi con nuove elezioni in veste di padre costituente. Sempre che l'infernale gioco dell'oca della politica italiana non costringa Matteo il Ricostituente a ritornare alla casella del via.
Scritto il 25 gennaio 2014 alle 16:24 nella Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (6)
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23 gennaio 2014
Matteo Renzi e i Nuovi Padri Costituenti

Scritto il 23 gennaio 2014 alle 14:21 nella Berlusconi, Criminalità dei politici, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (7)
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21 gennaio 2014
La dignità delle persone perbene: Cuperlo se ne va (e due, dopo Fassina-Chi)
E due. Quando una persona perbene incontra un dittatorello da operetta, non ha senso che resti per fare da foglia di fico al dittatorello. Dopo Fassina, Cuperlo. Fassino (con la "o") comincia a ripensarci. Minoranza PD e 5 Stelle preannunciano battaglia in aula sul "Maialinum". Che il Bischero si sia montato la testa troppo in fretta?
"Allarmato dalla tua concezione del partito". Così l'ex capo della Fgci motiva la scelta di lasciare. Il segretario gli risponde: "Da me nessuna offesa personale". Civati: "Non mi candiderò alla presidenza". Intanto la minoranza e i Cinque Stelle annunciano battaglia contro l'Italicum (Fonte: Repubblica.it)
Gianni Cuperlo si dimette da presidente del Pd. Lo annuncia lui stesso durante la riunione della minoranza alla Camera, leggendo la lettera inviata a Matteo Renzi e pubblicata anche sulla sua pagina Facebook, che motiva la sua decisione. Nel testo della missiva, Cuperlo ammette di essersi dimesso perché "allarmato" dalla concenzione che il segretario ha del partito. E di averlo fatto non per "rancore, ma per essere libero".
La risposta dell'ex rottamatore non tarda ad arrivare. Renzi in una lettera rivolta a Cuperlo afferma di rispettare la sua scelta, pur sottolineando che bisogna saper accettare le critiche: "In un Partito democratico le critiche si fanno, come hai fatto tu - scrive il segretario- ma si possono anche ricevere. Mi spiace che ti sia sentito offeso a livello personale. Ti ringrazio per il lavoro che hai svolto nel tuo ruolo e sono certo che insieme potremo fare ancora molto per il Pd e per il centrosinistra. Ci aspetta un cammino intenso che può finalmente cambiare l'Italia (...) Si poteva fare meglio? Sì, certo. Ma fino ad ora non si era fatto neanche questo. E rimettere in discussione i punti dell'accordo senza il consenso degli altri rischia di far precipitare tutto. Sono certo che questo non sia il tuo obiettivo e che - pur con funzioni diverse - ripartiremo insieme".
La rottura di Cuperlo in direzione. Il botta e risposta tra il presidente (ormai ex) e il segretario arriva dopo lo strappo di ieri sera in direzione Pd, quando Cuperlo ha duramente criticato il sistema proposto dal segretario, per poi lasciare in silenzio l'assemblea per dissenso con le parole "sopra le righe" di Renzi. Sembrava che in un primo momento dovesse prevalere la linea morbida della richiesta di chiarimento con il segretario. E invece ha vinto la contrapposizione netta, che ha portato il presidente alle dimissioni.
La partita legata al pacchetto delle riforme, dunque, si complica. Perché se è vero che il segretario ha vinto il primo round sulla via che dovrebbe portare a una legge elettorale in grado di favorire governabilità e alternanza (listini corti in un territorio suddiviso in molti collegi, doppio turno se nessuna coalizione raggiunge la soglia minima del 35% per ottenere il premio di maggioranza), è pur vero che queste dimissioni sono la conferma della profonda frattura interna con la minoranza del partito.
Minoranza che però rappresenta, in Parlamento, la maggioranza dei deputati e senatori democratici. Una circostanza che non renderà facile il percorso del segretario. La battaglia su cui si sono schierati infatti sia alcuni esponenti della minoranza Pd (come il cuperliano Alfredo D'Attorre) che il Movimento Cinque Stelle è quella sulle preferenze [...]
Gianni Pittella, che già aveva partecipato alle primarie Pd uscendo al primo turno, si dice rammaricato e parla di "occasione persa", mentre il deputato Dario Nardella, fedelissimo del segretario, aggiunge: "Cuperlo sarebbe stato un ottimo presidente ma capisco che il ruolo di garanzia mal si concilia con la volontà di guidare la minoranza. Non condivido invece le critiche fatte all'idea di partito di Renzi".
Diverse le posizioni dei parlamentari di area cuperliana, che chiedono di verificare se c'è accordo ampio sulle riforme. "Il punto - sottolinea Andrea Giorgis, componente Pd della commissione Affari Costituzionali della Camera - è che questa mattina in commissione ci sono stati diversi interventi critici come quelli di Scelta Civica e Sel".
"Bisogna verificare - sottolinea Daniele Marantelli - se sull'accordo c'è una maggioranza larga perchè in commissione in diversi, a partire da Sc hanno posto questioni di merito". Mentre per Danilo Leva le dimissioni di Cuperlo sono un "gesto politico che pone un tema al segretario del partito: capire come continuiamo a stare insieme" perchè "non si può gestire un partito secondo una logica padronale e il dileggio non è possibile. Ci vuole un chiarimento da parte di Renzi" [...]
Meno delicata l'ironia de Il Mattinale, la nota politica redatta dallo staff del gruppo Forza Italia alla Camera: "Cuperlo si dimette, dunque esiste - si legge nel comunicato dei deputati forzisti- Pare che il citato Cuperlo si sia ritirato in una stanza offeso poichè Renzi gli ha ricordato che lui ora invoca le preferenze, ma in passato si è fatto piazzare sul burro del listino fabbricato per gli ultra garantiti da Bersani. Ehi, che ignorante che è Renzi: è il materialismo dialettico, compagni". E la deputata di Fi Sandra Savino sentenzia: "Le dimissioni di Cuperlo sono il segno che una parte del Pd non vuole cambiare".
Sandra Savino. professione "Amazzone"
(...già, Sandra Savino... Sandra-Savino-chi???... e poi "Il Mattinale"... ma non era una creatura di Marcello Dell'Utri, il "talent-scout" che aveva portato in "villa ad Arcore" lo "stalliere" Mangano, occasionalmente mafioso ed assassino?Tafanus
Scritto il 21 gennaio 2014 alle 20:00 nella Berlusconi, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (12)
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20 gennaio 2014
Legge elettorale: ...e la montagna partorì il "Maialinum"...
Parafrasando il celebre detto "dimmi con chi vai, e ti dirò chi sei", il fenomeno del renzusconismo potrebbe essere analizzato attraverso vari strumenti. Ma facciamo una piccola premessa: Renzi è stato accusato di aver resuscitato mediaticamente (e quindi politicamente) il pregiudicato di Arcore. I renziani (quelli dichiarati e quelli - più subdoli - appartenenti alla categoria degli "io-non-ho-votato-renzi-però") difendono Renzi con le unghie, attaccando: "E voi che con Berlusconi ci avete fatto un governo"??? E ogni sforzo per dimostrare che ciò è avvenuto quando il "pregiudicato" non era ancora tale, era senatore, aveva il passaporto, godeva dei pieni diritti civili, e non doveva ancora scegliere fra gli arresti domiciliari e la "rieducazione", cadono miseramente nel vuoto.
Per certificare la resurrezione mediatico-politica del pregiudicato (Grazie, Matteo) sarebbe sufficiente seguire per tre mattine le tre
trasmissioni politiche de "La7", che arrivano in sequenza: "Omnibus", "Coffee Break" e "L'aria che tira", munendosi di una semplice penna biro e di un block notes, e producendo - seppure in maniera artigianale - quella che in comunicazione viene definita "copy-analysis". I più pigri possono limitarsi ad intestare alcune colonnine "Berlusconi", "Renzi" "Letta", e poi, ogni volta che viene menzionato uno dei tre, fare una crocetta. Alla fine si contano le crocette, e possibilmente si traggono delle conclusioni.
I più raffinati possono non limitarsi all'analisi quantitativa (il numero delle crocette) ma cimentarsi con aspetti qualitativi, mettendo nelle colonnina di ogni nome non una crocetta, ma un segno "+" o un segno "-", a seconda che la menzione sia connotata positivamente o negativamente. Ai renzini autocertificati, e a quelli che "si però", consiglio di fare questo esercizio, e sarò loro grato se vorranno trarre delle conclusioni, e trasmettercele.
Ma torniamo al tema principale: il renzusconismo sta già creando qualche esilarante risultato. Ad esempio, nella terna di stamattina dei talk-shows abbiamo assistito a fenomeni mirabili:
-a) di Renzi parlava benissimo, con toni accesi (prima impiegati solo nelle quotidiane azioni di leccamento di Berlusconi), tale Paolo Liguori. Gli piace moltissimo, Renzi. Ha parlato di Renzi con toni ispirati che non aveva mai usato neanche nei confronti del suo padrone).
-b) Anche il mitico Fabrizio Rondolino, once upon a time 'de sinistra", era in pista per cantare le laudi del renzusconismo. Il percorso politico di Rondolino è noto, anche se sarebbe meglio (per lui) che non lo fosse. Riassumiamo:
"...laureato in filosofia teoretica (come Gianni Vattimo... dev'essere una malattia infettiva), dal 1986 al 1988 ha fatto parte della Direzione Nazionale della FGCI. Dal 1988 al 1996 ha lavorato come cronista politico al quotidiano l'Unità. Dal 1996 al 1999 ha lavorato come responsabile della comunicazione nello staff di Massimo d'Alema [...] collabora all'edizione italiana di Vanity Fair e al settimanale Donna Moderna (?)
Ma non finisce qui: "...Nel 2000 è stato Consulente Speciale per la comunicazione del programma Grande Fratello [...] È stato coautore delle fiction sperimentali Amori, e Walter e Giada, e autore del talk show sulla spiritualità Il Cielo e la Terra. Nel 2010 ha partecipato in veste di attore al film Figli delle stelle.
Poi, dopo questi sintomi preoccupanti, il crollo definitivo, implacabile:
"Il 15 aprile 2011 inizia la sua collaborazione con Il Giornale. Nel 2012 viene scelto da Daniela Santanché come consigliere per la sua
campagna elettorale nelle primarie del centrodestra poi non svoltesi" (Fonte: Wikipedia).
Oggi, questo apprezzatissimo editorialista del "Geniale" di Rigor Mortis Sallusti (il fidanzato della plasticona) si è innamorato del renzusconismo. E' la naturale fine di una carriera tutta politica, e tutta in discesa. Quando ci si adagia su un piano inclinato ben insaponato, poi la discesa a velocità crescente è inetitabile e inarrestabile.
Ma stamattina abbiamo visto altri femomeni, "scesi in terra a miracol mostrare"... Come il mitico Giachetti, renziano a tutto tonto (quello del digiuno per la legge elettorale), che pressato dalla conduttrice, dopo aver difeso l'indifendibile sistema spagnono (col retto o senza retto), ha dovuto ammettere che si, in effetti, lui IN PASSATO era sempre stato per il sistema uninominale a doppio turno, ma improvvisamente, dopo l'incontro fra berlusconi e berluschino, si era convertito allo spagnolismo. Si, ammette che forse quel sistema è - ai fini della costituzionalità - come il Porcellum - ma, insomma... bosogna sopire, si vedrà... cercheremo, troveremo...
Meno diplomatico un altro renzista dell'ultima ora: Fassino (non fassina-chi, propro Fassino) che sembra non aver apprezzato pienamente la bellezza dell'incontro fra il segretario del suo partito e il pregiudicato, riportato, grazie al bischero, alla piena "agibilità" politica. Fassina-chi ha detto di aver provato vergogna, ma si sa... per molti opinionisti del tafanus l'opinione di fassinachi non conta. E' solo uno con tre narici, che na parliamo a fare? Per un fassinachi che si vergogna, c'è uno straccio-liguori entusiasta di Renzi, per il quale stamattina ha espresso una rabbiosa e ispirata ammirazione, fra le malcelate risate degli altri giornalisti presenti alla trasmissione de La7.
Dimmi a chi piaci, e ti dirò chi sei....
Qualche altra annotazione seria sul bischero.
# La prima: ricordate ancora il "Giobatta"? presentato con squilli di tromba qualche giorno fa, criticato per essere un sommarietto di titoli senza i capitoletti dentro, Renzino si era affrettato a dire: "aspettate di vedere il contenuto, poi discutiamo su quello". Il "contenuto" doveva arrivare il 16 c.m.: NESSUNO lo ha visto. Oggi in direzione un fugace accenno: "fra qualche settimana" vedrete il piano completo". Campa cavallo... E spiegare perchè non sia arrivato, come da impegni, il 16 gennaio? Macchè... i principini non si scusano, mai.
# la seconda: il renzusconellum precede praticamente la quasi-cancellazione del Senato, e quindi RICHIEDE profonde modifiche costituzionali attraverso le procedure dell'art. 138 (doppia lettura camera/senato con un intervallo di almeno tre mesi, e nell'ipotesi - CERTA - di maggioranza non qualificata, necessità di un referendum popolare confermativo, senza obbligo di quorum). Dunque: definire l'articolato della legge; trovare l'accordo - non facile - con Alfano e Berlusconi; passare un attimo dalla Commisione che valuta la costituzionalità delle leggi; sondare discretamente il Quirinale e l'Alta Corte; affrontare i dibattiti in due camere, con due presentazioni di un mare di emedamenti, e presumibili ostruzionismi; votare; ripetere la cerimonia dopo tre mesi. E se per sbaglio passa in una delle camere anche un solo emendamento, il gioco dell'oca riparte dalla prima casella. Poi indire un referendum... Quanto ci vuole, secondo voi, a fare questo? Non ci interessa, il vostro parere, era una domanda retorica. Il bischero ha preso un impegno solenne: IL TUTTO SARA' LEGGE ENTRO MAGGIO 2014. Complimenti all'Uomo Mascherato. Da statista.
IL RENZUSCONELLUM E I COSTITUZIONALISTI
"...Dopo l'addio della costituzionalista Lorenza Carlassare a giugno, un'altra componente della commissione di esperti governativa per le riforme costituzionali presieduta dal ministro Gaetano Quagliariello abbandona per motivi analoghi. Nadia Urbinati, politologa della Columbia University di New York, lo fa con una lettera. «Caro ministro, ti annuncio le mie dimissioni... Le ragioni non riguardano i lavori, ma levicende politiche legate alla condanna di Berlusconi e la sua eventuale decadenza da senatore. In questa vicenda, hai espresso opinioni che non ritengo si adattino al tuo ruolo di presidente della commissione e che rivelano una concezione delle istituzioni tesa a favorire un leader invece che le ragioni del diritto e dell'uguaglianza del cittadino innanzi alla legge..." (Fonte: Corsera)
Oggi altri costituzionalisti - a cominciare da Onida, Rodotà, Ainis, hanno sparato a zero contro la grottesca proposta di Renzi, che sembra fatta apposta per essere bocciata dalla corte (o per far litigare Letta e Alfano, arrivare alla svelta alla crisi di governo, e andare a votare subito, prima di maggio, col proporzionale puro?
A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina...
Tafanus
Scritto il 20 gennaio 2014 alle 22:12 nella Berlusconi, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (28)
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17 gennaio 2014
Caro Renzi, ma quando parla di "modello spagnolo" lei sa di cosa sta parlando?
Ho come un'impressione che Renzi "ciurli per il manico". Altrimenti devo pensare di peggio: che Renzi non capisce ciò di cui parla. Nel modello Renzi (Che busta sceglie, la 1, la 2 o la 3) sono avanzate tre ipotesi. Inizialmente, secondo renzino, erano tutte e tre valide allo stesso modo. Col passare dei giorni, Renzino si sta acconciando sempre di più alla legge voluta dal pregiudicato: il "modello spagnolo", che è diventato "un po' più uguale degli altri".
Ma la cosa tragica è che né il Renzino, né chi discute con lui, sembra avere le idee chiare su cosa ha scritto la Corte Costituzionale nelle motivazioni di bocciatura del Porcellum. Proviamo a ridurre il problema all'osso. La Corte ha scritto due cose fondamentali:
- -a) che i "premi di maggioranza" sono incostituzionali, perchè premiano chi li prende in misura superiore al consenso elettorale ottenuto;
- -b) che i candidati devono essere scelti attraverso la libera espressione di un voto di preferenza.
La Corte NON ha detto che un premio di maggioranza grande è peccato, e un premio di maggioranza piccolo è bbuono. Ha detto che il premio di maggioranza è incostituzionale. Punto.
La Corte NON ha detto che una lista grande "è bbuona" e una piccola no. Ha detto che il cittadino deve poter scegliere. PUNTO.
In calce riportiamo un chiarissimo articolo del Sole24Ore di ieri, che spiega molto bene le differenze fra la busta 1, la busta 2 e la busta 3.
Ora, si da il caso che il modello spagnolo, sul quale spinge l'accoppiata Berlusconi-Berluschino, non rispetta nessuno di questi criteri. Non il criterio di proporzionalità, perchè la legge spagnola prevede non solo un premio di maggioranza del 15% (incostituzionale secondo la Corte) ma anche una soglia di sbarramento al 5% (altrettanto incostituzionale, perchè potrebbe negare qualsiasi rappresentanza a chi magari ha preso 2.300.000 voti). E non rispetta neanche il criterio della scelta dei candidati affidata al voto popolare, perchè prevede il peggio del berlusconismo e del Porcellum: le "liste bloccate". Quindi chi straparla di "modello spagnolo, o è un minchione che non capisce cosa legge, o - peggio - si è appecoronato, per motivi oscuri, sulle posizioni del pregiudicato di Arcore.
Non si salva il "Mattarellum", per ragioni analoghe. La proposta del Bischero prevede un "premio di maggioranza" (...e ddaje...) del 15%, e un 10% si premio di tribuna" per i partitini. E se i partitini. puta caso, si riducessero ad occupare il 5% dell'elettorato? Avrebbero il 10% dei parlamentari? Il doppio di quanto indicato dagli elettori "sovrani"???? Ma Renzi capisce o no cosa legge???
Infine, la "legge dei sindaci" modello bischero: 60% dei seggi a chi vince (peggio del Porcellum, che prevede il 55%!), soglia di sbarramento al 5%, listini bloccati (sistema Trota-Minetti, per intenderci) Insomma, non lasciamoci incantare dalla parola magica "doppio turno". Questa legge sarebbe bocciata già in Commissione Affari Costituzionale. Ma ho proprio l'impressione che Renzi non capisca.
Allora? La Corte indica una sola via d'uscita: proporzionale puro (niente premi, niente sbarramenti, niente diritti di tribuna) e preferenze. PUNTO. Guarda caso, le tre buste di Renzi sono tutte comprese fra il "molto anticostituzionale", e il "moltissimo incostituzionale". A cosa mira? a "fare ammuina", solo per finire ogni giorno sui media? A far finta di essere rivoluzionario, ben sapendo che NESSUNA delle sue tre buste avrebbe il beneplacito della Corte? A saperlo...
Allora? secondo la sentenza della Corte, dovremmo tornare al proporzionale puro. Cioè al sistema usato per quasi 50 anni, e che ha portato l'Italia ad avere in media una crisi di gooverno ogni 11 mesi: al Manuale Cencelli, secondo il quale le coalizioni di governo si facevano DOPO i risultati elettorali, spartendosi la torta dei ministeri a seconda dei voti avuti. Un bel sistema, in cui persino il PLI di Renato Altissimo poteva fare la voce grossa e avere qualche ministero. Magari inventato per ampliare la "posta" del manuale Cencelli.
C'è un sistema per ovviare a tutto ciò? Si, c'è. Ma non è nelle corde di Berlusconi, e quindi neanche in quelle di Renzi. E' il VERO sistema con collegi uninominali a doppio turno "DI COLLEGIO". Tanti collegi uninominali quanti sono i deputati (630). Chi prende il 50% + 1 dei voti al primo turno, "vince" il deputato per il collegio. Negli altri casi, ballottaggio di secondo turno fra i due primi partiti. Niente premi di maggioranza, niente diritti di tribuna.
E le preferenze? Sono insite nel fatto che in ambiti ridotti (circa 73.000 elettori per collegio) sarebbe inevitabile votare più per il candidato che per il partito. Ma nulla vieterebbe liste "aperte" di pochi candidati, su cui dare un voto di preferenza. Nel collegio, vince il partito che prende più voti, e al suo interno vince il candidato che prende più preferenze. As simple as that. Anzi, come direbbe il renzino, es simpol es det. Fine della storia.
In un sistema siffatto, i partitini piccoli avrebbero interesse ad aggregarsi, pena il rischio di non prendere amnco un deputato; i partiti avrebbero interesse a presentare candidati decenti, radicati nel territorio; aggiungo che il PD avrebbe TUTTO l'interesse ad adottare questo sistema, poichè le amministrative dimostrano ogni volta che la sinistra, anche quando perde le politiche, resta la forza dominante nelle elezioni locali. Il che significa che mediamente riesce ad espreimere candidati più decenti del centro.destra.
Del fatto che Renzi stia facendo di tutto per incrinare i rapporti fra lui e Letta, e fra Letta e Alfano, ci occuperemo un'altra volta. Perchè lo fa? Semplicissimo: perchè sa che la luna di miele finisce; perchè chi è saltato sul carro del vincitore, e non ha ricevuto adeguate poltrone, inizia a pentirsi (e non ci sono poltrone per tutti gli appetiti). Infine, perchè anche geni della politica che si sono fiondati entusiasticamente sul renzismo - prima ancora di sapere quali fossero i contenuti, al di la delle battute) - comincia a interrogarsi. Quindi Renzi ha fretta. Molta fretta. Tanta frretta che per far cadere il governo con una legge elettorale qualsiasi, si sta agitando troppo, ma senza far funzionare al meglio il cervello. E' tanto scomposto, da non aver capito che le sue tre buste (pardon... proposte di legge elettorale), sono TUTTE molto diverse da ciò che impone la sentenza della Consulta. Con buona pace di coloro che hanno già eletto Renzi "Statista del Secolo"
P.S.: Ma oggi è il 17 Gennaio. Ieri, 16 Gennaio, doveva uscire il "contenuto" dell'indice che aveva contrabbandato come "Jobs Act" (sic: Jobs. Plurale). Qualche renzofilo mi sa dire se sono io che non l'ho visto, o se non è uscito? E nella prima ipotesi, mi può fornire un link, che certamente avrà, su dove trovare la versione completa del "Giobatta""? Grazie in anticipo. Anzi, per dirla alla Renzi:
meni denks in advanz,end caindest rigards.
Tafanus
Legge elettorale, cosa prevedono il modello spagnolo, il Mattarellum nuova edizione, e la Legge dei Sidaci (Fonte: IlSole24Ore del 16 Gennaio)
Sono tre le ipotesi di lavoro proposte dal segretario del Pd, Matteo Renzi: rivisitazione del sistema spagnolo, del Mattarellum, del doppio turno. Renzi si è detto «pronto a incontrare tutti, purché si chiuda su una cosa che serva agli italiani». Per il segretario del Pd, come ha scritto nella lettera ai partiti, la legge elettorale dovrà essere «maggioritaria, che garantisca la stabilità e l'alternanza, che eviti il rischio di nuove larghe intese». Attualmente Renzi media con Berlusconi per una convergenza sul modello spagnolo. Ma il sindaco tratta anche sul Mattarellum rivisitato. Il Nuovo centrodestra, invece, ha una preferenza per il modello dei sindaci. Il M5S proporrà una sua linea, discussa, decisa e votata in rete. Sul Mattarellum corretto potrebbero convergere anche Sel e Scelta civica. Ecco i tre modelli proposti da Renzi.
Il modello spagnolo - La riforma sul modello della legge elettorale spagnola prevede una divisione del territorio in 118 piccole circoscrizioni con attribuzione alla lista vincente di un premio di maggioranza del 15% (92 seggi). Ciascuna circoscrizione elegge un minimo di quattro e un massimo di cinque deputati. Soglia di sbarramento al 5%. In pratica si tratta di un proporzionale molto corretto, dagli effetti spesso maggioritari. È stato pensato per ottenere due effetti: un grado elevato di bipartitismo complessivo e una buona rappresentanza dei partiti regionali. Bipartitismo con federalismo, insomma, disincentivando invece la presenza di partiti minori nazionali. Questo insieme di elementi avvantaggia i partiti più grandi. Ma, allo stesso tempo, non penalizza le formazioni regionali i cui consensi sono concentrati in specifiche circoscrizioni e consente alle formazioni nazionali capaci di superare la soglia di sbarramento in sede circoscrizionale di conseguire una rappresentanza parlamentare, sia pure di più ridotte dimensioni. Il sistema appare facilmente adattabile, dato che sarebbe sufficiente prendere le attuali circoscrizioni e frammentarle in tante circoscrizioni provinciali autonome.
Il modello spagnolo prevede, però, che le liste siano "bloccate": non è previsto il voto di preferenza (che del resto è sconosciuto a numerose democrazie dell'Occidente ed esiste solo in pochissimi Paesi al mondo), ma il numero molto basso di candidati che compongono le liste (nella gran parte delle circoscrizioni solo tre, quattro o cinque) consente comunque un buon rapporto di conoscenza e di relazione tra elettori e candidati. Va, però, ricordato che la Corte costituzionale in Italia ha bocciato le liste chiuse del Porcellum.
La rivisitazione del Mattarellum - La seconda proposta targata Matteo Renzi prevede una riforma elettorale sul modello della legge Mattarella rivisitata. Previsti 475 collegi uninominali e l'assegnazione del 25% dei collegi restanti attraverso l'attribuzione di un premio di maggioranza del 15% e di un diritto di tribuna pari al 10% del totale dei collegi.
Doppio turno di coalizione dei sindaci - La terza proposta prevede la riforma sul modello del doppio turno di coalizione dei sindaci. Chi vince prende il 60% dei seggi e i restanti sono divisi proporzionalmente tra i perdenti. Possibile sia un sistema con liste corte bloccate, con preferenze, o con collegi. Soglia di sbarramento al 5%
Scritto il 17 gennaio 2014 alle 19:01 nella Berlusconi, Leggi e diritto, Politica, Tafanus | Permalink | Commenti (12)
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15 gennaio 2014
Sfortunato Renzi... dopo la Madia, gli cade addosso Davide Faraone
...sfortunato Renzi... 18 ore per varare la sua "segreteria", e arriva il giorno dopo l'insulsa figuraccia di Marianna Madia, che sbaglia ministero. Surprise" Come dicono a Frignano in italglese... Nella segreteria non c'è il suo guru . Gutgeld... Ora, ad un mese dalla presa del Palazzo d'Inverno, ha anche la medaglietta al merito di aver scelto tale Davide Faraone, anche lui rapido come il fulmine: così ggiovane, così nuovo, e già così indagato!... Tafanus
Sicilia, fondi ai gruppi: indagato Davide Faraone, dirigente del Pd renziano.
Tra gli indagati nell'inchiesta sull'uso illecito dei fondi destinati ai Gruppi dell'Ars c'è anche Davide Faraone, deputato del Pd responsabile del Welfare nella segreteria formata da Matteo Renzi. Tra gli altri parlamentari finiti sotto inchiesta per peculato anche l'ex presidente della Regione Raffaele Lombardo e l'ex presidente dell'Ars Francesco Cascio (fonte: Il Messaggero)
Sono 83 i deputati regionali - alcuni in carica, altri delle scorse legislature - indagati nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Palermo sull'uso illecito dei fondi destinati ai gruppi parlamentari. L'accusa è peculato. Oltre ai parlamentari sono inquisiti 14 consulenti e dipendenti dei Gruppi. L'indagine ha scandagliato la penultima e la terzultima legislatura. La maggior parte degli illeciti contestati sarebbero riferiti alla scorsa consiliatura.
Tra gli indagati - oltre al deputato del Pd responsabile del Welfare, Davide Faraone, all'ex presidente della Regione Raffaele Lombardo e all'ex presidente dell'Ars Francesco Cascio - anche i deputati Nino Dina, Salvatore Cordaro, Gaspare Vitrano, Massimo Ferrara, Franco Mineo, Giuseppe Lupo, Bernardo Mattarella, Cateno De Luca, Riccardo Savona, Lino Leanza, Paolo Ruggirello, Salvino Pantuso, Carmelo Curenti e Alessandro Aricò. L'inchiesta è stata condotta dalla Guardia di Finanza e ha preso il via nel 2012. Le Fiamme Gialle nelle scorse settimane hanno depositato in procura un'informativa con i risultati degli accertamenti.
La replica di Faraone «Benissimo la Procura: indaghi. E se c'è qualche ladro deve pagare. Sono certo che emergerà chiaramente se c'è qualcuno che ha rubato e ha utilizzato le risorse per lucro personale. Per quel che mi riguarda, non ho ricevuto al momento alcuna comunicazione e sono comunque serenissimo. Anzi, quanto accaduto sarà l'occasione per far conoscere a tutti i modi in cui ognuno di noi utilizza le risorse destinate a fini politici e di rappresentanza». Lo afferma il deputato del Pd Davide Faraone, responsabile Welfare nella segreteria nazionale del partito.
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Chi è Davide Faraone, il renziano accusato da M5S di avere rapporti con la mafia (Fonte: Il Fatto)
Secondo il Movimento 5 Stelle il nuovo responsabile Scuola e Welfare della segreteria di Matteo Renzi "ha incontrato persone poi condannate per mafia mentre raccattava voti per la città per la campagna elettorale per le regionali del 2008"
“Davide Faraone l’ho allevato io, difendendolo nella lunga serie di minchiate che ha combinato”, aveva detto, allargandosi un poco, Mirello Crisafulli. E una di queste l’hanno tirata fuori ieri i grillini per dargli il benvenuto nella segreteria renziana. [...] 38 anni, una figlia di nove, neo-responsabile del welfare (pronunciare "guelfea". NdR) del Pd e fan di Renzi della prima ora. “Ecco il nuovo che avanza: ha incontrato persone poi condannate per mafia mentre raccattava voti per la città per la campagna elettorale per le regionali del 2008”.
Il riferimento è a una storia di cinque anni fa, quando “il 10 marzo 2008 si accomoda nel salotto di Agostino Pizzuto, custode dell’arsenale della famiglia del quartiere San Lorenzo-Resuttana. E si parla di voti”. Tutti gli ospiti sono incensurati, ma in quel momento sotto indagine dei carabinieri che, appostati fuori, registrano l’arrivo del futuro deputato che Pizzuto chiama per nome, “Davide”.
E quattro giorni dopo una microspia piazzata nell’auto di Pizzuto, ufficialmente giardiniere del Comune a Villa Malfitano, dove custodiva le armi della cosca, capta un colloquio con un altro degli indagati, Antonino Caruso: “Allora hanno chiesto qualche cortesia… qualche cosa si matura… noi altri abbiamo fatto la campagna elettorale per Faraone…”, dice Caruso. Che aggiunge: “Faraone ci dice… non ce l’abbiamo fatta, mi è dispiaciuto, mi devo ricandidare al Comune…”.
La storia finisce in un’informativa dei carabinieri depositata al processo contro il deputato regionale Antonello Antinoro, imputato per voto di scambio, e in quell’occasione Faraone reagisce denunciando nei suoi confronti “una campagna di fango costruita ad arte da poteri forti che in questi 10 anni hanno gestito la città attraverso un sistema politico-affaristico-mafioso” (...e te pareva che non ci fossero di mezzo "i poteri forti"... NdR). Concetti analoghi, ma parole attenuate, quattro anni dopo, durante le primarie del Pd per il Comune di Palermo. Stefania Petix, l’inviata di Striscia la notizia, e il suo fedele bassotto sorprendono Faraone mentre rassicura il membro di una cooperativa di disoccupati, Palermo Migliore, che poco prima avevano indetto una riunione per invitare i soci a votare per lui. “Sono caduto in un trappolone ordito dai personaggi coinvolti in queste primarie – replica – sto cercando di scoprire, con delle indagini personali, chi siano e perché hanno agito ai miei danni”. Incidenti in un percorso cominciato nelle file del Pds a Palermo, tra borgate e periferie urbane [...]
Su di lui Matteo Renzi scommise senza esitazione. Eppure lo stesso Faraone, che giurava di finanziarsi con le cene elettorali, lo aveva messo in guardia: “Stai alla larga che forse perdo”. Mantenne, invece, la posizione accanto al suo leader, smarcandosi da Crisafulli con il blocco dei seggi a Enna (Mirello lo definì “il capo degli infami”) e mostrando l’estate scorsa una grinta e un linguaggio nuovi, quando demolì le norme sul lavoro giovanile varate da Letta, definendole “una presa per i fondelli” partorita “da persone fuori dal mondo”.
...insomma, anche Faraone della Segreteria Renzi usa i metodi di Renzi: chiagne 'e fotte. Usa il PD come un taxi, ma esattamente come Renzi lavora ai fianchi Letta e il suo governo. Obiettivo abbastanza palese? Far cadere il governo, preferibilmente senza mettere la faccia nell'operazione. Adesso la nuova tecnica prevede che a far cadere il governo sia una bella lite fra Letta e Alfano, alimentata quotidianamente da uscite renziane tendenti a far litigare i due. Scommettiamo? La priorità di Renzi è la legge elettorale (senza la quale Napolitano non scioglierà le camere). Appena una nuova legge ci sarà - una qualsiasi, Renzi non va per il sottile, e ne ha presentate tre (quale busta sceglie, signora?) le divisioni nel governo cresceranno con progressione geometrica, e il governo cadrà. Tafanus
Scritto il 15 gennaio 2014 alle 13:16 nella Criminalità dei politici, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (2)
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13 gennaio 2014
Malcostume a 5 Stelle: raddoppiato il numero dei portaborse in Sicilia
..."quelli che l'apriscatole"??? esticatzi! Questi, da buoni parvenues, sono ancor più famelici e insopportabili di quelli senza l'apriscatole, che almeno non pretendevano di dettare all'universo mondo la morale... Si sono affrettati a raddoppiare i loro portaborse, che rendono la differenza fra i 3.180 euro incassati, e ciò che pagano realmente ai portaborse stessi. Un ottimo affare. E sarebbe interessante sapere se una quota di questo scippo alle casse della regione prendono la via della "Grillo & Casaleggio"...
Ma sentite come si giustifica il capogruppo 5 stalle Gianfranco Cancelleri:
"...prima di allargare lo staff e utilizzare i fondi dei portaborse abbiamo chiesto un parere alla nostra base, i meetup, anche via internet e con esito positivo..."
Ah... allora è tutto OK! i "cittadini" dei metuup hanno cliccato "mi piace" su questa idea mooooolto antipolitica, e coi loro click hanno lavato la coscienza dei cittadini-consiglieri (e centrifugato, insieme agli altri e come gli altri), le casse dell'Ars. Non ci aspettavamo che fossero migliori degli altri, ma speravamo che fossero almeno uguali. Non lo sono. Anche in queste pratiche da politica predona, sono "a 5 stelle" Tafanus
I consiglieri grillini siciliani hanno moltiplicato la spesa per i collaboratori esterni: fino al 31 dicembre ne avevano 12, adesso sono 28 (di Emanuele Lauria e Gioia Sgarlata - Repubblica)
Al fascino del portaborse, e del relativo contributo, hanno ceduto anche loro. Con uno scatto in avanti per chiudere i contratti entro la scadenza di fine anno - e non essere falcidiati dalla mannaia della spending review - i grillini siciliani di stanza all'Ars hanno moltiplicato la spesa per i collaboratori esterni: fino al 31 dicembre ne avevano 12, adesso sono 28. Una folla di attivisti e sostenitori di 5stelle ingaggiatia carico della collettività, fra i quali non mancano tre candidati non eletti alle ultime elezioni regionali e amministrative. Eppure gli stessi esponenti di M5S, durante la campagna elettorale dell'autunno 2012, avevano giurato: "Rinunceremo alle indennità".
I tempi sono cambiati e i seguaci di Grillo hanno dovuto fare i conti con un'amara realtà: la politica costa. Glielo avevano ricordato gli scafati colleghi del Parlamento più antico e generoso d' Europa. Loro, gli eletti 5stelle che si rifiutano di farsi chiamare onorevoli, hanno sempre marcato le distanze dalle vecchie pratiche. E ora si difendono: "Ma quali portaborse? Quelli che abbiamo assunto sono tutti professionisti che ci aiutano a fare le leggi", dice il capogruppo Giancarlo Cancelleri. Eppure è esploso fragoroso il caso in un'Assemblea regionale che fa i conti malvolentieri con la crisi. E che ha rinviato a fine legislatura l'applicazione del decreto Monti sulle spese per il personale. Prima di Natale, l'Ars aveva varato una norma che salva "i contratti in essere al 31 dicembre 2013".
Di qui una forsennata corsa da parte dei deputati di ogni gruppo parlamentare a prendere collaboratori ed incassare così il contributo da 3180 euro mensili, anche attraverso inquadramenti giuridici da colf. Una corsa che ha fatto saltare le previsioni del bilancio dell'Ars: il governo Crocetta ha dovuto stanziare 2 milioni in più, per un totale di 149 milioni. Il parlamento siciliano, per inciso, costa cinque volte di più del consiglio lombardo e due volte quello del Lazio. L'occasione di rafforzare l'organico degli assistenti non è sfuggita alla rappresentanza grillina: oggi nelle stanze di 5stelle a Palazzo dei Normanni ci sono più collaboratori che scrivanie. In ragione di due "esperti" per ogni deputato. Cancelleri spiega: "Prima di allargare lo staff e utilizzare i fondi dei portaborse abbiamo chiesto un parere alla nostra base, i meetup, anche via internet e con esito positivo. Non c' è nulla di scandaloso e peraltro siamo gli unici ad avere fatto conoscere il numero e i curriculum dei nuovi assunti".
A sollevare la questione, e non poteva essere altrimenti,è stato il vicepresidente dell'Ars Antonio Venturino, un ex grillino cacciato da 5Stelle perché si rifiutava di restituire parte dell'indennità e apostrofato da Beppe Grillo con un eloquente "pezzo di m....". "Quando ci si atteggia a verginelle della politica, occorre avere la coscienza pulita", il siluro di Venturino agli ex colleghi, che prontamente gli hanno rimproverato allegre elargizioni ad associazioni sportive e parrocchie con i soldi dell'Ars. Una faida nella delegazione pentastellata che nell'inverno scorso diede vita al cosiddetto "modello Sicilia" elogiato da Grillo. E anche il presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone, esponente dell'Udc, ha puntato il dito contro le assunzioni fatte dal gruppo di M5S. "Aspetto che i gruppi parlamentari presentino i rendiconti per i portaborse. Così capiremo quale è stata la spesa. Inclusa - ha sottolineato - quella fatta dai 5stelle".
(Credits: ringraziamo nonna Mana per la segnalazione)
Scritto il 13 gennaio 2014 alle 13:37 nella Politica, Tafanus | Permalink | Commenti (11)
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09 gennaio 2014
Renzi ha partorito il suo "Jobs Act": un indice di otto capitoli. 739 parole. Adesso aspettiamo il testo
...già... more solito... Renzi non fa proposte, con costi, tempi, attribuzione di compiti. Scrive titoli. Stamattina su "Cofee Break", quando la noiosa ed insistente conduttrice ha chiesto più volte al suo guru Yoram Gutgeld dove avrebbe preso le risorse, il renzino ha avuto solo risposte balbettanti, del tipo "ai dettagli stiamo lavorando".
La Panetta, a furia di metterlo nell'angolo, è riuscita a fargli "confessare" che le risorse complessive per i senza-lavoro (cassa integrazione, sussidi di disoccupazione, ed altro) sono 24 miliardi, e quelle resteranno. Insomma, abbiamo capito che il nuovo reddito tanto strombazzato per i senza lavoro Renzi lo ricaverà da una dimunuzione di ciò che c'è già: cassa integrazione e sussidi di disoccupazione. Redistribuzione. Renzi toglierrà qualcosa ai poveri per dare l'elemosina ai poverissimi.
Magnifico! Neanche il peggior Berlusconi!

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Il "Giobatta" del Renzino (...si... la vita è tutto un twet...)
IL TESTO DEL "JOBS ACT" (Pronunciare "Giobatta")
L'obiettivo è creare posti di lavoro, rendendo semplice il sistema, incentivando voglia di investire dei nostri imprenditori, attraendo capitali stranieri (tra il 2008 e il 2012 l'Italia ha attratto 12 miliardi di euro all'anno di investimenti stranieri. Metà della Germania, 25 miliardi un terzo della Francia e della Spagna, 37 miliardi). Per la Banca Mondiale siamo al 73° posto aal mondo per facilità di fare impresa (dopo la Romania, prima delle Seychelles). Per il World Economic Forum siamo al 42° posto per competitività (dopo la Polonia, prima della Turchia). Vi sembra possibile? No, ovviamente no. E allora basta ideologia e mettiamoci sotto
Parte A – Il Sistema
- 1. Energia. Il dislivello tra aziende italiane e europee è insostenibile e pesa sulla produttività. Il primo segnale è ridurre del 10% il costo per le aziende, soprattutto per le piccole imprese che sono quelle che soffrono di più (Interventi dell'Autorità di Garanzia, riduzione degli incentivi cosiddetti interrompibili).
- 2. Tasse. Chi produce lavoro paga di meno, chi si muove in ambito finanziario paga di più, consentendo una riduzione del 10% dell'IRAP per le aziende. Segnale di equità oltre che concreto aiuto a chi investe.
- 3. Revisione della spesa. Vincolo di ogni risparmio di spesa corrente che arriverà dalla revisione della spesa alla corrispettiva riduzione fiscale sul reddito da lavoro.
- 4. Azioni dell'agenda digitale. Fatturazione elettronica, pagamenti elettronici, investimenti sulla rete.
- 5. Eliminazione dell'obbligo di iscrizione alle Camere di Commercio. Piccolo risparmio per le aziende, ma segnale contro ogni corporazioni. Funzioni delle Camere assegnate a Enti territoriali pubblici.
- 6. Eliminazione della figura del dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico. Un dipendente pubblico è a tempo indeterminato se vince concorso. Un dirigente no. Stop allo strapotere delle burocrazie ministeriali.
- 7. Burocrazia. Intervento di semplificazione amministrativa sulla procedura di spesa pubblica sia per i residui ancora aperti (al Ministero dell'Ambiente circa 1 miliardo di euro sarebbe a disposizione immediatamente) sia per le strutture demaniali sul modello che vale oggi per gli interventi militari. I Sindaci decidono destinazioni, parere in 60 giorni di tutti i soggetti interessati, e poi nessuno può interrompere il processo. Obbligo di certezza della tempistica nel procedimento amministrativo, sia in sede di Conferenza dei servizi che di valutazione di impatto ambientale. Eliminazione della sospensiva nel giudizio amministrativo.
- 8. Adozione dell'obbligo di trasparenza: amministrazioni pubbliche, partiti, sindacati hanno il dovere di pubblicare online ogni entrata e ogni uscita, in modo chiaro, preciso e circostanziato.
Parte B - i nuovi posti di lavoro
Per ognuno di questi sette settori, il JobsAct conterrà un singolo piano industriale con indicazione delle singole azioni operative e concrete necessarie a creare posti di lavoro.
- a) Cultura, turismo, agricoltura e cibo.
- b) Made in Italy (dalla moda al design, passando per l'artigianato e per i makers)
- c) ICT
- d) Green Economy
- e) Nuovo Welfare
- f) Edilizia
- g) Manifattura
Parte C - Le regole
- I. Semplificazione delle norme. Presentazione entro otto mesi di un codice del lavoro che racchiuda e semplifichi tutte le regole attualmente esistenti e sia ben comprensibile anche all'estero.
- II. Riduzione delle varie forme contrattuali, oltre 40, che hanno prodotto uno spezzatino insostenibile. Processo verso un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti.
- III. Assegno universale per chi perde il posto di lavoro, anche per chi oggi non ne avrebbe diritto, con l'obbligo di seguire un corso di formazione professionale e di non rifiutare più di una nuova proposta di lavoro.
- IV. Obbligo di rendicontazione online ex post per ogni voce dei denari utilizzati per la formazione professionale finanziata da denaro pubblico. Ma presupposto dell'erogazione deve essere l'effettiva domanda delle imprese. Criteri di valutazione meritocratici delle agenzie di formazione con cancellazione dagli elenchi per chi non rispetta determinati standard di performance.
- V. Agenzia Unica Federale che coordini e indirizzi i centri per l’impiego, la formazione e l’erogazione degli ammortizzatori sociali.
- VI. Legge sulla rappresentatività sindacale e presenza dei rappresentanti eletti direttamente dai lavoratori nei CDA delle grandi aziende.
Su questi spunti, nei prossimi giorni, ci apriremo alla discussione. Con tutti. Ma con l'idea di fare. Certo ci saranno polemiche, resistenze. Ma pensiamo che un provvedimento del genere arricchito dalle singole azioni concrete e dalla certezza dei tempi della pubblica amministrazione possa dare una spinta agli investitori stranieri. E anche agli italiani. Oggi stimiamo in circa 3.800 miliardi di euro la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane. Insomma, ancora qualcuno ha disponibilità di denari. Ma non investe perché ha paura, perché è bloccato, perché non ha certezze.
Noi vogliamo dire che l'Italia può ripartire se abbandoniamo la rendita e scommettiamo sul lavoro. In questa settimana accoglieremo gli stimoli e le riflessioni di addetti ai lavori e cittadini (m[email protected]). Poi redigeremo il vero e proprio Jobs Act.
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Bene, cioè male. Questo è TUTTO, cioè NULLA: un sommarietto. Una serie allucinante di sibilo da apertura di buste di caffè Gah sottovuoto. Parafrasando il titolo di un celebre film:
Sotto il vestito, niente
P.S.: Poichè, com'è arcinoto, io sono risaputamente stronzo, mi sono divertito a fare un "copia & incolla" dell'intero "Giobatta" su Word, che dispone della funzione "contraparole". Beh, questo attesissimo documento di Renzi (quello che fa in un mese ciò che altri fanno in otto anni), il documento che salverà l'Italia ed avvierà il Nuovo Rinascimento (vi ricorda qualcuno?) è costituito da ben 739 parole. Tradotto: una serie di baci perugina per complessive pagine 1,5 su un qualsiasi documento in formato word, interlinea 1,5, Arial 10. Provare per credere.
Per piacere, ridateci Berlusconi!
Tafanus
Scritto il 09 gennaio 2014 alle 13:15 nella Economia, Tafanus | Permalink | Commenti (22)
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04 gennaio 2014
Donazione ad Emergency dei lettori del Tafanus
Cari amici,
con questa donazione, abbiamo raschiato (spero solo per ora) il fondo del barile. Nelle prossime ore invierò al nostro "controller" don Paolo Farinela il file excel con tutte le transazioni (donazioni ricevute, donazioni inviate ad Emergency, recessi. Di eventuali recessi successivi ad oggi (ma dubito che ce ne siano ancora) mi farò carico personalmente.
Ognuno di noi può continuare, se vuole, a sostenere Emergency direttamente, accedendo alla pagina di Emergency dove sono indicati i possibili metodi di pagamento (PayPal, carta di credito, bonifico bancario o altro).
Come piccolo aiuto aggiuntivo, promuoveremo sul nostroi blog le iniziative "fund-rising" di Emergency, pubblicizzandole sul blog.
Grazie di cuore a tutti. Tafanus
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Scritto il 04 gennaio 2014 alle 20:00 nella Tafanus | Permalink | Commenti (0)
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03 gennaio 2014
Macelleria Messicana alla Diaz di Genova: 11 poliziotti arrestati 13 anni dopo il G8
Meglio tardi cha mai - Ci sono voluti quasi tredici anni ma adesso la vicenda dell’irruzione nella scuola Diaz, che chiuse nel sangue i giorni drammatici del G8 di Genova, può dirsi finalmente compiuta (Fonte: Massimo Solani - l'Unità)
Fra Natale e Capodanno, su ordine del tribunale del capoluogo ligure, sono stati infatti arrestati 11 dei poliziotti condannati in via definitiva per l’irruzione del 21 luglio 2001 nella scuola dormitorio e per l’introduzione nella stessa di prove false che erano servite a giustificare la «macelleria messicana» (la definizione è di Michelangelo Fournier, all’epoca del G8 vicequestore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma) che aveva causato 87 feriti gravi e gravissimi. Gli ultimi due funzionari per cui sono scattati gli arresti, il pomeriggio del 31 dicembre, sono stati Spartaco Mortola, ai tempi del G8 capo della Digos Genovese poi diventato questore vicario di Torino e capo della Polfer nel capoluogo piemontese, e Giovanni Luperi ex dirigente Ucigos poi passato ai servizi segreti prima della pensione.
I due, in base alla sentenza definitiva emessa dalla Cassazione nel luglio scorso, devono scontare ancora rispettivamente otto mesi e un anno di reclusione (sui quattro di condanna). Li passeranno agli arresti domiciliari e devono ringraziare il decreto «svuota carceri» del ministro della Giustizia Cancellieri se per loro non si sono aperte le porte di una cella dopo che il tribunale di Sorveglianza di Genova, nei giorni scorsi, ha respinto le richieste di affidamento ai servizi.
Stessa sorte, soltanto poche ore prima, era toccata anche a Francesco Gratteri, ex capo dello Sco ed ex numero 3 della Polizia e una carriera piena di successi e encomi nella lotta contro la mafia (fu tra i poliziotti che fecero scattare la manette ai polsi di Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca) prima della sospensione dal servizio e della condanna definitiva che lo consegna adesso ad un anno di arresti domiciliari sui quattro a cui lo aveva condannato la Cassazione.
Dopo una battaglia legale durata anni, dopo tre processi, continui rinvii, silenzi, coperture istituzionali, depistaggi e infine prima la prescrizione, che ha cancellato le accuse di violenze lasciando in piedi solo quelle per la costruzione di prove false, e poi l’indulto, nei giorni scorsi è finito agli arresti anche l’ex capo dello Sco Gilberto Caldarozzi, per cui la Cassazione ha respinto il ricorso con cui chiedeva la cessazione della detenzione domiciliare e l’affidamento ai servizi sociali, che deve scontare gli otto mesi restanti della condanna originaria a 3 anni e 8 mesi (ridotta grazie all’indulto).
Stesso provvedimento, visto che il tribunale di sorveglianza ha negato per tutti l’affidamento ai servizi, anche per Nando Dominici, ai tempi del G8 capo della squadra Mobile di Genova e oggi pensionato, Filippo Ferri, ex capo della squadra mobile di Firenze e oggi responsabile della sicurezza del Milan (...ma va?...), Massimo Nucera, l’agente che finse di essere stato accoltellato all’ingresso nella scuola Diaz, Salvatore Gava, ex capo della Mobile di Viterbo che ha lasciato la divisa, Fabio Ciccimarra, ex capo della Mobile de l’Aquila, e l’ispettore capo Maurizio Panzieri.
Tutti, durante gli arresti domiciliari che varieranno dagli otto mesi all’anno di detenzione, potranno godere di alcune ore di permesso, potranno utilizzare il telefono e godere degli sconti di pena per buona condotta. E per molti di loro non ancora arrivati alla pensione, una volta terminata la sospensione del ministero dell’Interno legata all’interdizione dai pubblici uffici, la carriera in polizia potrebbe anche ripartire dopo le molte promozioni accumulate in questi quasi tredici anni. (Fonte: Massimo Solani - l'Unità)
Si, vicenda "compiuta", ma non nel migliore dei modi. Fra prescrizioni "indotte" dalla colpevole azione ritardante di molte istituzioni, traccheggiamenti, cavilli, molte delle accuse sono state falcidiate dalla prescrizione. Dei pochi mesi di galera da scontare, la maggior parte vanno al macero grazie al decreto-svuotacarceri della Cancellieri, e vengono trasformati in comodi domiciliari, con diverse ore di permesso al giorno, e permesso di usare telefono (e quindi internet). Insomma, saranno liberi di fatto quanto me. Poi alcuni potranno ripartire a fare i poliziotti, dalle alte cariche già raggiunte.
Uno dei pochi aspetti positivi è che per una volta non volano solo gli stracci (i poliziotti con casco e manganello) ma anche i "quadri" della polizia. L'aspetto negativo è che - more solito - non sono stati toccati i vertici politici. Non pagano pegno il Pres.del Cons. Silvio Berlusconi, il Ministro degli Interni e suonatore di tamburello Roberto Maroni, il ministro di Grazia e "Giustizia" Nitto Palma. Non paga pegno Gianfranco Fini (quello che "però Mussolini fece anche tante cose buone"), che durante il G8 npassò gra parte del tempo nella sala operativa della Questura; lui dice "per portare la solidarietà del governo ai bravi poliziotti, mma qualcuno, più sospettoso, pensa che la sua presenza sia servita a trasmettere il messaggio che si poteva fare.
Non paga pegno l'Ingegnere Acustico Castelli, che visitò i luioghi della mattanza, e che descrisse come "normale" le locations, che sembravano mattatoi, con chiazze di sangue dappertutto; e trovò normale che alcuni "fermati" fossero da ore in piedi, a gambe e braccia divaricate, poggiati con la faccia contro il muro. Si sa, davano fastidio alle ragazze... Non avevano altro a cui pensare se non dare fastidio alle ragazze. Che bravi, questi Cavalieri Protettori...
Non ho il coraggio di fare una telefonata all'amica ex-senatrice Heidi Giuliani, la mamma di Carlo, ucciso da un colpo di pistola sparato in aria, ma sfortunatamente deviato verso la testa di Carlo da un provvidenziale calcinaccio che si trovava - imprudente - a passare giusto sulla traiettoria del proiettile. Forse telefonerò, più probabilmente scriverò. O forse la lascerò in pace, per non riaprire ferite non rimarginabili.
Ancora una volta, grazie anche al "governo delle larghe intese" ed alla Cancellieri, Giustizia è sfatta
Tafanus
P.S.: In questa bruttissima storia, una menzione speciale merita Tonino Di Pietro da Montenero di Bisaccia, che si oppose con tutte le sue forze alla costituzione di una Commissione Parlamentare d'inchiesta sui fattacci di Genova, lottando eroicamente insieme ad La Russa, ai Castelli e ai Nitto Palma.
Scritto il 03 gennaio 2014 alle 13:15 nella Politica, Tafanus | Permalink | Commenti (5)
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02 gennaio 2014
...sfortunato Renzi... In principio Giorgio Gori, poi Marianna Madia, il desaparecido Yoram Gutgeld, la Barracciu...
I renziani a tutto tonto sono sfortunati. Qualche settimana fa, per convincermi di quanto io fossi dalla parte del torto ad essere "antirenziano", e per illustrarmi le "magnifiche sorti e progressive" del renzismo, un renzino mi informava di una cosa che era a conoscenza anche della mia colf albanese: guru economico di Renzi era - nientemeno - tale Yoram Gutgeld, senior partner - ri/nientemeno - della McKinsey. E concludeva il suo arrapato intervento con questa frase: "sempre che tu sappia cosa sia la McKinsey".
Ho dovuto perdere del tempo a tranquillizzarlo. Si, sapevo cosa fosse la McKinsey. Anche perchè il caso vuole che io come ggiovane dirigente d'azienda mi sia servito della McKinsey quando il guru Yoram Gutgeld aveva 11 anni, e forse era in prima media inferiore.
Ma tant'è... la parola d'ordine un paio di mesi fa era: masturbarsi in massa guardando la foto di Yoram Gutgeld e leggendone la biografia. Ma - devo confessarlo - io fatico sempre ad arraparmi sulle apologie dei guru. E così leggo i programmi.
Per esempio, nel programma di Renzi/Gutgeld, c'era una scemenza abissale: il programma di ridurre dal 133% al 103% del PIL il debito pubblico italiano in tre anni. Ditemi voi: chi non si farebbe una pugnetta dvanti ad una idea così bella? Peccato che il Guru di Renzi non spiegasse compiutamente dove avrebbe trovato il danaro. In fondo, si trattava solo di trovare 500 miliardi in tre anni... O, se preferite, oltre 300.000 miliardi di lire all'anno per tre anni...
E peccato che mentre tutti hanno riso (giustamente) per la proposta di Letta di abbassare il cuneo fiscale in misura tale da portare in ogni stipendio basso ben 8 euro al mese in più, nessuno abbia spernacchiato i plauditores dell'dea di Renzi, mutuata dal guru Yoram, di dare 100 euro in più al mese (non all'anno) agli stipendi più medio-bassi. Quanti sono? a che livello uno stipendio è medio-basso? Il Guru non dice. Renzi non chiede. Ma una cosa è certa: che se Letta faceva fatica a trovare 100 euro all'anno (8 euro al mese), i due-due non fanno fatica a trovare una somma 12 volte superiore. Come? Dove?
...vuolsi così colà dove si puote. Di più non dimandar...
Anche qui, siamo ai baci perugina. Ma tant'è: siamo obbligati a masturbarci in massa, perchè la grande idea è di Yoram Gutgeld della McKinsey (non so se avete mai sentito nominare la McKinsey).
Fra i maggiori "istigatori alla masturbazione di massa", c'era il solito "Europa Quotidiano" (diretto da Stefano Menichini) che faceva una sfacciata campagna pro-Renzi (una delle fazioni del PD), attraverso un giornale finanziato da TUTTO il PD; anche e soprattutto da quello della "nomenklatura da rottamare". A partire da quello di Cuperlo.
Riporto in calce la marchetta del 31 luglio 2013 (non di mille anni fa) di Europa Quotidiano, a firma di Francesco Maesano:
Governo McKinsey - Il “ministro dell’economia” di Matteo Renzi ha parlato ieri del suo programma di rilancio tra privatizzazioni, tagli mirati e welfare
Un quarto di secolo in McKinsey, antica e prestigiosa multinazionale yankee della consulenza strategica alle imprese, un’azienda delle aziende che da quasi novant’anni “produce” il management o supporta quello esistente nei colossi mondiali di ogni settore produttivo. Ieri, Itzhak Yoram Gutgeld, deputato Pd che si sta costruendo una posizione da “ministro dell’economia” di Matteo Renzi, ha presentato a Roma il suo “rilancio economico che parte da sinistra” dal sottotitolo eloquente: “Come far ridere i poveri senza far piangere i ricchi”.
Poco meno di un’ora per spiegare le linee guida di un programma (a novembre diventerà un libro) che, pur senza aver ricevuto un abbraccio esplicito da parte di Matteo Renzi, ha richiamato un via vai di componenti della corrente vicina al sindaco di Firenze: dal ministro Graziano Delrio a Paolo Gentiloni, e poi Lorenza Bonaccorsi, Ernesto Carbone, Stella Bianchi, oltre a Dario Nardella che, insieme a Gutgeld, ha organizzato la mattinata. Ospite dell’incontro il presidente di banca Mps, Alessandro Profumo (ex McKinsey) [...] (...che efficienza... meno di un'ora - convenevoli inclusi - per illustrare il programma per far rifiorire un paese che sta sprofondando a livello Grecia Meridionale... NdR)
Gutgeld ha chiarito subito la natura cross-ideologica del suo programma (...azz... cross-ideologica, mikakazzi... NdR) aggredendo i luoghi comuni sul rapporto tra spesa pubblica, debito e crescita di destra e di sinistra. Se da una parte «occorre una nuova matematica politica. Bisogna far passare il concetto che i privilegi regalati non sono più diritti difendibili» (...ri-azz... E ci voleva la "McKinsey.non-so-se-l'avete-sentita-nominare? Una cosa così la dice anche - gratis - la mia giornalaia... NdR) necessità che richiede «una riforma costituzionale che consenta di smontare i privilegi acquisiti», dall’altra Gutgeld spiega che «uno sviluppo con più equità, una crescita fondata su uno stato sociale, se gestiti bene, possono essere motore di sviluppo».
In concreto tagli alle cosiddette “pensioni d’oro” per finanziare l’inserimento di 500mila giovani nel mondo del lavoro anche grazie all’introduzione di un contratto unico a garanzie crescenti. Misure per la riduzione del gap tra le tasse pagate dal cittadino e il godimento dei servizi sociali. Una parola su tutte: efficienza.
Capitolo a parte quello sugli investimenti pubblici: «Dal 2000 al 2010 abbiamo investito per 10 miliardi, più della Germania, ma spendendo male». Il ragionamento è semplice: la spesa corrente è migliorabile, mentre alcuni investimenti pubblici, tradizionalmente considerati traino dell’economia nei periodi di crisi economica, hanno avuto risultati catastrofici.
Un provvedimento immediato, sul quale Gutgeld ha fatto capire che potrebbe essere ingaggiato anche il governo Letta, è il taglio dell’Irpef di 100 euro al mese alle fasce medio-basse. Una misura che potrebbe essere finanziata attraverso la privatizzazione del patrimonio pubblico, non solo quello immobiliare, ma anche quote di Eni ed Enel (...non è una grande idea? finanziare la spesa privata, vendendo patrimonio pubblico e pezzi di società che danno dividendi allo stato? NdR)
Un programma che richiede, per essere realizzato, di risolvere «il problema dei problemi dell’Italia, quello della qualità della sua classe dirigente». Un’idea in proposito Gutgeld sembra averla. «Ci servono 10 ministri che assomiglino ad amministratori delegati come quelli che abbiamo qui» ha detto indicando Profumo e Landi. Un’idea di classe dirigente che assomiglia tanto a un’idea di esecutivo (...insomma, senti parlare questo, guru di quell'altro, e ti viene in mente il Berlusconi che in Confindustria lisciava il pelo agli industrialotti dicendo "sono uno di voi, capisco i vostri problemi... NdR)
Yoram Gutgeld: il Guru desaparecido
Dunque, riprendiamo il filo. Ancora ai primi di dicembre nessun giornale aveva il minimo dubbio. Chi è il prossimo Consigliere Economico di Matteo Renzi? Opinionisti, retroscenisti e camionisti, compatti, non avevano il minimo dubbio: Yoram Gutgeld. Uno che viene dalla McKinsey! Non so se avete mai sentito nominare la McKinsey!

Invece il 10 dicenbre esce la lista dello staff di Renzi, e... cucù, cucù... Yoram Buon Danaro non c'è più...! c'è tale Filippo Taddei. Che sarà anche bravo ma, cribbio! non viene mica dalla McKinsey! Chi vuole sapere da dove arrivi clicchi sull'immagine e legga l'articolo completo. Magari si scopre che ci sono altri pensatoi, al mondo, oltre la McKinsey...
Ma chi volesse saperne di più su quale danno abbia subito l'umanità con la sparizione di Yoram Gutgeld, può leggere questo breve sunto su Huffington Post: un mix di proposte strampalate che navigano fra l'inutile, il dannoso, e l'incostituzionale. Addio alla McKinsey, senza rimpianti.
Tutte qui, le magre del "nuovo che avanza"? No. Non dimenticheremo mai le performances della ggiovane Marianna Madia, che va a parlare di probleni del lavoro (Renzi le ha messo in testa l'art. 18, il "toccasana") non già con Giovannini, Ministro del Lavoro, ma con Zanonato, Ministro dello Sviluppo Economico. Si giustificherà dicendo che ha sbagliato portone. I due ministeri sono così vicini... Facciamo un colletta. Regaliamo un Navigatore Tont-Tont alla Marianna, che altrimenti la va in campagna - dove il sole tramonterà, tramooonterààààààà...
Ma il Ministro Vero del Lavoro, Giovannini, cosa pensa del Progetto Lavoro (...pardon... Job Act è più figo...) di Renzi/Madia, che deve arrivare da un momento all'altro, ma non arriva mai? Sulla base delle poche indiscrezioni che corrono, Giovannini non ha il minimo dubbio. E' lapidario:
Enrico Giovannini, Ministro del Lavoro, spara a zero su Matteo Renzi, e dice chiaro e tondo quel che pensa: rendere il lavoro il più possibile stabile è obiettivo del Governo, ma il contratto unico non basta e il “job act” di Matteo Renzi non va bene. È un attacco un po’ a freddo, costruito con l’Ansa, che attorno alle parole di Giovannini ha aggiunto flash di Elsa Fornero e dei Giovani Turchi del Pd. La sostanza è giusta: il Job Act di Renzi è una fiera scemenza.
Enrico Giovannini, ha parlato la vigilia di Natale e la sera di Santo Stefano. L’Ansa ha di nuovo riferito come il ministro abbia commentato, in questi giorni di festa, il piano per l’occupazione del neo segretario del Pd, Matteo Renzi, sottolineando che sui neoassunti non si tratta di proposte nuove e che c’è ancora confusione sulla materia.
Aggiunge il preciso cronista dell’Ansa che una bocciatura del ‘Job Act’ di Renzi arriva dai ‘Giovani Turchi‘: si “rischia di cadere nello stesso errore” di Elsa Fornero con un piano che puntando sui “meccanismi che regolano il mercato del lavoro (i contratti), anziché sulle gambe della crescita, nella migliore delle ipotesi è inutile”.
Critico è stato, riferisce l’Ansa, lo stesso ex ministro Fornero nel ricordare che estendere il sussidio di disoccupazione a 24 mesi può costare 30 miliardi.
Torniamo a Giovannini: ”Riuscire a rendere più stabile il lavoro è una esigenza che tutti abbiamo. Abbiamo introdotto un incentivo per le imprese che trasformano in tempo indeterminato un contratto a tempo determinato. Dobbiamo vederla la proposta che farà Renzi e il suo team, perché ce ne sono varie di versioni” [...]
Bene, per oggi ci fermiamo qui. Anche perchè ogni volta che digitiamo la parola "renzi" rischiamo di farci venire il c.d. "tunnel carpale". Ma i renzini non temano: non li lasceremo mai soli. Come potremmo? Renzi vuole governare Firenze, il PD, l'Italia, e se possibile anche la Cina e la Tanzania. Come potremmo disinteressarci a Renzi. Semplicemente, non potremmo
Tafanus
Scritto il 02 gennaio 2014 alle 18:31 nella Economia, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (11)
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