Dato che ci capita spesso di parlare di stupidità, da tre anni a questa parte, vorrei far conoscere ai lettori di questo blog un sapido "Saggio sulla Stupidità" di Giancarlo Livraghi, uno dei veri "guru" della comunicazione in Italia (lo dico anche se Giancarlo odiava questo termine).
Giancarlo l'ho conosciuto per lavoro mille anni fa, quando lui era già Giancarlo Livraghi, e io non ero nessuno... solo un giovae marketing manager di un'azienda americana, e lui era già l'AD della CPV (Colman, Prentis, Varley), una delle prime agenzie di pubblicità di cultura anglosassone installatesi in Italia.
Poi ci siamo ritrovati per caso, mille anni dopo, e mi ha fatto l'onore di consentire sul mio main-blog, nato da meno di due anni, uno dei suoi "Saggi sulla Stupidità", un tema (quello della stupidità) che ha affascinato entrambi...
Correva l'anno 2008... Esattamente il 20 Gennaio 2008. Per chi fosse interessato alla seconda e conclusiva puntata su questo saggio, QUESTO è IL LINK.
_______________________________________________________
Per cortese concessione di Giancarlo Livraghi, http://www.gandalf.it/
Giugno 1966 - Traduzione italiana settembre 2001 - revisione e aggiornamento ottobre 2006
Questo articolo era stato scritto in inglese nel 1996, per un sito online americano, che mi aveva chiesto alcune osservazioni sul tema della stupidità umana. Di The power of stupidity era stata fatta nel 1998 una traduzione spagnola. Ma non avevo mai trovato il tempo, né sentito la necessità, di farne una versione italiana – fino a quando varie persone me l’hanno chiesta con una certa insistenza. Così è uscita nel settembre 2001.
Questa versione è un po’ modificata, anche in relazione a vari testi successivi sullo stesso argomento. Ma la sostanza è essenzialmente la stessa. L’analisi della stupidità può far parte di una più estesa area di studio sui motivi per cui tante cose vanno molto peggio di come dovrebbero (vedi a questo proposito una breve sintesi in Murphy, Parkinson, Peter e Cipolla). Ma si può inquadrare l’argomento anche in senso inverso. Tutti i fenomeni che portano a decisioni sbagliate sono classificabili come forme di stupidità – e nessuno ha effetti così devastanti come la stupidità umana.
...le considerazioni Giancarlo Livraghi sulla stupidità sono raccolte in un libro. Tutte le informazioni possono essere reperite http://stupidita.it
Sono sempre stato affascinato dalla stupidità. La mia, naturalmente. E questa è già una grossa fonte di preoccupazione. Ma le cose si complicano molto quando abbiamo l’occasione di scoprire come persone potenti e influenti prendono “grandi” decisioni con “grandi” conseguenze. Tendiamo spesso ad attribuire decisioni sbagliate (o catastrofiche) a intenzionale perversità, astuta cattiveria, megalomania, eccetera. Questi comportamenti ci sono – e in esagerata abbondanza. Ma un attento studio della storia (come degli avvenimenti in corso) porta all’inevitabile conclusione che la principale causa di terribili errori è una: la stupidità.
Questo è un fenomeno abbastanza noto. Uno dei modi in cui è riassunto è il cosiddetto Rasoio di Hanlon: «Non attribuire a consapevole malvagità ciò che può essere adeguatamente spiegato come stupidità». Il concetto è stato ribadito da Robert Heinlein in una frase ancora più semplice: «Non sottovalutare mai il potere della stupidità umana».
L’origine di Hanlon’s Razor è un po’ misteriosa. È considerato un corollario della cosiddetta “legge di Finagle” (Finagle’s Law of Dynamic Negatives) che somiglia alla “legge di Murphy”. Si ispira al classico “Rasoio di Occam” (ed è altrettanto tagliente). Non si ha notizia di un autore chiamato Hanlon - probabilmente è una variazione fonetica sul nome di Robert Heinlein, che aveva fatto quella constatazione nel suo romanzo Logic of Empire (1941).
Quando la stupidità si combina con altri fattori (come succede spesso) l’effetto può essere devastante.
Una cosa che mi sorprende (o forse no?) è quanto poco studio si dedichi a un argomento così importante. Ci sono dipartimenti universitari che si occupano delle complessità matematiche dei movimenti delle formiche in Amazzonia o della storia medievale dell’isola di Perim. Ma non mi risulta che ci siano cattedre di stupidologia.
Ho trovato pochi buoni libri sull’argomento. Fra cui tre che meritano, in particolare, di essere citati. C’è un libro che ho letto quando ero un ragazzino – e non ho mai dimenticato. Si chiama A Short Introduction to the History of Human Stupidity di Walter B. Pitkin della Columbia University ed era stato pubblicato nel 1934. L’avevo trovato per caso, molti anni fa, in uno scaffale di vecchi libri, E, per fortuna, ce l’ho ancora. Vecchio com’è, è ancora un buon libro. Molte delle osservazioni del professor Pitkin sono di grande attualità dopo più di settant’anni.
Viene spontanea una domanda: perché un libro di 300 pagine si chiama “breve introduzione”? Il libro si conclude con un epilogo: «ora siamo pronti a cominciare lo studio della storia della stupidità». Poi... più nulla. Il professor Pitkin era saggio. Sapeva che un’intera vita è troppo breve per poter approfondire anche solo qualche frammento di un argomento così vasto. Perciò pubblicò l’introduzione – e basta.
Pitkin era cosciente della scarsità di lavori precedenti in quel campo. Mandò una squadra di ricercatori a esplorare gli archivi della Central Library a New York. Trovarono solo due testi sull’argomento: Über die Dummheit di Leopold Löwenfeld (1909) e Aus der Geschichte der menschlichen Dummheit di Max Kemmerich (1912). Evidentemente esistono molti altri libri e documenti in cui si parla, in un modo o nell’altro, di stupidità. Ma pochi in cui si tenta un inquadramento sistematico del problema per individuarne i meccanismi e gli effetti.
Nel corso degli anni, per completezza di informazione, ho raccolto una piccola bibliografia sull’argomento.
Secondo Pitkin, quattro persone su cinque si possono definire “stupide”. All’epoca in cui ha scritto il suo libro erano un miliardo e mezzo di persone. Oggi più di quattro miliardi. Questo, in sé, è piuttosto stupido. Una fondamentale osservazione di Pitkin è che uno dei motivi per cui è difficile studiare la stupidità è la mancanza di una buona definizione di che cosa sia. Per esempio i geni sono spesso considerati stupidi da una maggioranza stupida (non è facile neppure definire che cosa sia il genio). Ma la stupidità palesemente esiste. E ce n’è molta più di quanto possiamo immaginare nei nostri peggiori incubi. Infatti governa il mondo – cosa ampiamente dimostrata dal modo in cui il mondo è governato.
Qualcuno, cinquant’anni dopo, ha proposto un’analisi molto interessante della stupidità. Carlo M. Cipolla, professor emeritus di storia dell’economia a Berkeley, aveva scritto in inglese un piccolo saggio intitolato The Basic Laws of Human Stupidity – uno dei migliori testi che siano mai esistiti sull’argomento. Circolò per alcuni anni in forma semiclandestina (vedi la nota alla fine di questa pagina) finché fu pubblicato a Bologna da Il Mulino nel 1988 in un libro intitolato Allegro ma non troppo (tradotto in italiano da Anna Parish).
Le “leggi fondamentali della stupidità umana” sono note e citate anche in altri contesti. Non mi sembra necessario riprodurle, né riassumerle. A chi non le conoscesse, consiglio di leggere il testo di Carlo Cipolla (che, come altre opere dello stesso autore, unisce la serietà dell’analisi a una gradevole vena di umorismo).
Mi limito qui ad alcuni commenti. In parte si tratta di cose già note. Per esempio un fatto rilevato anche da altri autori (vedi il già citato rasoio di Hanlon) e da quasi tutte le persone che hanno avuto occasione di ragionare sull’argomento: si tende sempre a sottovalutare “il numero di stupidi in circolazione”. È una constatazione che ognuno di noi può fare ogni giorno: per quanto coscienti possiamo essere del potere della stupidità, siamo spesso sorpresi dal suo manifestarsi dove e quando meno ce la aspettiamo.
Ne derivano due conseguenze, anche queste evidenti in ogni analisi coerente del problema. Una è che si sottovalutano spesso i perniciosi effetti della stupidità. L’altra è che, per la loro imprevedibilità, i comportamenti stupidi sono ancora più pericolosi di quelli consapevolmente malvagi. Ciò che manca nell’analisi così impostata (come anche nel caso di Wakter Pitkin e di altri autori che si sono occupati dell’argomento) è una valutazione della nostra stupidità – o comunque della componente di stupidità che esiste anche nelle persone più intelligenti.
Su questo ritorneremo più avanti – ma intanto vorrei rilevare che il problema della stupidità presente in ognuno di noi, generalmente ignorato o sottovalutato, è correttamente impostato nell’interessante libro Understanding Stupidity di James Welles, la cui prima edizione è uscita nel 1986 (ampliata e approfondita negli anni successivi).
Devo confessare che (mea culpa) quando avevo scritto la prima stesura di questo articolo non conoscevo ancora il lavoro di James Welles. Ora posso dire che lo considero il miglior libro fra tutti quelli che ho letto sull’argomento. Il più completo per ampiezza e profondità. Mi ha fatto piacere constatare che, in molte cose, i ragionamenti di Welles confermano ciò che avevo già scritto e pubblicato sul potere della stupidità.
Uno dei meriti del saggio di Carlo Cipolla (come del libro di James Welles) è riconoscere il fatto che la stupidità di una persona “è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della stessa persona”. Questo è un punto fondamentale, che contraddice opinioni diffuse, ma è confermato da ogni attenta verifica sul tema. Non è solo o banalmente politically correct, ma è sostanzialmente vero, che nessuna categoria umana è più intelligente o più stupida di un’altra. Non c’è alcuna differenza nel livello o nella frequenza della stupidità per genere, sesso, razza, colore, etnia, cultura, livello scolastico eccetera. (L’ignoranza può essere influenzata dalla stupidità, e viceversa, ma non sono la stessa cosa – vedi a questo proposito Tre sorelle della stupidità).
C’è un criterio, della teoria di Cipolla, che ho adottato come metodo in alcune delle mie analisi. È definito in quella che lui chiama “terza (e aurea) legge”. «Una persona stupida è una persona che causa un danno a un’altra persona o gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo un danno».
Un importante vantaggio di questo concetto è che evita l’arduo problema di definire “in teoria” che cosa sia la stupidità (o l’intelligenza) mentre ne valuta la rilevanza in relazione agli effetti pratici. È evidente che, in base a questo criterio, si possono definire diverse categorie di comportamento. Ovviamente ai due estremi stanno le persone che realizzano un vantaggio per sé e per gli altri (perciò “intelligenti”) e all’altro quelle che danneggiano gli altri e anche se stesse (perciò “stupide”). È chiaro anche che ci sono almeno due categorie “intermedie”. Una che fa danno agli altri con vantaggio per sé (Cipolla li definisce“banditi”) e l’altra che fa un danno a sé con vantaggio per gli altri. Per quest’ultima categoria, la definizione “sprovveduti” è discutibile. Può essere ragionevole finchè ci si limita alle valutazioni di costi e guadagni secondo i canoni dell’economia “classica”. Ma può essere sbagliata quando si tratta di persone che consapevolmente si sacrificano per il bene altrui – come vedremo poco più avanti. (Questa è la prima parte di un articolo, che continua alla prossima puntata))
...ringrazio Giancarlo Livraghi per avermi concesso di pubblicare i suoi articoli sulla stupidità, ed attendo impavido l'assalto di chi mi darà dello stupido per aver iniziato la pubblicazione di questi sapidi saggi sulla stupidità... Tafanus
Ultimi commenti