Già... perchè non basta saper giocare bene a qualcosa per guadagnarsi la mia stima... Quando vedo certi calciatori, magari anche bravi, con le braccia e il torace che sembrano carte geografiche, o pettinati come "l'ultimo dei mohicani" (roba che richiede ore di "scultura" da parte di un parrucchiere), mi interrogo sulla loro intelligenza...
Posso dirlo? Il "ggiovane talento" Nick Kyrgios mi è sempre stato un po' sulle balle. Troppe ore dal parrucchiere, troppe ore dal tatuatore, troppi gioielli addosso (sarebbero stati troppi persino per una Sharapova), e un "perfettibile" livello di buona educazione.
Come è noto a molti, a me non basta che uno o una giochi bene a tennis, perchè possa conquistare le mie simpatie. E' per questo che non ho mai sbavato dietro alla Kvitova d'antan (troppi com'on, troppi pugnoni, troppi latrati); o per la irridente "bella Ana", coi suoi aidè, i suoi sorrisetti irridenti, le sue piroette, i suoi pugnetti. Tutta roba che denota un Q.I. lontano dalla sufficienza, perchè prima o poi capita a tutti di trovare una Vinci che ti rifila un 6/0 6/0, o un momento della carriera in cui ti ritrovi n° 60, e non irridi più nessuno. Così come non mi piacciono le talentuose tenniste che a fine partita, specie quando perdono, strisciano a rete la mano dell'avversaria, guardando altrove, e ritirano la mano in un nanosecondo, come se stessero toccando un'appestata.
E' per questo che ho accolto con estremo favore sia la squalifica di Kyrgios, che l'articolo di Enzo Anderloni sul settimanale della FIT, che condivido totalmente (e pazienza se questa affermazione non contribuirà a migliorare la mia già scadente immagine presso la Fogna. Me ne farò una ragione). Ecco cosa scrive Anderloni:
Kyrgios? Fatelo parlare con Martina
“Inspire others”, sii di ispirazione per gli altri. È quantomeno curioso che questo motto ce l’abbia tatuato sulla mano destra Nick Kyrgios. Se ci avessero chiesto di indovinare a quale tennista oggi agli onori delle cronache andasse abbinato, avremmo molto probabilmente risposto: Martina Navratilova, della quale in questi giorni il mondo dello sport ha festeggiato il 60° compleanno. Viene infatti spontaneo indicarla a modello. Grande campionessa, forse la più grande tennista di sempre, protagonista assoluta con i risultati: 59 titoli dello Slam, tra singolo doppio e misto (l’ultimo conquistato alla vigilia el 50° compleanno), 332 settimane n.1 del mondo.
Donna coraggiosa nata nella Cecoslovacchia della Cortina di ferro, capace di chiedere asilo politico negli Usa a soli 18 anni. E poi, divenuta famosa, decisa nel dichiarare apertamente la sua omosessualità e in grado viverla pubblicamente con grande serenità, battendosi anche, quando le circostanze lo richiedevano, per i diritti dei gay. Non a caso appare al suo compleanno dei 60 come una persona pienamente realizzata, ricca sotto tutti gli aspetti.
E Nick Kyrgios, che di anni ne ha solo 21, e che la scorsa settimana abbiamo messo in copertina dopo un nuovo successo (a Tokyo) che ne confermava le grandi qualità e prospettive?
Dopo le sceneggiate di Shanghai e la relativa squalifica verrebbe da dirgli di guardarsi la mano destra, invece di andare da quello psicologo che, secondo i sanzionatori dell’Atp, potrebbe aiutarlo a star meglio (e a vedersi drasticamente ridotta la squalifica, da oltre due mesi a tre settimane).
Dovrebbe guardarsi la mano destra e studiare un po’ di storia del tennis, magare cominciando dalla biografia di Martina. Nel suo caso la sensazione è che più che risolvere un problema mentale, si tratti di riempire un buco culturale. Perché gli scatti di “follia” si possono anche prevenire e gestire; ma se manca una buona comprensione della fortuna che si ha (grazie a quelle doti che possono permettergli di entrare a far parte della storia), certi problemi prima o poi si ripresenteranno.
Kyrgios recentemente ha fatto sapere che il tennis non gli piace granché ma che è anche l’unica cosa che sa fare bene (e di certo ha passato anni e anni lavorando duramente per raggiungere quel livello di gioco). Forse potrebbe cominciare a godersi un po’ di più l’esistenza facendo il contrario di quello che probabilmente oggi gli sembra “goduria”.
Potrebbe cioè passare meno tempo a farsi disegnare il cranio dal parrucchiere e il corpo dal tatuatore dopo averlo adornato di vistose catene d’oro e orecchini dai brillanti sfacciati. Se provasse a riempirlo anche con le esperienze, le storie, i vissuti dei grandi che lo hanno preceduto, forse scoprirebbe che ha in quella mano destra la possibilità, grazie al tennis, di diventare uno degli uomini più ricchi del mondo. In tutti i sensi.
Altro che con lo psicologo: fatelo parlare con Martina.
Enzo Anderloni
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